I meteorologi
dell'Agenzia meteorologica statunitense stimano che quest'anno si
verificheranno dalle 17 alle 25 grandi depressioni, e di queste, dalle 8 alle
13 potrebbero diventare uragani, cioè con venti superiori a 119 km/h.
Da quattro a
sette di loro potrebbero addirittura superare i 180 km/h ed essere classificati
nella categoria 3 o anche superiore. Ad esempio, l’uragano Otis, che ha colpito
Acapulco (Messico) nell’autunno del 2023, era un uragano di categoria 5, con
raffiche di oltre 270 km/h, che ha causato ingenti danni e ucciso una
cinquantina di persone.
L'agenzia
statunitense ritiene che le sue previsioni stagionali siano affidabili al 70% e
non aveva mai stimato prima un numero così elevato di uragani, circa il doppio
del numero previsto in questo periodo dell'anno.
I Caraibi, il
Golfo del Messico e la costa sud-orientale degli Stati Uniti saranno i più
colpiti, ma in termini di rischi per le persone, non tutti questi uragani
raggiungeranno la terra, quindi non rappresentano necessariamente un pericolo.
Uragano, ciclone
tropicale o tifone, queste parole differiscono a seconda di dove ci troviamo
sul pianeta, ma in realtà si riferiscono allo stesso fenomeno, e se la stagione
si preannuncia particolarmente intensa è perché si stanno verificando condizioni
meteorologiche particolari al fenomeno naturale di El Niño e all'arrivo del suo
opposto, La Niña.
È probabile che
anche questi cicloni siano intensi, poiché la temperatura dell’Oceano Atlantico
ha battuto tutti i record da più di un anno. Questa ondata di caldo marino
alimenterà i cicloni e li renderà più potenti.
L’acqua più calda
significa maggiore evaporazione. Tutta questa umidità accelererà il sistema di
convezione ciclonica e finirà per cadere sotto forma di forte pioggia.
Perché
l’Atlantico si è riscaldato così tanto negli ultimi 12 mesi? Gli scienziati non
riescono ancora a spiegarlo completamente. Un’ipotesi è che l’eruzione del
vulcano Hunga Tonga due anni fa abbia rilasciato un’enorme quantità di vapore
acqueo, che ha contribuito anche a riscaldare l’aria. Infine, potrebbe esserci
anche un elemento di casualità e variabilità climatica naturale. In futuro
possiamo aspettarci cicloni più frequenti e violenti, secondo i ricercatori.