Settant’anni fa,
il 26 ottobre 1954, sotto una pioggia battente ed un impetuoso vento di bora,
una moltitudine di donne e uomini accoglieva le truppe italiane che entravano a
Trieste. Tutta la città aveva vegliato quella notte, aveva aspettato i soldati
col Tricolore per abbracciarli e con loro stringersi di nuovo al resto della
Nazione. Quel giorno, la Patria tornava a Trieste e Trieste tornava alla
Patria. Una giornata scolpita nella memoria del popolo italiano, arrivata al
culmine di una lunga storia d’amore e di sofferenze, di sconfitte e di
vittoria, di amarezze e di speranze.
Se nella Prima
guerra mondiale Trieste era stata il simbolo del compimento del Risorgimento e
dell’Unità d’Italia, al termine della Seconda guerra mondiale la città ha
incarnato una storia completamente diversa. I quaranta giorni di occupazione
jugoslava, i massacri delle foibe, l’amministrazione angloamericana e l’incombere
delle conseguenze di un trattato che separava Trieste dall’Italia, confinandola
a “Territorio Libero”. Alla perdita delle province dell’Adriatico orientale –
Pola, Fiume e Zara –, e al conseguente esodo degli italiani da quelle terre, si
aggiunse una nuova “questione Trieste”, città contesa tra Italia e Jugoslavia,
tra mondo libero e mondo comunista. Ma la questione triestina non è rimasta mai
confinata alla disputa diplomatica tra le cancellerie e ai rapporti tra i
governi. È stata una questione di popolo, che ha infiammato i cuori di un’intera
generazione di italiani, animato il dibattito culturale e di costume.
I giovani di ogni
città dello Stivale sfilavano con il Tricolore e la bandiera di Trieste, su cui
si staglia l’alabarda di San Sergio, e a Sanremo si cantava il volo di una
colomba bianca che era al contempo una dichiarazione d’amore, il saluto e la
promessa del ritorno di Trieste all’Italia.
Nel novembre
1953, la rivolta di Trieste contro gli inglesi, innescata da un Tricolore
strappato, aveva costituito la premessa del riscatto. I sei caduti di quelle
giornate, tra cui un giovanissimo esule zaratino di appena 14 anni, Pierino
Addobbati, hanno fatto rivivere alla Nazione la spinta ideale di un rinnovato
Risorgimento.
Mi auguro che il
settantesimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia sia l’occasione per
rinnovare una promessa e fissare nuovi traguardi da raggiungere. Quella
promessa è ribadire la dichiarazione di fedeltà alla Patria, alla sua identità,
ai suoi valori, ai suoi simboli, proiettando nel futuro la storia di cui siamo eredi.
Oggi Trieste non
è più la città della periferia d’Italia e dell’Europa, ma è al centro di un’Europa
radicata in una comune identità fatta di radici, libertà, democrazia, lavoro e
opportunità. È una città che, per la sua posizione geografica, è al centro di
snodi strategici e può ambire a diventare una grande piattaforma logistica
proiettata sull’Adriatico, e dunque del Mediterraneo e non solo.
Penso alle grandi
prospettive di crescita che potrebbero arrivare dallo sviluppo del corridoio
economico India- Medio Oriente-Europa, a cui l’Italia ha contribuito a dare
vita in ambito G20. È una iniziativa strategica fondamentale, di cui intendiamo
essere protagonisti e nella quale possiamo svolgere un ruolo decisivo.
Trieste, allo
stesso tempo “la più italiana” e “la più mitteleuropea” tra le città italiane, è
anche un ponte naturale tra l’identità italiana e latina, con quella dei popoli
slavi e germanici a noi più vicini. Questo ci consente di giocare un ruolo da
protagonista anche nella proiezione verso i Balcani Occidentali, regione che da
sempre ha un’importanza fondamentale per l’Italia. Tutto ciò che accade al di là
dell’Adriatico ci interessa e noi abbiamo una grande responsabilità nei
confronti di una regione che non può rimanere ancora a lungo fuori dalla casa
comune europea.
Anche e
soprattutto per questo, l’Italia continuerà a lavorare affinché il processo di
riunificazione dei Balcani occidentali all’Europa possa proseguire, con slancio
e determinazione. Ma Trieste – con le sue imprese, il suo tessuto produttivo, la
sua proiezione marittima –, può giocare un ruolo importante anche per sostenere
l’innata vocazione geopolitica dell’Italia a guardare verso Sud, il
Mediterraneo allargato e l’Africa, anche con la spinta propulsiva del Piano
Mattei, che significa approccio positivo, paritario e non predatorio con i
popoli e le Nazioni di quel continente.
Settant’anni fa
Trieste tornava all’Italia. Oggi celebriamo questa lunga storia d’amore, con
l’alzabandiera solenne in piazza dell’Unità d’Italia, i tricolori alle finestre
e gli occhi al cielo per ammirare la meraviglia delle Frecce Tricolori. L’anima
di Trieste, intrisa di un’italianità profonda e tormentata, chiede prospettive,
orgoglio, futuro. E noi siamo pronti a sostenere quest’ambizione. Perché
Trieste è parte di noi. Trieste è Italia.—