Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) si riunirà alla Farnesina per celebrare un anno dall’insediamento della sua quinta o sesta consiliatura. Il CGIE, l'organo intermedio di rappresentanza degli italiani all'estero, oggi si trova a un bivio, segnato da risultati incerti e da una gestione controversa.
Nel 2023, 63 consiglieri sono stati eletti per rappresentare la diaspora italiana nel mondo. Questi hanno scelto un comitato esecutivo dominato da un accordo tra il Partito Democratico (PD) e il Movimento Associativo Italiani all’Estero (MAIE), partito che nasce in Sudamerica nel 2008. Questa alleanza ha acquisito tutte le cariche delle commissioni, stabilendo un controllo quasi totale sulle operazioni del CGIE.
Dopo un anno di gestione, i risultati sono stati deludenti. La recente scomparsa del Segretario Generale del CGIE, Michele Schiavone, ha aperto le porte a una possibile rifondazione dell’esecutivo, con la speranza di un equilibrio più pluralista e meno partitico. Tuttavia, la situazione rimane complessa.
Il MAIE, curiosamente, rappresenta un paradosso politico di rilievo. Mentre sostiene con un solo senatore la maggioranza del governo di centro-destra in Italia, nel “parlamentino” degli italiani all’estero si schiera con l'opposizione, rappresentata principalmente dal PD.
Questa ambiguità, una caratteristica del MAIE che si conferma ancora una volta, dimostra anche come certe alleanze possano creare situazioni contraddittorie con fini talvolta opportunistici. Il partito italo-argentino, infatti, ha variato nella precedente legislatura le sue alleanze dal governo giallo-verde con la Lega + M5S, al governo giallo-rosso con M5S e PD e ora fa parte del governo di centro-destra. Tuttavia, nel CGIE sostiene una coalizione di sinistra, creando una situazione di doppio gioco che confonde gli elettori e mina la sua credibilità.
La mancanza di fondi e l'attenzione insufficiente del governo rendono il CGIE un organo che molti vedono come obsoleto e dominato da giochi di potere che poco servono agli interessi degli italiani all'estero. Se il CGIE vuole davvero lottare per riforme importanti come i Comites, la cittadinanza, e il voto elettronico, deve liberarsi da questa palude di contraddizioni e interessi partitici.
La prossima settimana potrebbe rivelare di più su questa intricata tela di alleanze e strategie, ma per ora, il CGIE sembra camminare su un sentiero che lo porta verso l'irrilevanza, un organismo da baraccone costoso e inutile, che poco fa per meritare il sostegno e la fiducia della vasta comunità di italiani all'estero.