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domenica 24 marzo 2019

È stato ucciso a Sosúa, nella località La Mulata, un cittadino italo-canadese





Il suo corpo è stato rinvenuto crivellato di pallottole nella mattinata di oggi all’interno della sua atutovettura. Nove colpi di pistola a bruciapelo. Mike Di Battista, 43enne nato a Montreal. Italo-canadese in possesso di entrambi i passaporti, quello italiano e quello canadese. Il movente non è stato sicuramente il furto perché non gli è stato sottratto niente.
Abitava nel residenziale Camino del Sol 1 di Sosúa.
In relazione a questo caso sulle reti sociali è stato evidenziato un articolo di un giornale canadese in cui Di Battista viene vincolato a una vicenda di traffico internazionale di cocaina del febbraio del 2015 che ha portato al tempo a 15 arresti. Il Di Battista risultava allora profugo.
Nel suo passaporto canadese, l’unico che è stato pubblicato, risulta come data di emissione il mese di aprile del 2017. Si deve ritenere quindi che i problemi di carattere penale in essere nel 2015, nel 2017 fossero già stati risolti.

Sempre nel 2015 dopo dieci mesi di latitanza, il Di Battista si è consegnato spontaneamente alla polizia dominicana. Si trovava anche allora nella cittadina di Sosúa nelle vicinanze di Puerto Plata.
Era accusato di appartenere a un’organizzazione responsabile di aver importato in Canada grandi quantitativi di cocaina con una tecnica insolita e sofisticata.
La droga veniva mescolata all’asfalto
I trafficanti avevano incorporato la droga a della polvere di asfalto.
Uno degli accusati, l’esperto chimico del gruppo, estraeva successivamente la cocaina dall’altra sostanza.
Questa organizzazione avrebbe tentato di sostituire la mafia italiana di cui diversi membri erano stati incarcerati a seguito di una operazione del 2006.
L’organizzazione aspirava quindi a controllare il traffico di stupefacenti nella regione di Montreal e del litorale del Quebec.
Al momento del suo arresto a Sosúa i giornali dominicani hanno parlato di un mandato di cattura internazionale a livello di allerta rossa.
La polizia nazionale lo consegnò alle autorità canadesi nell’aeroporto El Catey di Samaná e queste lo trasferirono in un volo commerciale in Canada.
Tre anni dopo Mike Di Battisti ricompare sulla scena con due passaporti validi, uno italiano e uno canadese, di cui uno emesso nel 2017 e lo fa nella stessa cittadina di Sosúa dalla quale era stato prelevato tre anni prima.
Si diceva al tempo che rischiava una condanna all'ergastolo. Invece eccolo qui di nuovo.
Questi sono dei misteri che fanno pensare che non ce la raccontano giusta.
Come ha fatto il connazionale a superare con quei precedenti i controlli al suo ingresso nella Repubblica Dominicana?
Il tutto fa pensare che più che un narcotrafficante Mike Di Battista fosse in realtà un infiltrato della polizia canadese. Con quel curriculum l’avrebbe capito chiunque, anche coloro che lo hanno crivellato di pallottole.

Cittadina spagnola 49enne trovata uccisa nel suo appartamento



Un grattacielo, la “torre” Pedro Henríquez Ureña, situato nell’esclusivo quartiere La Esperilla. Controlli all’ingresso, videocamere dappertutto. Un posto in cui la massima sicurezza è garantita a ogni ora del giorno. Eppure Cristina García, 49enne, cittadina spagnola è stata trovata a casa sua giacente sul pavimento in mezzo al suo sangue sgorgato dalle ferite di arma bianca che le hanno provocato la morte. Trenta pugnalate circa!
Grande meraviglia tra gli altri abitanti dell’edificio. Questi non riuscivano a capire come qualcuno avesse potuto introdursi in un appartamento del condominio con tutte le misure di sicurezza in essere.

Il caso comunque è stato risolto subito dalla polizia. Ad uccidere la signora García è stata la sua colf, la 3enne Fatín Leonarda Falcón Alvino. Il movente: il furto di 500.000 pesos in contanti e di due orologi rolex.
Tanti controlli che se si assume personale domestico non adeguatamente controllato non servono a niente. Si rischiano comunque sorprese anche tragiche come questa. Cristina aveva una grande fiducia nella sua colf e non riteneva elevata la quantità di denaro che evidentemente era alla vista o quasi della donna di servizio quando questa faceva le pulizie. Nemmeno i due rolex significavano granché per lei.
Secondo l’ottica della colf però si trattava di cifre da capogiro e oggetti di grande valore per i quali valeva la pena di tentare un furto.

Era venerdì, Fatín si accingeva a fare il suo ritorno settimanale a casa, nella località Don Gregorio del comune di Nizao nella provincia Peravia (Bani) a circa una cinquantina di chilometri da Santo Domingo. Aveva pianificato tutto insieme al suo partner il 24enne Juan Gabriel Germán Cabrera. Questi avrebbe dovuto fare finta di essere un messaggero e avrebbe dovuto prelevare il pacco contenente il denaro e gli orologi e nessuno se ne sarebbe accorto.

Germán Cabrera non riuscì a superare i controlli all’ingresso dell’edificio. Cristina García notò questo pacco all’esterno della porta di casa e si mise in contatto con suo marito per avvertirlo che stava succedendo qualcosa di strano. La colf la interruppe mentre telefonava, aggredendola con un coltello. Si originò quindi una colluttazione che si concluse con la morte della cittadina spagnola.
La Falcón Alvino ebbe allora la freddezza di raccogliere il pacco e di uscire dall’edificio come se nulla fosse accaduto.
Venne arrestata due ore dopo il suo arrivo a Don Gregorio. Ammise di aver commesso l’omicidio e sostenne di aver consegnato il malloppo al suo partner in una piazza vicino all’edificio in cui lavorava.

Brutta storia! Può capitare a tutti, ma principalmente ai cittadini stranieri che conoscono solo superficialmente la mentalità della gente del posto. Una quantità di soldi che può sembrare esigua per taluni, può invece essere il movente di un omicidio. Il servizio domestico va controllato molto accuratamente nel momento dell’assunzione e anche in seguito.

sabato 23 marzo 2019

Rikardo Nikolic alias "Boca Chica" un tedesco "chapeado" che vive felice a Berlino




Lo spennamento, il “chapeo”, è un’arte tutta femminile e non conosce frontiere. C’è da dire che in questo campo sta facendo incursione sempre di più anche il sesso forte.
Ogni anno a Berlino si svolge un’importante fiera turistica alla quale partecipa immancabilmente come ospite d’onore la Repubblica Dominicana. E nel corso della durata dell’evento un luogo di ritrovo obbligato per la comitiva caraibica è un piccolo negozio di vendita di insaccati gestito dal cittadino tedesco Rikardo Nicolic, meglio noto come “Boca Chica”. La sua specialità è la vera salsiccia tedesca, in particolare quella denominata “Frankfurt”.
Qual è la sua storia e il motivo dell’alias?
Semplicemente come è facile immaginare il Nikolic è vissuto a Boca Chica. Era 49enne nel 2013 quando si prese una di quelle super cotte tipiche dell’andropausa e si buttò a capofitto in una relazione d’amore secondo lui a prova di ogni logoramento. L’amata Paula, un angelo. Tante emozioni che ancora a distanza di anni gli tornano in mente e tanti sentimenti e pazzie a non finire della prima senilità.
Rikardo, di maniche larghe, in poco tempo riuscì a migliorare notevolmente le condizioni economiche di Paula e della sua famiglia. Aprì anche a Boca Chica un ristorante di successo con vendite in costante aumento i cui introiti finivano nel conto corrente di Paula.
Ma Rikardo era accecato da un grandissimo amore.
Ci vollero due anni e tre mesi per fargli capire che ormai si erano esauriti i suoi risparmi e che non c’erano più prospettive per il suo futuro ai tropici.
E per di più la sua amata “le sacó los pies”, lo mandò via. Non serviva più, dava solo fastidio e di baci e abbracci e intimità varie con uno spiantato non era nemmeno il caso di parlare.
Dopo tre anni dal suo rientro in Germania, ormai 55enne, lo si può vedere nella foto mentre lavora con le sue salsicce DOC nel suo piccolo locale sito nella capitale tedesca.
Sembra felice. In fondo l’ha anche scampata bella. Altri spennati o “chapeados” come lui sono stati meno fortunati: sono rientrati in patria trasformati in ceneri all’interno di un’urna sistemata nella valigia di qualche loro congiunto.

domenica 17 marzo 2019

PRESENZA ITALIANA NELLA REPUBBLICA DOMINICANA







Il numero di dominicani discendenti da italiani si aggira sui 300.000 che si aggiungono all'esistenza di una colonia italiana di 50.000 persone, il che rende la comunità italo-dominicana la più numerosa dei Caraibi. Molti dei membri di questa comunità svolgono ruoli di grande importanza per l'economia del paese in quasi tutti i settori.
Queste sono alcune delle imprese create da italiani e/o dai loro discendenti e che attualmente sono molto importanti per l'economia del paese:



Grupo Bona: azienda di proprietà dei Bonarelli, una famiglia con una lunga tradizione gastronomica nel paese. Sono parte dell'azienda le succursali Pizzarelli, 3 Mariachis, Paninoteca y Mustard’s, tutte catene di ristoranti specializzati nella cucina italiana, messicana e/o americana.



Gruppo Vicini: di proprietà della famiglia che porta lo stesso cognome. È uno dei gruppi societari più importanti del paese. Ha interessi in diversi settori come l'industria agricola, le finanze, il turismo, l'energia, i beni immobili, le comunicazioni, ecc.


Grupo Pellerano Nadal: azienda di grande importanza nel settore automobilistico dominicano. Fanno parte del gruppo Autogermánica, Autobritánica e Autogermana sono le distributrici esclusive dei marchi BMW, LandRover, Rover, MG e Mini sia nella Repubblica Dominicana che in Porto Rico.


Grupo Omnimedia: di proprietà dei Pellerano, è una delle principali imprese di comunicazione del paese. I suoi prodotti mediatici includono Diario Libre, Diario Libre Metro, Plaza Libre e Plaza Libre Norte nel segmento stampa; Mujer Única, Habitat, Estilos, Novias, La Casa y Única a tus 15 nel segmento riviste; diariolibre.com y plazalibre.com in Internet; OnTV, Diario Libre a.m., Informativos Diario Libre, y comerciales por Telecable in televisione


Grupo Puntacana: impresa della quale i Rainieri sono soci fondatori, è tra le più importanti, ammirate e riconosciute del settore turistico dominicano. Oltre al fatto che ha avuto un ruolo pionieristico nello sviluppo del rinomato polo turistico di Punta Cana. Fanno parte del gruppo Puntacana Resort & Club, Tortuga Bay, Aeropuerto Internacional de Punta Cana, e la Fundación Ecológica de Puntacana.



Grupo Mercasid: uno dei conglomerati agroindustriali più grandi e importanti della Repubblica Dominicana. I Bonetti sono soci molto importanti dello stesso. Cítricos Tropicales, Agua Crystal, Flordom, Agrocítricos, Induspalma Dominicana e Induveca sono società collegate al Mercasid. Sono anche i distributori esclusivi dei prodotti Kimberly-Clark, Kellogg’s, Clorox, Solae, Unilever, Pillsbury, Danone, Dos Pinos, Hershey’s, Carbonell y Häagen-Dazs.


Grupo Ambar: impresa leader nel settore automobilistico dominicano, portoricano, venezuelano, di Saint Martin, Isole Vergini Britanniche e Isole Vergini Statunitensi. È di proprietà della famiglia Barletta. Nel mercato dominicano sono i distributori esclusivi dei marchi Chevrolet, Cadillac, Nissan, Suzuki, Yamaha e Blue Bird nel loro concessionario di Santo Domingo Motors.


Menicucci: impresa appartenente alla famiglia con lo stesso nome, radicata a Santiago de los Caballeros e dedicata alla produzione e alla vendita di selci, mosaici, articoli di porcellana, sanitari, tegole, terrazzi, marmo e granito naturale.


sabato 16 marzo 2019

Ma cosa hai messo nel caffè?



Ricordo sempre una signora che abitava nel mio stesso isolato. Una vicina sessantenne, proprietaria di una casa e appartenente alla categoria dei “dominican york”, vale a dire i dominicani con residenza negli Stati Uniti. Si chiamava Josefina ed era una nota avvelenatrice di cani randagi e di gatti che bazzicavano nell’area. Ed è per questo che era invisa ai più. Soprattutto per i gatti i cui spostamenti sono difficilmente controllabili ma che sono sempre amati nelle famiglie che li tengono.
E questa sua abilità nel provocare la morte degli animali faceva pensare che si servisse di un veleno più potente di quello in vendita nei negozi. Corre voce infatti che in entrambi i paesi dell’isola Hispaniola esistano una trentina di veleni che non solo sono potenti, ma di cui dopo 24 ore non restano tracce. Eredità delle culture taine e africane vudù. Questo ovviamente in caso di un’eventuale autopsia, la quale peraltro veniva eseguita al tempo molto raramente e anche oggi non è che si faccia sempre.
Ma Josefina era rimasta vedova due volte e si diceva che i defunti coniugi erano già sul piede di partenza, di chiudere la relazione con lei, quando sono morti, entrambi per infarto, almeno questo era stato il referto del medico legale.
Qualcuno diceva vista la sua passione per i veleni che quei poveracci erano stati le sue vittime.
E fin qui niente di particolare.
Josefina vendette la sua casa e si trasferì in un appartamento a qualche chilometro di distanza. Essendo amica di mia moglie, un giorno su insistenza di questa andammo a trovarla. Ci sedemmo sul terrazzo e a un certo punto Josefina ci chiese se volevamo un caffè. Io accettai e mia moglie rifiutò. Quando Josefina arrivò con il vassoio e con la tazzina sopra, non so cosa mi passò per la testa, ma dissi di non aver più voglia di caffè, che mi dispiaceva di rifiutarlo ma che non lo volevo. Allora mia moglie prese la tazzina dal vassoio e se la portò alle labbra forse desiderosa che la sua amica non si sentisse a disagio. E qui ricorderò sempre il gesto veloce con il quale Josefina le afferrò il braccio e le tolse la tazzina impedendole di bere il primo sorso.
Evidentemente quel caffè era destinato solo a me. Ho sempre pensato che se sono ancora vivo lo devo anche a tutta una serie di circostanze fortuite come ad esempio questa.

venerdì 15 marzo 2019

Dossier italiani in Repubblica Dominicana. Scheda n. 6: Maurizio Diplotti deceduto a Esperanza il 15 settembre del 2007






Una storia triste. Ce ne sono tante. Maurizio Diplotti, classe 1964 nato a Baldasseria una frazione di Udine, morto a Esperanza il 15 settembre del 2007. Si era radicato nella Repubblica Dominicana 10 anni prima, orfano di padre e madre aveva trasferito tutto il suo patrimonio qui e lo aveva investito nella sua attività di allevamento alla quale si dedicava. Aveva un magazzino di proprietà, una jeep, un camion, aziende, case, progetti turistici e ranch per l’agricoltura. Un bel po’ di roba, un uomo solo con un matrimonio fallito alle spalle, una concubina… Soldi che fanno gola in una provincia del nord nella profonda campagna dove la gente spesso si fa idee strane quando ha a che fare con gringos. E la concubina ha un amante e insieme pianificano l’omicidio perfetto.
Maurizio viene avvelenato con una sostanza tossica, cianuro di potassio, un banale tres pasitos che si trova qui dappertutto, inserito in un bicchiere di latte con avena. Ma non è finita lì. È stato trascinato ancora vivo e percosso brutalmente, talché aveva subito anche delle fratture agli arti, per abbandonarlo sul retro della sua automobile pick up in una comunità agricola di canna da zucchero a Esperanza in provincia Valverde Mao.
Nel mese di marzo del 2009 è stata emessa la sentenza di condanna nei confronti della coppia di amanti assassini da parte del Tribunale di primo grado di Santiago. Jesús María López e Xiomara Mora Peña sono stati condannati a 30 anni di reclusione.
Si è stabilito nel corso del processo che la Mora Peña era concubina del connazionale e al contempo conviveva con il López con il quale si è messa d’accordo per ucciderlo e All’udienza in cui è stata letta la sentenza nel palazzo di giustizia di Mao era presente il viceconsole onorario di Santiago Mauro Sgarzini in rappresentanza dell’ambasciata d’Italia.
Era presente anche l’avv. Norberto J. Fadul, in qualità legale della parte civile in rappresentanza degli zii del connazionale.
Ma c’è ancora qualcosa da dire su questa triste vicenda. Il corpo di Maurizio Diplotti è rimasto nella cella frigorifera dell’obitorio per circa un mese. Solo a seguito dell’arrivo di una sua cugina si sono potute sbrigare le non facili pratiche burocratiche. La salma del Diplotti è stata tolta dalla cella frigorifera ed è stata cremata. Le ceneri sono state portate in Friuli e depositate nella tomba dei suoi genitori.
Bruno Tulissio il connazionale residente a Puerto Plata ha dichiarato al tempo a un giornale friulano che se l’arrivo della cugina si fosse attardato ancora di due o tre giorni il povero Maurizio sarebbe finito in una fossa comune. E questo nonostante le suppliche di potergli dare un’adeguata sepoltura. Nessuno aveva titolo per farlo. Ci voleva un legame di parentela. E a proposito di questo dall’ambasciata è rimbalzata la notizia che la moglie dalla quale il Diplotti risultava divorziato, Concepción Hernández Fermín, aveva impugnato la sentenza di divorzio pronunciata in sua assenza. Sarebbe toccata a lei l’eredità delle proprietà del friulano. Insomma una storia che non si sa bene ancora come sia finita. Soprattutto per quel che riguarda il patrimonio conteso…

giovedì 14 marzo 2019

Urs Hinterbeger, cittadino svizzero trattenuto sotto sequestro per oltre due anni da moglie e figliastro a Dajabón



Un’altra storia dove l’avidità supera ogni limite tranne quello dell’omicidio questa volta semplicemente perché non conviene.
Lo svizzero tedesco Urs Hinterberger 55enne proveniente da Altstätten nel cantone di San Gallo si trovava segregato da oltre due anni privo di ogni contatto esterno e praticamente sotto sequestro in una stanza senza finestre nella località di Cañongo in provincia di Dajabón a 20 km dalla frontiera con Haiti e a 40 km circa rispettivamente dalla città di Dajabón a sud e dall’Oceano Atlantico a nord.
A costringerlo in questa situazione durante tutto questo tempo è stato Yovanny Martínez Rodríguez figlio della sua consorte dominicana Kenia Navarro Rodríguez. Madre e figlio si trovano ora in stato di detenzione presso il commissariato di polizia di Dajabón per essere sottoposti alla giustizia. Sono accusati di maltrattamento fisico e psicologico, di sequestro e di appropriazione indebita.
Si è presentato sul posto il procuratore fiscale del distretto giudiziario accompagnato di membri del Departamento de Investigaciones Criminales (DICRIM) che ha ricevuto la denuncia da parte del Hinterberger una volta all’interno della casa dove questo si trovava rinchiuso.

Si deve ritenere che l’iniziativa della visita del procuratore sia della stessa ambasciata su richiesta dei familiari del cittadino svizzero.
Durante oltre due anni è stato infatti impedito al Hinterberger di mettersi in comunicazione con la sua famiglia.
Lo svizzero ha denunciato maltrattamenti costanti e disumani da parte del figliastro Yovanny. In un’occasione è stato addirittura accoltellato al ventre e in un’altra a seguito di selvagge percosse gli è stato fratturato un femore, lesione per la quale è stato ricoverato in un ospedale dove non gli è stato consentito di parlare con nessuno.
Il Hinterberger riferisce inoltre che gli è stato sottratto il passaporto e altri documenti personali nonché un’agenda telefonica in modo che non potesse comunicare con i suoi familiari. Nel frattempo il passaporto è ricomparso e una sua copia è stata pubblicata in rete. Risulta scaduto dal 16 settembre 2016.

Il denaro della sua pensione veniva incassato da sua moglie Kenia che lo consegnava a suo figlio Yovanny senza che lo svizzero toccasse un solo centesimo.
Il Hinterberger è stato prelevato da casa sua in una barella e trasportato per il ricovero nell’ospedale Ramón Matías Mella di Dajabón. Nella giornata di oggi verrà trasferito a Santo Domingo e ricoverato nell’ospedale Ney Arias Lora dove ci saranno funzionari dell’ambasciata svizzera ad attenderlo.
In una dichiarazione ai giornalisti il procuratore fiscale ha riferito quanto segue: “Siamo entrati nella casa dove si trovava questo signore per constatare le condizioni in cui viveva e queste erano miserrime, rinchiuso in una stanza senza finestre, praticamente sotto sequestro. La signora riceve il denaro e questo rappresenta la fonte di sostentamento suo e di suo figlio. Ho stilato un documento attestando la situazione e sulla base di questo l’ambasciata svizzera ha richiesto che il sig. Hinterberger venga ricoverato in un ospedale e trasferito poi a Santo Domingo.

Nelle sue dichiarazioni fatte mentre veniva introdotto con una barella all’interno dell’ambulanza del 911 il Hinterberger sostiene che: “Lei mi ha tolto tutto. I soldi che mi ha mandato la mia famiglia li spendeva comprando macchine, mucche e terreni per suo figlio. Mi davano da mangiare per mantenermi vivo. Quando Yovanny mi ha rotto la gamba gli ho chiesto perché non mi avesse ucciso e sa cosa mi ha risposto? “Perché vali di più da vivo che da morto”. Questo è quello che mi ha risposto. Chiedevo sempre che mi lasciassero chiamare la mia famiglia o l’ambasciata ma non c’era verso.
Il personale dell’ambasciata svizzera nel paese sta svolgendo le pratiche necessarie per il suo rimpatrio.
Secondo informazioni di ultima ora, il Hinterberger ha chiesto che la moglie venisse messa in libertà perché secondo lui è un’altra vittima del suo stesso figlio Yovanny. Riferisce infatti lo svizzero che anche la donna veniva percossa dal figlio e che in uno dei suoi seni è in vista un ematoma a seguito di botte subite di recente.
Si sta così contraddicendo perché è innegabile che sua moglie è complice. Comunque l’amore è cieco e in tutta questa vicenda non è possibile non intravvedere tanto masochismo da parte del cittadino elvetico. E poi magari oltre a dargli da mangiare per mantenerlo in vita la moglie gli dava anche qualcos’altro e in abbondanza tanto per rendergli la prigionia meno gravosa…
Di fatto nella foto del passaporto risalente al 2006 si vede una faccia smunta, ben diversa da quella rosea e paffuta che ostenta mentre viene trasportato in barella.

mercoledì 13 marzo 2019

Dossier italiani in Repubblica Dominicana. Scheda 5: Andrea Bianchini deceduto a Juan Dolio nel mese di marzo del 2015




Abitazione n. 6, Condominio Sardegna, Residencial Mar del Sol, Juan Dolio. Vi risiedeva da alcuni anni il 47enne Andrea Bianchini di Villimpenta in provincia di Mantova. Non vedendolo da alcuni giorni il proprietario del condominio Enrico Ruggiu, italiano, amico ed ex datore di lavoro del Bianchini alle ore 8.30 del mattino della domenica 29 marzo 2015 si recò nel suo appartamento per fargli visita. Una volta di fronte alla porta avvertì il cattivo odore che proveniva dall’interno. Aprì la porta e trovò il cadavere del Bianchini in stato di decomposizione giacente supino sul letto.
La causa del decesso è stata attribuita a un malore improvviso. Secondo quanto riferito dai suoi familiari il Bianchini però non aveva problemi di salute tali da far temere per la sua vita.

Andrea Bianchini aveva anche una compagna. Questa informò lo stesso giorno del rinvenimento del cadavere i suoi familiari del decesso del loro congiunto.
Il connazionale aveva deciso di espatriare una decina di anni prima per venire qui da noi in questo paradiso dei Caraibi. Aveva cominciato a lavorare nel campo della ristorazione e del turismo.
Circa due anni prima della sua morte aveva fatto ritorno in Italia andando ad abitare a casa dei genitori.
Rientrato a Juan Dolio si apprestava a realizzare il suo grande sogno: aprire un chiosco direttamente sulla spiaggia. Sogno che è rimasto incompiuto.

Andrea Bianchini, classe 1968 era diplomato in ragioneria ed era appassionato di letteratura. Aveva anche pubblicato un libro: Il Profumo della Libertà nella cui prefazione scrisse:
“Tutti abbiamo il diritto alla felicità e il dovere di raggiungerla.”
“La ricerca della felicità e il suo bisogno sono costanti in tutte le latitudini del mondo. Ogni persona pensa che la felicità sia un concetto personale che abbia orizzonti differenti ma alla fine l’unico modo per raggiungerla obbligatoriamente passa attraverso un cammino introspettivo e spirituale profondo attraverso il quale si comprende cosa veramente è importante nella vita e solo dopo questa profonda riflessione si è capaci di essere veramente felici.”

martedì 12 marzo 2019

Chapeadora o chapiadora: un neologismo dominicano che si usa molto, ma cosa significa?



Un neologismo che fa parte dello slang urbano dal 2014. In quell’anno è stata la parola più usata e sulla quale più si è discusso nella Repubblica Dominicana. Le sue origini sono precedenti con ogni probabilità e sono legate al tosaerba, la “chapeadora”. È per questo che un suo calzante sinonimo è “peladora” o tradotto letteralmente “spellatrice”.
Alla diffusione della parola è legata la canzone “Ya tengo una jeva” (Ho già una ragazza) nella quale il cantante di merengue urbano Chimbala esordisce con la frase “Que lo que chapeadora?”
Se vogliamo una definizione breve del termine vengono chiamate chapiadoras le donne che si dedicano a spillare denaro agli uomini, a chiedere in continuazione, a fare spendere in un modo o nell’altro l’uomo che le accompagna, e possono essere anche tanti contemporaneamente.
Diversamente dalle prostitute, le prestazioni sessuali non sono sempre in gioco e spesso non ci si arriva. Vengono insinuate magari, ma il più delle volte non si verificano.
La vittima della chapiadora può benissimo anche essere suo marito o il suo fidanzato di turno. In questo caso le tecniche sono diverse. L’importante è spillargli quattrini, tanti e nel minor tempo possibile.
La parola è stata coniata da poco ma l’usanza è antica in una determinata fascia sociale dominicana.
In un articolo di oggi del Listin Diario il numero delle lavoratrici sessuali viene esteso ricomprendendo anche le chapeadoras e le donne che si dedicano al sesso virtuale.
In questo caso il significato della parola chapeadora assume una connotazione un po’ diversa equivalente a una specie di prostituzione part time, quando capita, sfruttando le occasioni che si presentano e arrotondando quindi le entrate. La finalità è sempre la stessa e cioè quella di spillare al malcapitato la maggior quantità possibile di quattrini, ma esiste anche un accostamento al rapporto sessuale che all’origine la parola non aveva.

250.000 donne si dedicano nella Repubblica Dominicana al mestiere più antico del mondo. Senza contare le "chapiadoras"



Sono circa 250.000 le lavoratrici sessuali nella Repubblica Dominicana. Lo sostiene il Centro de Orientación e Investigación Integral” (COIN). Tra di loro anche 6.000 straniere, 3.000 dal Venezuela, 2.000 da Haiti e il resto da altre nazionalità, in particolare Colombia e Russia.
La prostituzione nel territorio nazionale si esercita soprattutto in località turistiche come Cabarete, Boca Chica, Sosúa, Punta Cana e las Terrenas tra le altre. Nel D.N. ci sono case chiuse e centri di divertimento oltre ad aree specifiche come la Duarte, Il Malecon, il lungomare Espana e le spiagge dove prolifera questo tipo di attività.
Il mercato delle prestazioni sessuali coinvolge però a livello nazionale in tutto 500.000 persone se si aggiungono alle professioniste anche le donne definite popolarmente “*chapiadoritas”, “*chapiadoras” e quelle che operano nell’ambito del sesso virtuale.
All’estero si guadagnano la vita come lavoratici sessuali circa 100.000 dominicane. Mancano i dati delle “chapiadoras” di esportazione.
Nei Caraibi esercitano il mestiere più antico del mondo 16.000 dominicane in Antigua, 10.000 in Guadalupe, 900 in Dominica, 1000 in Curazao e 900 in Haiti. Il resto si trova in Italia, Svizzera, Germania e Spagna tra le altre nazioni.
Il trasferimento all’estero avviene attraverso reti organizzate che procurano contratti di ballerine e attraverso canali familiari. Diversamente da quanto accadeva in passato attualmente oltre il 90% di queste donne è a conoscenza del mestiere che è destinata a esercitare.
La Repubblica Dominicana fa parte insieme a Tailandia, Filippine e Brasile dei paesi che più lavoratrici sessuali apportano a questo mercato mondiale.
Secondo alcuni studi le cause di questa internazionalizzazione della prostituzione dominicana sono la povertà, la violenza di genere, i familiari a carico e l’impossibilità di raggiungere un livello di vita degno nel loro paese.
*Chapiadora o chapeadora: nel linguaggio urbano corrente dominicano è una donna esperta nello sfruttamento delle relazioni di amicizia o sentimentali finte per ottenere dagli uomini vantaggi economici di ogni tipo.

lunedì 11 marzo 2019

Aldo Carlo Bersano Bay, molto più noto in Italia come Aldo Bersano e più spesso come crac Bersano



Una storia di un torinese che arrivò verso la fine degli anni ‘80 al porto di La Romana con circa cento miliardi delle vecchie Lire nascoste nella stiva del suo yacht. Una traversata dell’Oceano Atlantico in tutta tranquillità. A quei tempi si poteva. Un unico piccolo controllo nelle acque territoriali venezuelane, ma niente di particolare. I soldi sono finiti al sicuro a Casa de Campo. Il suo patrimonio ammontava nel 2013 alla data del suo decesso a diversi milioni di dollari, ville, appartamenti e terreni in Casa de Campo, Jarabacoa e La Romana, sei Porsche e quindici veicoli di lusso, diversi camion e due stazioni di servizio di proprietà, orologi di lusso, diamanti e altri beni di grande valore. E tanto ancora era andato perso per strada ed è ciò che lui stesso sosteneva e chi conosce bene il paese non fa fatica a credere.
Ventidue anni di bella vita, in mezzo al lusso più sfrenato, accompagnandosi di belle donne usa e getta che sposava anche in separazione di beni per poi divorziare quando queste non erano più tanto giovani finché all’età di 65 anni sposò una 19enne che rimase accanto a lui fino alla sua morte e che ereditò tutti i suoi beni o parte degli stessi. Non lo sappiamo. Di certo la moglie vive nella sontuosa villa di Casa de Campo e qualcuna delle porsche è rimasta nella sua autorimessa.
La sorella del Bersano, Elda, è arrivata certa che avrebbe fatto valere le sue ragioni: suo fratello era stato sicuramente ucciso per impossessarsi del suo patrimonio, il testamento era falso e via dicendo. Esigeva la riesumazione della sua salma. E a ogni passo che faceva si sprofondava qualche centimetro in più nelle inesorabili sabbie mobili della giustizia dominicana in mezzo a uno stormo di avvocati come tanti avvoltoi intorno alla loro preda.
Non se n’è più parlato e ora due sono le ipotesi o la sorella se n’è tornata in patria con le mani vuote e con debiti verso gli azzeccagarbugli locali o ha acconsentito a una definizione bonaria del tutto. In fondo qualunque cosa sarebbe andata bene per lei in quanto non poteva non essere a conoscenza della provenienza illecita del patrimonio di suo fratello.
“Ucciso? Scrive un nostro connazionale. Si sa benissimo di cosa è morto. Faceva la sua vita. Era contento e la sorella è apparsa solo per ciucciare dal biberon dopo la sua morte. La moglie era sempre insieme ad Aldo e certamente sopportava problemi dati dalla differenza d’età. Gli era accanto dappertutto. Poi dopo la morte il fatto che Natalie abbia approfittato del patrimonio non mi sembra niente di scandaloso”.
E ancora dice un altro membro dei nostri gruppi: “Ero amico di suo figlio. Morì in un incidente d’auto. Storia tristissima. Al funerale la polizia cercava il padre che era svanito nel nulla con miliardi di vecchie lire di una multi società. Forse era già nascosto qui a Santo Domingo.”

Oltre 4.500 persone in tutta Italia, ma in particolare in Piemonte, vantano un credito globale di 150 miliardi di vecchie lire nei confronti di Aldo Bersano, titolare della All Leasing Italia, società facente parte delle finanziarie Ifc-Istituto Fiduciario Centrale, Mercurio Valori Mobiliari e altre varie collegate che praticavano la raccolta di denaro porta a porta.
E ancora la procedura concorsuale non è stata chiusa. I creditori avevano a suo tempo creato un comitato “Creditori riuniti” e si erano costituiti parte civile nei vari procedimenti penali a carico del Bersano.
Gli amministratori delle società utilizzate per la raccolta avevano anche creato una banca nel nord est e precisamente la Banca di Tricesimo in provincia di Udine.
Ci sono stati vari processi e decine di udienze con molte società coinvolte e molti imputati, ma soprattutto tantissimi ricorrenti, che hanno visto andare in fumo i propri risparmi.
E nessuno si è mai accorto che Aldo Bersano era ai Tropici godendosi la bella vita e il maltolto… Certo qui si faceva chiamare diversamente e forse era riuscito subito anche ad avere la cittadinanza dominicana perché usava anche il cognome della madre e il doppio nome di battesimo: Aldo Carlo Bersano Bay.

domenica 10 marzo 2019

Claudio La Torre non ce l'ha fatta.



È deceduto ieri mattina Claudio LaTorre. Era stato colpito da un ictus il 31 dicembre scorso. È rimasto in coma per alcuni giorni, dopodiché si è risvegliato, mostrando segni di miglioramento. Riusciva anche a parlare. Si era però reso necessario un intervento chirurgico i cui costi non erano alla sua portata perché la sua assicurazione sanitaria era insufficiente a coprirli. La comunità italiana locale è intervenuta attraverso la Fundación Solidaridad Italiana e in breve tempo sono stati raccolti 100.000 pesos. L’operazione è stata eseguita. Successivamente si sono presentate complicazioni e i cuore di Claudio non ha retto. La Fundación ha gestito nel corso della giornata di ieri vista la mancanza di familiari del connazionale la delicata parte burocratica, logistica e legale delle esequie.
Nel corso della giornata di oggi Patologia Forense dovrebbe portare il corpo all’impresa di pompe funebri. “Siamo in attesa che ciò avvenga e che venga presa una decisione in merito all’orario in cui potrà essere dato un ultimo saluto al connazionale.” Questo è quanto mi ha comunicato Flavio Bellinato presidente della Fundación Solidaridad Italiana .
Claudio LaTorre, classe 1946, di Marina di Pisa, da molti anni abitava nella Repubblica Dominicana. Di vista lo conoscevamo in molti. Ha svolto mansioni amministrative e di direzione del personale in diversi ristoranti tra i più rinomati: Capriccio, il Capuccino e il Martini di Bellavista.

venerdì 8 marzo 2019

Dossier italiani in Repubblica Dominicana. Scheda 4: Aldo Carlo Bersano deceduto a Casa de Campo in data 17 ottobre 2013




Aldo Carlo Bersano di Torino, classe 1938, da 20 anni residente nella Repubblica Dominicana. È deceduto 75enne in circostanze poco chiare il 17 ottobre 2013 in una villa di Casa di Campo di sua proprietà. È stato seppellito nel cimitero di La Romana e non gli è stata eseguita l’autopsia.
Il suo patrimonio ammontava a diversi milioni di dollari, ville, appartamenti e terreni in Casa de Campo, Jarabacoa e La Romana, sei Porsche e quindici veicoli di lusso, diversi camion e due stazioni di servizio di proprietà, orologi di lusso, diamanti e altri beni di grande valore
Si era sposato, ma sempre in regime di separazione dei beni, con diverse donne. L’ultima volta all’età di 66 anni con una diciannovenne, Any Nathalie De La Rosa. Non ebbero figli. La vedova ha presentato documenti con i quali ha cercato di invalidare il regime di separazione dei beni e ha proceduto alla vendita di gioielli e veicoli di lusso senza avere a suo favore una sentenza di autorizzazione. È comparso anche un testamento olografo, non ci poteva mancare, che dichiara la giovane vedova unica erede.
Ecco allora che pochi mesi dopo il decesso del Bersano, si presenta sulla scena la su unica sorella, Edda, la quale ha impugnato subito il testamento richiedendone la nullità e accanto ad altre azioni civili sulla separazione dei beni e sugli oggetti di valore già venduti senza averne il diritto.
Edda Bersano ha chiesto anche la riesumazione della salma di suo fratello per eseguire un’autopsia e ha denunciato l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione di capitali a cittadini stranieri radicati nel paese.
Il seguito? Una ragnatela di sequestri di beni di proprietà del connazionale senza titoli validi di esecuzione, spese legali rivendicate per lo stesso importo da uno stesso avvocato in più tribunali e quindi incassate più volte. Questo addirittura da parte del noto politico riformista Angel Lokward.
Non si sa come sia andato a finire, cosa sia riuscita a recuperare Edda Bersano nelle sabbie mobili della certezza giuridica dominicana. Nel 2017 erano ancora in essere le cause contro Lokward per la moltiplicazione delle parcelle. Nello stesso anno un tribunale ha invalidato i sequestri coattivi realizzati sulla base di niente. Per il resto tutto è buio pesto, come al solito…

Omicidio Van Tinteren: ultimi sviluppi. L’olandese non era uno stinco di santo…



Il tribunale di Puerto Plata ha imposto a Jennifer Joaquin (22) al suo amante (21) e a un complice 26enne come misura di coercizione un anno di carcere preventivo. Per la donna il luogo di reclusione stabilito è Rafey donne a Santiago, per gli uomini, San Felipe, a Puerto Plata. I due esecutori materiali dell’omicidio che avrebbero ricevuto 3400 euro come compenso sono stati identificati e risultano ancora profughi.
Il pubblico ministero ha qualificato il caso come complesso il che giustifica la coercizione di un anno di carcere preventivo.
Nel frattempo è comparso un video pornografico nel sito xzorra.com con un rapporto sessuale avente come protagonisti i due coniugi. Si sostiene che la pubblicazione di questo filmato da parte del Van Tinteren abbia motivato la decisione della giovane donna di farlo uccidere.
L’olandese non era quindi uno stinco di santo e sembra che operasse nel settore pornografico.
Non è chiara nemmeno la dinamica dell’omicidio. Si dice che l’olandese sia stato sequestrato prima di essere ucciso e portato nel suo veicolo per far sembrare il tutto una rapina.
Peraltro si sostiene che l’amante 21enne sia in realtà il padre del bambino di Jennifer che quando è venuto a conoscenza dell’ottima sistemazione della sua ex è tornato alla carica riconquistandola. Da queste parti si dice che dove c’è stato fuoco rimangono le ceneri…
Decine di persone appostate all’esterno del Palazzo di Giustizia di Puerto Plata hanno insultato Jennifer Joaquin con frasi tipo “chapiadora assassina” mentre era condotta fortemente scortata al carcere di Rafey di Santiago.

Brevi considerazioni conclusive sul raid contro i latitanti “WANTED 3”




Gli italiani dopo il loro arresto sono stati reclusi nel carcere del Palazzo di giustizia della Città coloniale dove sono rimasti circa una settimana. Da lì sono stati trasferiti in aeroporto.

Alcuni di loro indossavano al momento dell’imbarco gli stessi vestiti che avevano quando sono stati arrestati sette giorni prima. Si vede che non erano riusciti ad avere un ricambio. Un volo di ritorno a nasi turati?

Tre di loro devono scontare pene per violenza carnale, un reato per il quale in Italia le sentenze sono diventate ultimamente molto miti soprattutto quando i violatori sono stranieri.

Dei due bancarottieri, uno, Mauro Nadalin, si manteneva facendo l’imbianchino e l’altro, Albino Chiarolini, fallito con i soldi, all’età di 78 anni avrebbero anche potuto lasciarlo morire qui.

Il 72enne Lucio Galli non si è curato minimamente di coprirsi il viso. Aveva gli stessi vestiti di quando era stato arrestato, non smetteva di parlare e dall’accento sembrava più bergamasco che bresciano. Si teneva stretta la sua “valigia azuana” e cioè un sacchetto di plastica nero contenente le sue pertinenze, in pratica il suo bagaglio a mano.

Il trasferimento di questi sfigati è stato filmato e diffuso con colonna sonora, militari dominicani mascherati in assetto da combattimento con armi lunghe e giubbotti antipallottole, squadra mobile di Brescia, Interpol, Swat, Dicrim… Un’esagerazione lampante. Più che un grande successo, una grande sceneggiata. Un punto in più nei sondaggi pro-Salvini. Era questo lo scopo?

Gli italiani sono stati arrestati ufficialmente una volta all’interno dell’aereo di stato. Giunti a Roma sono stati trasferiti provvisoriamente a Rebibbia.

Attendiamo il seguito del progetto “WANTED”. Molti connazionali additano già dei presunti latitanti che secondo loro soggiornano nel territorio dominicano. Un lavoro facile facile per le squadre mobili italiane. La prossima volta ci vorrà un Boeing 747.


mercoledì 6 marzo 2019

Riconsegnati all’Italia cinque latitanti, condannati per bancarotta, violenza sessuale e atti sessuali con minorenni.


Tre stupratori italiani, latitanti nella Repubblica Dominicana, sono stati arrestati dalla Polizia e rientreranno in Italia grazie ad un'operazione condotta dagli agenti del Servizio centrale operativo, della Squadra mobile di Brescia e del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, con la collaborazione della polizia locale.
Il viaggio nella Repubblica Dominicana ha consentito ai poliziotti italiani di catturare anche altri due latitanti destinatari di condanne per reati contro il patrimonio.

Gli arresti rientrano nel progetto "Wanted 3", promosso dalla Direzione centrale anticrimine per rintracciare latitati sia in Italia che all'estero

Chi sono gli arrestati
Salvatore Buonanno, 42 anni, di Caserta, era ricercato dal 2014 per una condanna a 8 anni e 6 mesi di reclusione per lesioni personali, violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo in concorso, commessi nella sua provincia. L'uomo, che gestiva una pizzeria nella città di Santiago, è stato catturato per strada a Costanza, a circa 30 Km da Santo Domingo, senza opporre alcuna resistenza: probabilmente era convinto che la Polizia italiana non l'avrebbe cercato fin là.

Lucio Galli, 72 anni, di Brescia, ricercato dal 2014 perché deve espiare una pena di 8 anni e 10 mesi di reclusione per reati sessuali su minori, è stato catturato in località Valle Verde a La Romana. L'indagine è stata coordinata dalla procura di Brescia e il latitante è stato rintracciato grazie ad una donna dominicana che aveva ricevuto una somma di denaro proveniente dall'Italia per cinti di Galli. Nonostante le disponibilità economiche, Galli conduceva uno stile di vita molto riservato, cambiando spesso casa e affittando appartamenti in zone degradate per non dare nell'occhio e accompagnandosi sempre con giovani donne.

Massimo Ferrari, 53 anni, di Milano, ricercato dal 2017 per una condanna a 6 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale, è stato catturato per strada, in Plaza Milano di Las Terrenas, nei pressi della pizzeria dove lavorava. Decisive per i poliziotti italiani le analisi sui social network usati dall'uomo che ha anche precedenti per rapina, lesioni personali, sequestro di persona ed estorsione.

Mauro Nadalin, 56 anni, di Pordenone, imprenditore ricercato dal 2016 per una condanna a 10 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta, truffa ed appropriazione indebita, è stato catturato a Santo Domingo, dove lavorava come imbianchino, mostrando i suoi lavori sui profili Instagram e Facebook. I poliziotti hanno organizzato un incontro con la scusa di eseguire lavori edili e l'hanno arrestato. Nadalin, in qualità di amministratore della Nadalin Colors, dichiarata fallita dal Tribunale di Pordenone, aveva distratto beni della società, non pagando i contributi dei dipendenti.

Abele Chiarolini, 78 anni, di Brescia, condannato a 10 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta, imprenditore nel settore alberghiero, è stato catturato a Boca Chica, dove gestiva un hotel. Chiarolini,ha precedenti per reati di falso, ricettazione, riciclaggio e abuso d'ufficio.

La soddisfazione di Salvini

"Complimenti alla Polizia di Stato: la missione a Santo Domingo doveva riportare nelle galere italiane tre criminali condannati per reati sessuali ma i nostri poliziotti hanno scovato due delinquenti in più. E' un'ottima notizia" ha detto il ministro dell'Interno Matteo Salvini. "Pochi giorni fa - ricorda - la Polizia aveva arrestato quattro latitanti a Tenerife: erano scappati in Spagna dopo essere stati condannati per droga. Questi successi, oltre al caso di Cesare Battisti, confermano la nostra determinazione: nessun delinquente può sentirsi tranquillo, in Italia o nel resto del mondo. E non ci fermiamo qui". 

lunedì 4 marzo 2019

La giovane moglie vuole diventare vedova presto e ingaggia dei sicari. Olandese 55enne vittima a Puerto Plata di un omicidio su commissione



Ci sono sviluppi sul caso dell’olandese ucciso a Puerto Plata la settimana scorsa. Un omicidio del quale si riusciva ad avere pochi dati. Il nome e il cognome della vittima non trovavano riscontri in rete, erano sbagliati, non era stata pubblicata nessuna foto. Ucciso alle 4 del mattino a scopo di rapina nei dintorni di Puerto Plata, si diceva. Sono stato invitato a scrivere un post sulla vicenda da parte di un membro del gruppo. Ho preferito consentire la pubblicazione dell’articolo in spagnolo.
Oggi però i media hanno ripreso il tema. La polizia ha svolto delle indagini e si sa che quando le forze dell’ordine dominicane lavorano seriamente alla risoluzione di un caso i risultati sono garantiti.
Si è scoperto quindi un omicidio su commissione. Prezzo tutto compreso 200.000 pesos. L’olandese Roy Van Tinteren 55enne era sposato con la 22enne Jennifer Joaquin de Van Tinteren.
Come possiamo apprezzare dalla foto sembrava proprio una coppia felice. Ci sono dei filmati in cui si vede che il Van Tinteren godeva pienamente del clima e dell’accoglienza del paese caraibico. Ma non è tutt’oro quel che luccica. La sua giovane signora aveva da un paio di mesi un amante che deve essere stato anche un poco di buono visto che lei si è rivolta a lui per pianificare l’omicidio del suo anziano marito. Detto fatto! È stato concordato il costo complessivo e il giovane amante ha trovato gli esecutori materiali a cui ha procurato anche un veicolo. Sono copioni che si ripetono con abbastanza regolarità. Niente di nuovo.
L’olandese è stato ucciso il 26 febbraio scorso mentre stava parcheggiando la sua autovettura nell’autorimessa dell’edificio dove alloggiava. È stato arrestato l’amante che ha confessato subito e un complice anche lui pronto a fornire ogni dettaglio e a coinvolgere altre due persone che sono profughe. In tutto cinque implicati nell’omicidio di un 55enne europeo su richiesta della giovane moglie che tra l’altro secondo l’usanza olandese aveva già acquisito il cognome del marito. Una storia finita male o bene a seconda dei punti di vista. La polizia consegna i colpevoli alla giustizia… Ma si farà giustizia? Questo è un altro paio di maniche!
Ci si chiede come abbia fatto la polizia a ottenere dagli implicati confessioni così immediate e dettagliate. Altra domanda è come mai le forze dell’ordine hanno agito con tanta tempestività. Evidentemente c’è stato l’intervento dell’ambasciata olandese. Altrimenti sarebbe finita similmente al caso di Severino Toneatto, ucciso nel 2016 a Las Terrenas, con l’arresto e la reclusione per due anni di due cittadini haitiani innocenti a seguito della falsa testimonianza della convivente dominicana dell’italiano. Una volta scoperto tutto amici come prima e il caso rimane irrisolto. Certo ci sono anche ambasciate e ambasciate…