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giovedì 31 maggio 2018

Ai burattinai non va sempre liscia e c’entra anche la favola di Esopo del corvo e della volpe




Che siamo in una dittatura non tanto soft i 17 milioni di populisti che hanno vinto le elezioni lo avevano capito. Si erano già ribellati alla modifica della costituzione e si erano confrontati con concetti nuovi come poteri forti, ingerenza di altri stati e dell’Unione Europea sulle questioni nazionali ecc. Comunque si sa i burattinai sono intelligenti e i populisti secondo loro non hanno tutti insieme un briciolo di cervello. Si tratterebbe insomma di un popolo bue con tanto di anello al naso.
E allora i burattinai si sono messi a tavolino e hanno preparato una legge elettorale che garantiva in ogni caso che nessun eletto avrebbe governato. E infatti così è andata. E ha continuato a governare il PD che è stato bocciato alle elezioni. Tutto secondo i piani!
Succede però che la gioventù è imprevedibile e i due leader giovani che detengono insieme la maggioranza parlamentare si sono inaspettatamente messi d’accordo. E ora come la mettiamo?
Questa grande intelligenza dei burattinai si è rivelata un nulla di fatto. Nella loro boria non avevano previsto un’alleanza tra i populisti. E allora?
Beh come al solito si è ricorso all'ingerenza anticostituzionale del presidente, che è sempre stata negli ultimi decenni una soluzione di ultima istanza. Sì, ma la costituzione è chiara. Le funzioni del presidente sono limitate. Questa volta qualcuno ha fatto fare al capo dello stato e garante dell’unità nazionale una figura che rientra appieno nella motivazione dell’impeachment.
Si può parlare tranquillamente di alto tradimento altrimenti come si giustifica il veto alla nomina di un ministro per motivi di spread o di gradimento dell’Unione Europea? Una persona che tra l’altro ha già ricoperto in passato la funzione di ministro.
Ecco che è saltato alla ribalta qualcosa che gli intelligenti di turno, la Merkel e Junker, tra gli altri, non sapevano e cioè che così come stavano le cose il presidente avrebbe potuto essere destituito dall’incarico e quella stessa maggioranza populista che ne avrebbe preso l’iniziativa avrebbe potuto successivamente nominare un altro presidente.
Si è abbandonata la strada dell’impeachment, c’è stato un ripensamento del presidente e ora partirà il governo populista.
Comunque in mezzo a tutto questo c’è stato un grande frastuono e sono state annunciate più volte le elezioni anticipate, addirittura per il 29 luglio. Il popolo bue con tanto di anello al naso pur avendo la maggioranza e avendo quindi il diritto di formare un governo, e addirittura di destituire il presidente e di nominarne un altro, avrebbe dovuto rinunciare a questo vantaggio concreto per andare alla ricerca di una nuova conferma elettorale. E la stampa e i talk show e i sondaggi non facevano altro che propiziare nuove elezioni.
Certo che noi vecchi sappiamo per esperienza che è meglio una fava oggi che due domani. E poi è un dato di fatto che siamo dominati da una dittatura soft e che a comandare in Italia sono i poteri forti che dall’estero manovrano i loro burattini al governo.
Nelle elezioni passate non ci sono stati brogli, non erano necessari, tanto era tutto pronto perché un governo non si potesse fare in ogni caso. La legge elettorale non l’avrebbe consentito. Comunque si è parlato molto di nuove elezioni e qualcuno dall’estero aveva già iniziato a minacciare anzitempo, sicuramente un’imprudenza, ma non serviva discrezione, in fondo il popolo bue non capisce. E la minaccia era del seguente tono: “gli italiani impereranno a votare”.
Tutto pronto, quindi, manovre finanziarie, attentati?, brogli… Tutta una serie di misure che i padroni veri dell’Italia, dei criminali?, avevano già in mente perché le percentuali di voto dei populisti calassero drasticamente nelle nuove elezioni.
E ci sono state pure le lusinghe: fuorionda, sondaggi incredibili, ecc. ma i giovani leader dei populisti non ci sono cascati.
A questo riguardo servono anche le favole antiche come ad esempio quella di Esopo del corvo e della volpe.
Il corvo aveva un pezzo di formaggio in bocca e la volpe con le lusinghe è riuscita a farglielo mollare.
Questa volta i populisti hanno la maggioranza in tasca e i giornali, i media tutti, il fuorionda del volpino D’Alema, i talk show, i sondaggi, gli interventi a gamba tesa del presidente vorrebbero che vi rinunciassero per tornare alle urne.
Ma quando mai?

Quest’anno si commemorano 120 anni di relazioni diplomatiche tra la Repubblica Dominicana e l’Italia. È giusto ricordare Angiolino Vicini





Dall’evento celebrativo del giorno della Repubblica è emerso che la Rep. Dominicana e l’Italia hanno raggiunto quest’anno il 120esimo anniversario dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche. Quindi queste sussistono dal 1898. Al riguardo l’ambasciatore Canepari ha riferito che: “120 anni fa è arrivato a Santo Domingo il primo ambasciatore italiano per cui celebriamo quest’anno i 120 anni di relazioni diplomatiche.”
Sapevamo che alla base di queste relazione c’era stata la donazione di alcuni fondi da parte di un nostro connazionale.
Si è sempre parlato della famiglia Vicini e quindi sembrava lecito pensare che il donante fosse stato Giovanni BattistaVicini Canepa nato a Zoagli, nei pressi di Genova, nel 1847, il quale giunto ancora adolescente nella Repubblica Dominicana riuscì a prosperare e a diventare in tempi brevissimi uno dei punti di riferimento dell’economia nazionale. Nel 1898 avrebbe avuto 51 anni e due anni dopo è deceduto.
Il nostro ambasciatore invece ha ringraziato Angiolino Vicini Trabucco, nipote di Giovanni Battista, nato anche lui a Zoagli, “che con generosità ha donato gli edifici dell’ambasciata e della residenza”.
Anche queste sono delle novità. Finora si era pensato a una donazione dei soli fondi, sui quali poi lo stato italiano avrebbe costruito successivamente i locali. Non è stato così.
Sappiamo ora chi ringraziare: Angelino Vicini Trabucco e i suoi discendenti.
Di questi era presente all’evento del giorno della Repubblica presso la Casa de Italia un suo nipote il dott. Guillermo Rodriguez Vicini (foto in alto). Lui stesso mi ha confermato che il donante è stato suo nonno Angiolino.
E prima di parlare di Angiolino Vicini parliamo di suo nipote il dott. Guillermo Rodriguez Vicini, avvocato e notaio di professione e membro della Casa de Italia. C’è infatti motivo di ringraziare anche lui e non solo suo nonno perché ha avuto un ruolo molto importante nella riapertura della nostra ambasciata. Innanzitutto ha fatto parte come vice presidente, insieme al suo secondo cugino Felipe Vicini, del Comitato per il ripristino dell’ambasciata d’Italia a Santo Domingo, del quale era presidente Frank Ranieri. In secondo luogo ha fatto parte della delegazione del parlamento dominicano che si è recata in Italia per richiedere la riapertura della nostra ambasciata.
Infine non bisogna dimenticare che suo nonno, Angiolino Vicini Trabucco, aveva posto una clausola ben precisa nel contratto di donazione secondo la quale i beni donati avrebbero dovuto rientrare nella proprietà degli eredi qualora l’Italia non li avesse utilizzati per finalità di rappresentanza diplomatica.
Ed è così che alla Farnesina hanno dovuto fare un passo indietro. Per più di qualcuno la cessione di quei beni e il realizzo di 16 milioni di euro era ormai cosa fatta. E questa cifra rappresentava un “risparmio” rilevante verso il raggiungimento dei 100 milioni a cui si puntava.
Nel 2008 il dott. Guillermo Rodriguez Vicini ha ricevuto dalla Repubblica italiana a mani dell’allora ambasciatore italiano Enrico Guicciardi l’Ordine della Stella della Solidarietà italiana, un’importante onorificenza istituita nel 1948 come “particolare attestato a favore di tutti coloro, italiani all’estero o stranieri, che abbiano specialmente contribuito alla ricostruzione dell’Italia.”
Nel 120esimo anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra entrambi i paesi sembra quindi doveroso ringraziare Angiolino Vicini Trabucco per la donazione che le ha consentite e suo nipote il dott. Guillermo Rodriguez Vicini per tutto quanto ha fatto per ottenere la riapertura della nostra ambasciata.
Avremo modo di approfondire la storia di Angiolino Vicini Trabucco e di pubblicare qualche sua foto. L’anniversario che vogliamo commemorare è un evento molto significativo. A questo riguardo Andrea Canepari ha dichiarato: “Mi sembra importante che entrambi i Paesi possano lavorare insieme e creare con questi eventi simbolici piccole, ma concrete opportunità per lo scambio”.

L’altra faccia del turismo: la diffusione di malattie contagiose




Nei poli turistici della Repubblica Dominicana sarà obbligatoria per i dipendenti la vaccinazione al fine di evitare la diffusione su tutto il territorio nazionale di malattie contagiose.
Per il momento si parla di morbillo e rosolia. Soltanto due anni fa si era dichiarata l’eradicazione di queste due malattie.  Evidentemente non si può cantare vittoria soprattutto quando arriva tanta gente dall’estero e basterebbe e avanzerebbe quella che arriva dalla vicina Haiti.
Il dott. Zacarias Garib, direttore del Programma allargato sull'immunizzazione (PAI), ha affermato che i flussi migratori a livello epidemiologico sono una minaccia permanente che non può essere evitata.
Almeno undici paesi latinoamericani, tra cui il Venezuela e la Colombia, hanno focolai attivi di morbillo e rosolia.
La vaccinazione obbligatoria riguarda tutto il personale alberghiero dei poli turistici e i dipendenti dei porti e degli aeroporti, che sono le aree di accesso dei turisti provenienti da tutto il mondo.
Non si può evitare che un turista arrivi nel paese colpito dalla rosolia o dal morbillo, sostengono ancora le autorità, ma non si può permettere che una malattia si diffonda in tutto il paese. Questa è l’idea che sta alla base della misura.
Lavorare nelle zone turistiche e nei porti e aeroporti comporta quindi un rischio di contagio di malattie.
Vengono quindi presi di mira il morbillo e la rosolia, ma si può pensare anche ad altre malattie contagiose, magari del tutto nuove, che da un momento all’altro potrebbero scoppiare e diffondersi.
Le chiamano pandemie vale a dire “epidemie con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti.”
Non penso che sia il caso di preoccuparsi più di tanto. Prendiamo atto comunque che le autorità dominicane sono preoccupate.
La cifra di 10 milioni di turisti all inclusive che si vuole raggiungere ha quindi degli aspetti negativi e si sta già correndo ai ripari. Buono a sapersi!

mercoledì 30 maggio 2018

Festa della Repubblica nella Casa de Italia. Andrea Canepari ha incontrato la comunità e ha parlato delle relazioni italo-dominicane storiche e delle loro prospettive di sviluppo



Iniziamo dalla fine. Una bella manifestazione ben organizzata, semplice tenutasi il 29 maggio. Non c’era tanta gente come altre volte e spiccava la presenza di due carabinieri della stazza e portamento di guardie reali.
Erano presenti l’ambasciatore e la sua famiglia, il direttivo della Casa de Italia e in particolare il presidente e il vice presidente Renzo Serravalle e Angelo Viro, il console onorario di La Romana, Vincenzo Odoguardi, il Co.mi.tes con il presidente Paolo Dussich e il consigliere Flavio Bellinato, tutto il personale dell’ambasciata, i membri della Camera di Commercio Italo-Dominicana. La presenza di connazionali è stata però almeno in apparenza inferiore a quella degli anni precedenti, probabilmente perché l’evento è stato poco pubblicizzato.
A parte questo e a parte i discorsi devo dire che mi ha fatto molto piacere sentire gli inni nazionali e in particolare il nostro che abbiamo cantato volentieri. Un’emozione che vale più di mille parole!

A fare gli onori di casa è stata l’italo-dominicana Rosanna Rivera Nardi un’affermata giornalista che esercita questa professione da quasi 30 anni. Della sua famiglia e del suo cognome abbiamo parlato in un nostro articolo Famiglia Nardi

Come al solito nella Casa de Italia i discorsi si sono svolti prevalentemente in spagnolo, sembra che questa sia una regola statutaria dell’associazione. L’ambasciatore comunque al termine ha dedicato ai connazionali alcune parole in italiano, illustrando brevemente l’andamento degli affari consolari.

La giornalista Rosanna Rivera Nardi ha esordito tra l’altro dicendo: “Mi rivolgo a voi in qualità dell’orgogliosa nipote di un italiano, di Pietro Nardi Longo emigrato da Santa Domenica Talao che si è radicato a Puerto Plata, lasciando in eredità ai suoi figli e nipoti l’amore per la patria amata, l’Italia del cuore, la sua lingua, le usanze, la buona cucina, la sensibilità al bello”.  E ha proseguito così: “Siamo orgogliosi e felici di annunciare l’arrivo di 120 anni di relazioni diplomatiche tra la Repubblica Dominicana e l’Italia“.
Rosanna Rivera Nardi ha fatto riferimento anche a progetti importanti tra entrambi i Paesi nell’ambito degli scambi culturali, della moda, della tecnologia, della gastronomia, dell’architettura e della scienza “che stringeranno i nostri lacci ancestrali armoniosamente.”
Successivamente è intervenuto l’ambasciatore in spagnolo. Nel suo discorso ci sono aspetti molto interessanti.
“La nostra idea è quella di creare ponti vivi tra la Rep. Dominicana e l’Italia. Abbiamo qui un’influente comunità italo-dominicana. Un dialogo iniziato con Colombo ma che è proseguito nei secoli successivi.” Andrea Canepari ha citato Giovanni Battista Cambiaso e Giovanni Battista Maggiolo fondatori della Marina di guerra dominicana all’epoca dell’indipendenza del 1844. Ha ricordato la famiglia Vicini che ha trasformato l’economia del Paese e ha menzionato la famiglia del connazionale Angiolino Vicini Trabucco che con generosità ha donato gli edifici dell’ambasciata e della residenza, i Pellerano che hanno creato il primo giornale del Paese, Frank Ranieri protagonista di primo piano nello sviluppo dell’economia turistica dominicana ormai ai vertici a livello mondiale e le storie più recenti di imprenditori italiani di successo come quelle di Renzo Serravalle e Angelo Viro. Si è riferito anche al grande influsso italiano nell’ambito ecclesiastico e ha menzionato il padre Fantino Falco in processo di santificazione e il contributo dei Salesiani. Ha continuato sostenendo: “Sono convinto che se rendiamo noto questo contesto di esperienze culturali ed economiche possiamo creare nuove forme di cooperazione insieme e al contempo creare ponti vivi per il futuro. Credo che se aggiungiamo al nostro amore reciproco una maggiore consapevolezza di quelle che sono state le nostre relazioni potremo capire insieme le strade da prendere in questi difficili anni ricchi comunque di opportunità grazie alla globalizzazione. Sto pensando a scambi universitari, investimenti, progetti culturali, nuova tecnologia e in generale a una collaborazione che, basandosi sulle radici del passato apra le porte ai settori del futuro. Tutto questo è possibile ma dobbiamo crederci e seguire una strategia seria.” E ancora: “La mia idea soprattutto è creare un anno di celebrazioni dell’eredità culturale italiana, un’occasione di dialogo tra l’Italia e la Repubblica Dominicana, tenendo conto che 120 anni fa è arrivato a Santo Domingo il primo ambasciatore italiano per cui celebriamo quest’anno i 120 anni di relazioni diplomatiche. Mi sembra importante che entrambi i Paesi possano lavorare insieme e creare con questi eventi simbolici piccole, ma concrete opportunità per lo scambio”.
A questo punto Andrea Canepari si è rivolto ai presenti in italiano, soffermandosi sul successo della riapertura dell’ambasciata al quale hanno contribuito Roma, il Ministero degli Esteri e il governo con un forte sostegno. E ha continuato: “Hanno mandato personale molto qualificato che ha rafforzato l’organico dell’ambasciata, ci hanno permesso di assumere persone qualificate anche qui, ci hanno consentito di cambiare i nostri uffici, ciò che speriamo avvenga nei prossimi mesi, in modo da avere spazi dignitosi ed efficienti che ci consentano di lavorare anche per voi in maniera molto più efficace.” Si è soffermato brevemente sulle recenti elezioni, che pur in presenza di inevitabili problemi si sono svolte con successo e sul fatto che i ritardi nelle erogazioni dei passaporti e delle altre pratiche consolari sono fortemente diminuiti. Ha riferito poi che oltre al Consolato di La Romana, anche i vice consolati di Santiago e di Puerto Plata stanno acquistando nuove competenze per essere in grado di erogare servizi consolari capillari sul territorio dominicano ai connazionali che non risiedono a Santo Domingo.


martedì 29 maggio 2018

Si parla di impeachment per Mattarella, cosa dice la costituzione? È mai successo in passato? Si può fare?



Impeachment: messa in stato d'accusa di persona che detiene un'alta carica pubblica, ritenuta colpevole di azioni illecite nell'esercizio delle proprie funzioni, allo scopo di provocarne la destituzione.
Lo stesso Mattarella di recente in un incontro con degli scolari, rispondendo a una domanda di un bambino si è espresso così:
Domanda: “Quando le capita di firmare degli atti che non le piacciono come si comporta?”
Risposta: “Quando mi arriva qualche provvedimento, una legge del parlamento o un provvedimento del governo, pur non condividendolo appieno ho il dovere di firmarlo. Anche se la penso diversamente devo accantonare le mie convinzioni personali perché devo rispettare quello che dice la Costituzione e cioè che la scelta delle leggi spetta al parlamento e la scelta dei decreti che guidano l’amministrazione dello Stato spetta al governo. E se non firmassi andrei contro la Costituzione. C’è un caso in cui posso anzi devo non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente con le norme costituzionali, ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee, perché non è a me che la Costituzione affida quel compito di fare le regole e le leggi, ma lo affida ad altri, al Parlamento e al governo, e io ho l’obbligo di firmare perché se ognuno pensasse che le proprie idee personali prevalgono sulle regole dettate dalla Costituzione la Repubblica non funzionerebbe più.”
Sulla base di questa sua interpretazione del ruolo del presidente, Mattarella ammette in pratica di aver violato la costituzione. E ora cosa si fa? È la prima volta che succede?
Se due controparti legittime, i rappresentanti della maggioranza parlamentare e il presidente della Repubblica hanno un conflitto dovuto a una violazione della costituzione, in uno stato di diritto si deve ricorrere ai meccanismi previsti per il superamento di tale conflitto. Al riguardo l’articolo 90 della costituzione recita quanto segue: «Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri».
Il primo presidente minacciato di impeachment in Italia è stato Giovanni Leone, che si è dimesso nel 1978.
È stato minacciato di impeachment anche Oscar Luigi Scalfaro, dopo la caduta del primo governo Berlusconi e la nascita del governo guidato da Lamberto Dini (1995).
Il procedimento di impeachment è stato invece avviato soltanto per Francesco Cossiga, accusato dal Pds di Occhetto di aver attentato alla Costituzione con le sue “picconate”. Non si è mai arrivato però al voto.
Per Napolitano anche se i presupposti per un impeachment non sarebbero mancati non se n’è mai nemmeno parlato perché chi ne avrebbe avuto l’interesse faceva parte dell’opposizione e non disponeva del necessario numero di parlamentari.

L’avvio del procedimento infatti ha una ragione d’essere se chi contesta l’operato del presidente si può attendere il voto favorevole della maggioranza assoluta dei parlamentari. E questo attualmente è un dato di fatto.
Ed è un’occasione che non ci si dovrebbe far sfuggire tanto per mettere i paletti una volta per tutte all’eccessivo protagonismo dei presidenti che dopo Cossiga è diventato ormai una costante.
Mattarella ha sbagliato, l’impeachment può essere avviato e il meccanismo costituzionale previsto per queste situazioni deve mettersi in atto con urgenza: ne va di mezzo l’essenza stessa della democrazia.
La situazione di vantaggio della coalizione penta leghista in questo frangente è evidente e non si capisce come possa venire in mente di fare ritorno alle urne. In base a che cosa? Innanzitutto bisogna risolvere questo conflitto costituzionale, le maggioranze per istituire un governo ci sono, una figura dello stato sta prevaricando le sue funzioni… Non è con il ritorno alle urne che si risolve qualcosa.
Si deve andare avanti con l’impeachment, arrivare alla destituzione di Mattarella e alla nomina di un altro presidente. Il ritorno alle urne è inutile ed è addirittura un’offesa all’Italia e ai suoi cittadini.

lunedì 28 maggio 2018

Ci risiamo, la prima tormenta tropicale si appresta già a provocare danni negli Stati Uniti



Manca ancora qualche giorno all’inizio ufficiale della stagione ciclonica, ma la prima tormenta ha già fatto capolino. Succede sempre più spesso. Uragani e tormente si originano un po’ prima e un po’ dopo le date di inizio e chiusura ufficiali che sono il 1 giugno e il 30 novembre. Del resto si tratta di date approssimative rilevate statisticamente.
Comunque ecco che dopo le esperienze allucinanti dell’anno scorso, di Irma e di Maria, ci ritroviamo di nuovo i soliti diagrammi e coni di traiettoria sulle pagine dei giornali.
Questa tormenta si chiama Alberto. È nata nel golfo del Messico, si è andata rafforzando e ora è alle porte degli Stati Uniti, a sud della Florida e il suo cono di proiezione attraversa tutto il territorio USA e addirittura il Canada quasi al completo. Queste almeno sono le previsioni che però sono sempre un po’ esagerate per aumentare l’indice di ascolto… In fondo tormente e uragani sono da queste parti soprattutto un grande business mediatico.
La velocità dei venti è di 64 km/h e quella di spostamento di 16 km/h. Non diventerà mai un uragano. I suoi venti interni dovrebbero a tal fine raggiungere i 119 km/h. La sua traiettoria però è esclusivamente terrestre e al di fuori del mare queste tormente non si rafforzano. Si ritiene comunque possibile che durante il suo percorso possa arrivare ai 105 km/h: un quasi uragano di primo grado quindi. C’è da dire però che la sua marcia lungo gli stati meridionali degli USA con quell’intensità e a una velocità di 16 km/h che probabilmente andrà riducendosi ancora strada facendo, i danni che questa tormenta può arrecare sono tantissimi. L’edilizia americana di periferia, infatti, si basa principalmente su materiali leggeri, legno e plastica, non atti a resistere alle forti tormente.
La sua traiettoria è però alquanto irregolare e sono diversi gli stati americani sotto allarme. In particolare la Florida. E questo fa parte del solito copione. Fiato sospeso per milioni di persone, angoscia nelle famiglie, preparativi urgenti e spese a non finire per affrontare il peggio e, soprattutto, tanta attenzione agli show di notizie. Non c’è che dire: uragani e tormente nell’economia del consumo hanno un grande impatto che viene anche ampiamente sfruttato.
Intanto nei Caraibi si parla sempre di più di isola sicura contro gli uragani. Le piccole Antille che hanno subito gravissimi danni l’anno scorso si stanno risollevando in modo sostenibile. D’ora in poi non ci vorranno mesi o anni per riprendersi dal passaggio di un uragano di categoria 5, basteranno poche settimane. Vengono interrati i cavi elettrici, si diffonde al massimo l’utilizzo di pannelli solari per le case, in quanto resistono meglio alle raffiche di vento e non smettono mai di produrre elettricità, sono stati fatti ingenti investimenti in attrezzature per rimuovere i detriti. Nelle costruzioni si utilizzeranno viti e non chiodi e sono già pronte delle finestre praticamente indistruttibili.
Questi preparativi non riguardano ovviamente la Repubblica Dominicana dove la settimana scorsa è stato inaugurata la funivia. C’è da attendersi che un eventuale uragano anche di categoria uno sia in grado di spazzare via in pochi minuti questo sistema di trasporto.
Evidentemente quando hanno deciso di fare il teleferico non hanno nemmeno per un instante pensato agli uragani. Eppure ormai sarebbe bene tenerli sempre presenti. Il clima è cambiato e le tormente con nomi che si possono poi trasformare in uragani da record sono sempre più frequenti.

sabato 26 maggio 2018

Il populismo si appresta a governare l’Italia. Un'ondata di idee innovative, la forza travolgente della gioventù... Comunque vada siamo già a buon punto!



E chi sono i populisti e cosa significa la parola populista? Dipende molto da chi la usa. C’è chi la pronuncia con disprezzo e in qual caso il suo significato sta per plebaglia ignorante, c’è chi invece le conferisce un valore innovativo legato alla democrazia più autentica, una corrente travolgente di idee inedite che scombussolano lo status quo.
Certo gli enciclopedisti che hanno inventato la democrazia, così come poi è stata attuata negli Stati Uniti per la prima volta, al populismo non ci avevano pensato. Si trattava per loro di un sistema di governo basato sulla volontà degli aventi diritto al voto, ma incanalato dagli interessi della borghesia ovvero dalla classe sociale che crea ricchezza attraverso le sue attività commerciali, finanziarie o industriali.
Ed è stato sempre così finché nel secolo XX con lo sviluppo dei media si è resa possibile la comunicazione di massa. In quel momento certi oratori che hanno saputo interpretare il pensiero dominante, il subconscio collettivo, sono riusciti ad appassionare le moltitudini. Ed è nato il populismo.
Tutto si è assopito dopo la seconda guerra mondiale, la democrazia ha continuato a funzionare secondo il suo regime standard fino a quando si sono diffusi i social network di internet. Da quel momento chiunque poteva salire su uno sgabello virtuale e fare un suo comizio. E anche qui abbiamo assistito di nuovo a inattese esplosioni di populismo, una fra tutte quella del Grillismo. Si parla di undici milioni di persone, alle quali si aggiungono i populisti della Lega. In tutto 17 milioni. E ora intendono governare. Hanno ragione, hanno torto, governeranno bene, governeranno male?
In questo caso il risultato non conta. Ci sono situazioni in cui il processo è più importante dell’esito finale. Ad esempio con il referendum modificativo della costituzione dove ha vinto il NO, quel che ha veramente contato è che le nuove idee ribelli, “populiste”, si sono radicate. Si è creato un fronte contro qualcosa che è apparso meno vago: gli interessi di un potere occulto, molto legato alle banche, ma non solo, che aspira a una globalizzazione a livello mondiale e che intende distruggere la nostra economia.
Oggi sta iniziando quindi un processo che vale molto di più del governo che prima o poi dovrà nascere e che ha già un programma ben preciso. Diciassette milioni di italiani saranno testimoni delle menzogne della stampa, dei tranelli della finanza internazionale, della manipolazione a tutti i livelli, delle minacce assurde, diventate tali a seguito dell’esperienza acquisita, tipo l’aumento dello spread, l’impennata del debito pubblico, il deficit dello stato. Diciassette milioni di italiani capiranno che se lavoriamo sette mesi e più l’anno solo per pagare le tasse non è per i servizi che lo stato ci rende, ma in gran parte per rimpinguare i forzieri delle banche, capiranno che queste, le banche, creano molto più denaro della Banca Centrale Europea e pur essendo gli artefici della crisi del 2008 non ancora superata sono destinatarie di lauti aiuti da parte dello stato. E non occorre nemmeno menzionare al riguardo i 20 miliardi di euro destinati generosamente dalla mattina alla sera al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena.
E a questi diciassette milioni se ne aggiungeranno altri. Anzi se ne stanno già aggiungendo. Il populismo ha un effetto travolgente, innovativo, è democrazia pura ed è soprattutto “giovane”. Se questo governo nasce da Di Maio e da Salvini, nasce quindi da gente giovane. E la gioventù ha quella forza che non ti aspetti e le cariatidi, soldatini di piombo senza patria e senza idee proprie, massoni e lecchini vari, meri esecutori di ordini dall’alto vengono messi prontamente da parte come semplici birilli.
E attraverso questa esperienza, forse arriveremo alla vera soluzione di tutto: l’occupazione in massa delle strade. In quel momento ridiventeremo padroni del nostro Paese.


L’ex presidente panamense Ricardo Martinelli oriundo di Lucca in carcere a Miami si lamenta: “Ho sempre fatto gli interessi degli USA!”



Il pragmatismo americano non premia gli alleati. Guarda avanti pensa solo ai suoi obiettivi. Gratitudine, considerazione, rispetto? Sono banalità che ostacolano talvolta il raggiungimento di risultati. E oggi un nostro connazionale dichiara amareggiato: “Sono sempre stato dalla parte degli Stati Uniti!” Eppure si trova da mesi in carcere a Miami in attesa dell’esito di una richiesta di estradizione proveniente dal Panama. Niente di strano in America Latina. Di ex presidenti e politici ai vertici sono pieni i carceri. Comunque c’è chi “se lo merita” come Lula, che ha promosso iniziative economiche non confacenti con gli interessi degli Stati Uniti e c’è invece chi potrebbe aspirare a un altro trattamento come l’oriundo lucchese Ricardo Martinelli.
Ma per gli USA amici o nemici non fa differenza. Quando sarà il momento e con l’accusa di spionaggio politico, avrebbe intercettato delle telefonate di rivali politici senza essere autorizzato, dovrà ritornare al suo paese per testimoniare. Un motivo che non rientra nemmeno nel trattato di estradizione tra gli USA e il Panama che risale al 1905. Ma è così che il pragmatismo USA premia gli “amici”. E questo non è passato inosservato tra i leader degli altri paesi del continente americano e la dimostrazione di ciò è un graduale avvicinamento alle potenze concorrenti, in primis la Cina.
“Sono sempre stato al 100% dalla parte degli Stati Uniti. Ho sempre votato a favore di Israele, il suo principale alleato, tanto da essere dichiarato persona non grata da Hezbollah”, sostiene il connazionale e si sofferma ancora su tutto quanto ha fatto per essere sempre dalla parte degli USA ogni qualvolta gli veniva chiesto un intervento a tal fine.
Durante un pranzo a Lagley, sede della Cia, gli è stato detto che avrebbe potuto recarsi in qualsiasi momento negli USA qualora avesse avuto bisogno di proteggersi da Varela, l’attuale presidente del Panama. “Avevo l’impressione di poter fare affidamento sulle promesse dei funzionari americani. Sbagliavo!” Questa è la conclusione alla quale l’oriundo lucchese è giunto. “Ben ti sta”, sarebbe da dirgli, “perché non sei partito subito per l’Italia?”.
Comunque ormai i giochi sono fatti. Peccato che il fatto di avere un passaporto italiano che gli avrebbe consentito la massima tranquillità a Lucca e dintorni tra gente che gli vuole bene, sia invece uno dei principali motivi che lo trattengono in carcere. Esiste un evidente pericolo di fuga. Del resto il nostro connazionale possiede anche un aereo privato…

venerdì 25 maggio 2018

“Chi l’ha visto?” Il famoso programma televisivo italiano si occupa di un connazionale deceduto nella Rep. Dominicana il giorno di Natale del 2016



Una madre vuole sapere. Suo figlio è morto in un ospedale dominicano. Si tratta di Michele Minghelli Vaini. Era ammalato da ottobre. Siamo nel 2016. Eppure era giunto a settembre nel paese sano. Un 38enne, un giovane insomma, oggi a quell’età si è ancora dei ragazzi. Era di Parma. Si era diplomato come cuoco in un Istituto Tecnico Alberghiero di Parma. Conosceva bene la sua professione e il lavoro non gli mancava. Si era preso delle meritate ferie dopo un’intensa stagione estiva in Riviera. Un bravo ragazzo, sostiene la madre. Era già stato nella Repubblica Dominicana quattro anni prima ed era rimasto contento. È per questo che aveva deciso di ritornarci. È arrivato a settembre. A ottobre si è sentito male. Lo hanno ricoverato per anemia cronica. Ha riferito alla madre che probabilmente aveva bisogno di trasfusioni. Il 20 dicembre si è fatto sentire ancora una volta. Quindi si deve pensare che i rapporti con sua madre fossero molto sporadici nonostante la lontananza e la presenza di una malattia. La madre ha registrato la telefonata. Si sente che faceva fatica a parlare. Aveva infatti acqua nei polmoni, indossava la maschera di ossigeno. Aveva le gambe gonfie. Stentava anche con il suo italiano ormai, dopo così poco tempo, troppo inquinato di spagnolismi. Aveva deciso di rivolgersi all’ambasciata. Non si capisce perché. Non aveva forse i soldi per tornare in Italia? Comunque al tempo eravamo senza ambasciata. Dipendevamo da Panama. Probabilmente sono riusciti a mettersi in contatto con il console onorario Dina. Qualcuno parla di Spadavecchia, ma il diplomatico si occupava di relazioni commerciali e non di pratiche consolari. Dina comunque non sembra che si sia messo in contatto con Michele.
Premettiamo che Michele aveva finito la stagione estiva prima di venire a Santo Domingo. Si suppone che avesse risparmiato qualcosa. A dicembre pensando di tornare in Italia si rivolge a un’ambasciata che al tempo non c’era e chiede a sua madre soldi per mangiare. La madre gli manda 200 euro. A ritirarli è una ragazza. Questo il giorno prima del suo decesso. Quindi in poco tempo aveva speso tutti i suoi risparmi. Non era in grado di rientrare in Italia, non si sa se per motivi di salute o per problemi economici. Le avvisaglie della malattia e il primo ricovero risalgono a ottobre. Ha trascorso tutto questo tempo in ospedale? La signora non ce lo dice. Qualcuno suppone che non fosse assicurato. Eppure il rientro della salma sembra che sia stato effettuato da un’assicurazione. La madre di Michele non è inoltre sicura che suo figlio fosse sprovvisto di un’assicurazione sanitaria. Del resto è difficile pensare che abbia trascorso due mesi ricoverato in un ospedale pubblico.
La signora parla genericamente di Santo Domingo. Non ha un indirizzo, un nome di una persona a cui fare riferimento. Eppure ha inviato dei soldi. E quindi nella ricevuta dell’invio questi dati ci dovrebbero essere. Nell’intervallo di tempo tra il suo primo ricovero e il suo decesso a quanto pare non ci sono stati contatti tra la madre e il suo unico figlio.
Di anemia si è parlato nel primo ricovero. Gli è stata riscontrata setticimia in sede di autopsia nella Repubblica Dominicana. Il che significa che aveva una grave malattia in grado di provocare anche delle emorragie interne. Nell’autopsia che gli è stata fatta in Italia si parla di insufficienza cardiaca.
La signora si lamenta che il cadavere del figlio è stato imbottito di giornali e che gli organi sono arrivati in un sacchetto di plastica. Comunque poteva andare peggio. In fondo è riuscita a far fare un’autopsia sulla salma anche in Italia e almeno non risulta che il figlio sia stato avvelenato. Invece altri connazionali sono stati meno fortunati. Hanno ricevuto la salma del loro congiunto imbalsamata. Niente da fare quindi per gli anatomopatologi italiani.
Da come parla l’italiano Michele dopo qualche mese di soggiorno qui non si direbbe che abbia frequentato tanti connazionali. Viveva immerso tra dominicani. Purtroppo ne sappiamo poco. Si trovava a Santo Domingo? Dove? In che ospedale è stato ricoverato? Chi lo ha ospitato? In che ospedale è morto? Il suo referto autoptico è sottoscritto da Sarita Valdez? Troppo poco ci dice la signora. Se con questo vuole sfogare il suo dolore soltanto, allora ha tutta la nostra solidarietà, ma per lei non possiamo fare altro.
Per le cose che appartenevano a suo figlio, compresi i documenti, bisogna rivolgersi a chi lo ospitava. E un buon inizio per arrivare a queste persone sarebbe proprio quella ragazza che ha ricevuto i 200 euro.
Quando la madre di Michele ci fornirà degli elementi più concreti forse saremo in grado di aiutarla come comunità o come ambasciata, ora ce l’abbiamo ed è abbastanza efficiente. Fino a quel momento le saremo vicini nel dolore e basta.

domenica 20 maggio 2018

Gli USA no gradiscono l’avvicinamento della Repubblica Dominicana alla Cina




Sicuramente l’allacciamento delle relazioni diplomatiche con la Cina rappresenta l’evento più importante dell’anno per la Repubblica Dominicana. Si parla già dell’arrivo di 2 milioni di turisti cinesi all’anno con un apporto di 10 miliardi di dollari all’economia nazionale. Un bel passo avanti verso il traguardo dei 10 milioni di turisti all inclusive che l’italo-dominicano Frank Ranieri vuole raggiungere entro il 2022. Probabilmente ce la farà anche prima.
Tra poco una visita del presidente Danilo Medina alla Cina sancirà l’accordo e verranno istituite le sedi delle rappresentanze diplomatiche in entrambi i paesi, dando inizio a questa proficua relazione.
Da una parte c’è il turismo, che è il “petrolio” della RD, e dall’altra l’interesse della Cina per le risorse minerarie del territorio. E poi si parla anche di investimenti in aziende, soprattutto nella zona di frontiera, in grado di eludere l’aumento dei dazi imposti dagli USA per le esportazioni. Sono anche in vista investimenti ingenti nel settore turistico, altrimenti non ci sarebbe posto per i due milioni di arrivi che si aggiungono a quelli attuali.
Insomma la Cina mette piede nella Rep. Dominicana.
Gli Stati Uniti non hanno gradito la decisione di Danilo Medina. Se ne parla in questi giorni sui giornali. Un diplomatico dell’ambasciata USA, ancora senza ambasciatore ufficiale, ha fatto visita al presidente Medina per comunicargli che gli USA non sono soddisfatti dell’instaurazione di rapporti diplomatici con la Cina. I motivi precisi non sono stati rivelati, ma il diplomatico ha fatto riferimento a una moralità dubbia della Cina nello svolgimento degli affari e nell’erogazione di finanziamenti, allo scarso interesse per la protezione dell’ambiente e al mancato rispetto dei diritti dei lavoratori. La Cina dal canto suo ha reagito prontamente, invitando gli USA a non interferire nei rapporti con i suoi nuovi alleati.
Siamo sicuramente in presenza di una situazione di tensione. Evidentemente gli USA non tollerano che nei Caraibi, il loro orticello privato, si inseriscano altre potenze rivali. La Cina in effetti ha una sua strategia di espansione nei paesi in via di sviluppo soprattutto in quelli che possiedono risorse minerarie e materie prime in generale. È presente dappertutto e partecipa a progetti importanti. Nello scacchiere mondiale e soprattutto in America Latina ha già piazzato le sue pedine, creando disturbo al padrone del continente. Non dimentichiamo che da sempre, secondo la dottrina di Monroe, l’America è per gli americani.
La scelta di Danilo Medina va al di là dei notevoli vantaggi economici che si prospettano con l’allacciamento delle relazioni diplomatiche con la Cina.
In realtà gli USA sono padroni sì del continente, ma impongono solo regole e aiutano poco. Si fanno sentire per combattere l’omofobia, sono interessati alla concessione della cittadinanza dominicana agli haitiani illegali, le loro imprese sfruttano le risorse minerarie e ultimo ma non per importanza sostengono la persecuzione della corruzione politica attraverso le loro ONG. In America Latina i carceri pullulano di politici e addirittura di ex presidenti accusati di corruzione. Gli Stati Uniti non sono estranei a questa caccia ai corrotti. È destabilizzante e quindi conviene. Da loro non esiste la corruzione perché questa è praticamente legalizzata ed esercitata attraverso le lobby.
Ora arriva anche la stagione ciclonica e non è da scartare che la RD sia colpita da un uragano. Che queste forti tempeste vengano create dagli stessi americani come dicono i complottisti o che invece siano dovute al cambiamento climatico non fa quella grande differenza. Sta di fatto che l’anno scorso alle devastazioni degli uragani Irma e Maria non ha fatto seguito un deciso intervento di aiuto degli Stati Uniti nemmeno a favore di Porto Rico che è parte integrante del loro territorio.
La verità è che la RD e gli altri paesi dei Caraibi non si possono attendere niente dagli Stati Uniti.
Ecco allora che un avvicinamento a un’altra potenza appare giustificato. E l’unica potenza in grado di prestarsi a penetrare nel “protettorato USA” è attualmente la Cina.
Tutto bene, ma dobbiamo prendere atto che si è venuta a creare una situazione di tensione.
Dice Leonel Fernandez che la Repubblica Dominicana è un paese sovrano che ha il diritto di definire la sua politica estera.
In teoria ha ragione. In pratica vedremo.

sabato 19 maggio 2018

L’omicidio di Vittorio Giuzzi torna alla ribalta della cronaca bresciana: si presume un omicidio su commissione




Nella cronaca di Brescia de Il Giorno è stato pubblicato ieri un articolo sulla vicenda Giuzzi, il bresciano ucciso verso la fine di gennaio di quest’anno a Batista nei pressi di El Cercado, prov. di San Juan de la Maguana. La fonte delle informazioni a cui si dà molto credito è una conversazione telefonica con un non meno precisato giudice del posto attraverso un amico interprete. Il titolo dell’articolo recita testualmente: “Pensionato bresciano ucciso a Santo Domingo, una congiura per l’eredità. Cinque arresti, tra i sospettati anche la seconda moglie
E già qui ci sono delle evidenti contraddizioni. Innanzitutto, chi sono i legittimi eredi di Vittorio Giuzzi? Aveva tre figli, due dei quali sono venuti qui e si sono portati via le ceneri del padre. Sicuramente all’ex moglie non spetta niente a titolo di eredità, semmai potrebbe sostenere che il fondo è stato acquistato quando era vigente il matrimonio e che quindi la metà le appartiene. Poi ci sono i figli di lei di cui non si parla in quanto abitano in Italia e a quanto pare sono diventati cittadini italiani. Se sono stati riconosciuti dal Giuzzi, come si dice in giro, avrebbero anche loro diritto all’eredità come i suoi veri figli. Quindi l’ex moglie non potrebbe essere la mandante dell’omicidio del Giuzzi per motivi ereditari.
Altro discorso che non quadra è che si sostiene che la moglie e una sua nipote siano state incarcerate e che ora si trovino ai domiciliari. Da queste parti l’arresto domiciliare non esiste. Sicuramente l’ex moglie è stata sentita, non arrestata, e può anche darsi, visto che lei abita in Italia, che le sia stato imposto un divieto di espatrio, il famoso “Impedimento de salida”.
L’ex moglie però è arrivata nella Repubblica Dominicana quasi contemporaneamente ai figli del Giuzzi due giorni dopo la sua morte. Ricordo che i fratelli Giuzzi mi hanno interpellato e mi hanno riferito dell’arrivo di questa signora. Ho consigliato loro di recarsi eventualmente a Batista insieme a lei perché da soli sarebbe stato secondo me troppo rischioso. Non mi hanno risposto e ho capito che tra di loro non correva buon sangue. Li ho comunque messi in contatto con il presidente del Comites Paolo Dussich che come al suo solito gentilmente ha seguito la vicenda e li ha presentati in ambasciata. Grazie alla Cancelleria consolare i Giuzzi sono stati accompagnati a Batista dalla polizia di San Juan.
L’ex moglie quindi era in Italia quando Vittorio Giuzzi è stato ucciso, difficilmente può essere ritenuta complice di questo omicidio in quanto era all’estero. Avrebbe mandato dei soldi al balordo che lo ha ucciso? Molto improbabile. L’avrebbero saputo tutti.
Vivendo in Italia non poteva certamente ambire di essere proprietaria di un fondo situato ai limiti del mondo civile sprovvisto di titolo catastale in un posto dove vige ancora una mentalità precolombiana. Ma allora la signora è venuta a Santo Domingo per seguire da vicino i suoi interessi patrimoniali? A chi non conosce bene il Paese è la prima cosa che gli verrebbe in mente. In realtà è molto più probabile che sia rientrata per partecipare ai funerali del suo ex-marito, un dovere a cui i sanjuaneros non si sottraggono mai.
Abbiamo saputo della morte di Vittorio Giuzzi attraverso una sua nipote le cui dichiarazioni sono state pubblicate su un giornale locale: “Non è possibile che la vita non abbia più valore. Non si può morire di botte per un furto, per invidia, per cattiveria.” Ho chiesto alla signora spiegazioni al riguardo e la risposta è stata la seguente: “Lui era invidiato dalla gente del posto che lo credeva ricco, ma lui è sempre stato semplicemente un gran lavoratore che se li è sudati i suoi campi, dissodandoli con buoi ed aratro i primi anni in cui si era trasferito. Proprio come aveva fatto un tempo da ragazzo nella sua cascina di famiglia. Ed ha anche cercato di insegnare loro a lavorare la terra, ma loro lo prendevano in giro per poi invidiare i frutti del suo sudato lavoro.”
In realtà in queste parole della nipote di Vittorio Giuzzi è racchiusa tutta la storia dell’omicidio del pensionato bresciano compreso anche il movente. Alla base di tutto c’è lo scontro tra due culture completamente diverse. Da una parte la nostra, la cultura del lavoro, della tutela della proprietà privata e dall’altra la cultura precolombiana secondo la quale se tu hai qualcosa, non importa come te la sei procurata, questa appartiene a tutti.
Le prime informazioni rilasciate dalla polizia locale riferivano di un furto di avocado scoperto in flagranti dal Giuzzi. Ne è seguita la reazione del ladro che lo ha barbaramente ucciso. L’omicida è stato arrestato e ha anche confessato.
Da quel momento si sono complicate le cose.
È stata arrestata un’altra persona, è stata implicata l’ex-moglie. Cosa c’è sotto? Beh, non si sa. Comunque teniamo presente che in tutta questa vicenda, tra gli accusati l’unica che ha delle risorse economiche è l’ex-moglie del Giuzzi. Gli altri sono balordi nullatenenti.
Intanto sembrerebbe dal tenore dell’articolo che la polizia si stia dando da fare e che segua una pista ben precisa. E su questo si potrebbero fare delle obiezioni. A tal fine basterebbe guardare la foto del commissariato di Batista, con un solo poliziotto in forza, che quando piove si rifugia nella casa di qualche compaesano, oppure quella non dissimile del commissariato poco distante di la Descubierta.
Il processo non ha avuto ancora inizio. La gente del posto sostiene che le persone che risultano incarcerate, anche il reo confesso, verranno presto messe a piede libero perché manca una parte civile e quindi un avvocato che segua gli interessi della famiglia della vittima. Inoltre la gente di Batista conferma anche che Vittorio Giuzzi aveva un atteggiamento molto protettivo della sua proprietà ed era intollerante ad ogni violazione della stessa e cioè in particolare all’ingresso nel suo fondo di animali delle aziende agricole confinanti, una cosa più che normale da queste parti, e al furto dei frutti delle sue piante. Un sacrosanto diritto, ma bisogna vedere anche dove lo si vuole far valere e da parte di chi.
L’omicidio ha tutta l’aria di avere un movente non premeditato, una reazione violenta a un atteggiamento ritenuto odioso dell’anziano proprietario.
Non dimentichiamo che i fondi sono stati dissodati dal Giuzzi e coltivati senza particolari mezzi meccanici, e senza l’aiuto di nessuno. Viveva da solo nella sua casetta di legno insieme al suo cane. Si dice che esportasse i suoi fagioli. Niente di più probabile a pochi chilometri dalla frontiera. Non aveva un’autovettura. Viveva in povertà secondo un’ottica europea. Amava la sua terra e il suo lavoro. Quella ricchezza del pensionato bresciano a cui si fa riferimento nell’articolo non si vede proprio. Neanche con la più fervida immaginazione si può presumere che si sia in presenza di un omicidio su commissione.
Voleva vendere il suo fondo? Nessuno gliel’avrebbe comprato. Gli isolani sono attendisti. Qualcuno aveva sicuramente posto gli occhi su quella terra. Con i suoi 76 anni il Giuzzi prima o poi sarebbe morto o avrebbe fatto ritorno in Italia. Tutto calcolato. Un fondo privo di titolo catastale in mano a una persona anziana non può avere un grande valore…

venerdì 18 maggio 2018

La droga zombi o burundanga l’ultima trovata dei rapinatori preoccupa i media dominicani e le autorità stanno già adottando misure




Una commissione di alto livello sarà responsabile della determinazione dell'origine e della composizione della sostanza nota come "droga zombi", utilizzata sempre più spesso dai rapinatori nei confronti principalmente delle donne.
Non si sa bene se si tratta di una sostanza o di una miscela di sostanze. Viene conosciuta con diversi nomi: “droga zombi”, “burundanga”, “beso del sueño”, o “aliento del diablo”. A livello locale viene chiamata “polvillo”. È una sostanza che non ha sapore, né colore, né odori riconoscibili, ma che ha la capacità di annullare la volontà della persona sottoposta ai suoi effetti.
Per alcuni si tratta della scopolamina. È comunque una droga che in pochi minuti lascia la persona alla mercé del suo aggressore, in quanto la sua volontà viene totalmente annullata. È come se fosse "ipnotizzata" dal suo aggressore. Questa impotenza fa sì che la vittima consegni i propri beni a chi l’ha drogata. Ci sono casi noti di furti di denaro, gioielli, telefoni cellulari, apparecchiature informatiche, prelievi da conti bancari ecc. Ovviamente viene anche usata per aggressioni sessuali, anche se queste di solito non vengono segnalate. Viene sicuramente utilizzata per commettere omicidi camuffati da suicidi.
Esperienze con questa sostanza in altre nazioni, in Spagna, in Colombia e negli Stati Uniti dimostrano quanto sia pericoloso questo nuovo metodo criminale. Chi subisce gli effetti della droga zombi non mostra alcun comportamento strano. Le vittime a quanto pare non sembrano drogate o assonnate, talché le persone intorno non percepiscono nulla di anormale, ma la loro volontà viene completamente a mancare. La salute e il comportamento delle persone che sono state intossicate da questa sostanza sono permanentemente e seriamente compromessi. Chi ha ingerito questa droga può soffrire di depressione, paranoia, perdita di memoria permanente e problemi emotivi di ogni tipo. Viene somministrata per inalazione o miscelata con alcool o un'altra bevanda. Se somministrata in dosi elevate può provocare la morte

Dovremmo abituarci a prendere delle precauzioni, come ad esempio:
assicurarci che le bevande acquistate siano sempre chiuse;
non accettare bicchieri da estranei o persone appena incontrate;
non lasciare il cibo o le bevande incustoditi;
evitare gruppi di estranei per la strada;
evitare le persone che si avvicinano con la scusa di chiedere un indirizzo o che vogliono farsi leggere il contenuto di un foglio;
evitare conversazioni con estranei nella fila della banca;
non accettare dimostrazioni di profumi;
fare attenzione quando una persona sconosciuta vi scuote un foglio o un fazzoletto davanti;
fare attenzione nei taxi e nei mezzi di trasporto pubblico in generale;
a casa evitare di aprire la porta a persone sconosciute: presunti impiegati pubblici, venditori ambulanti, predicatori religiosi ecc.
L'effetto della sostanza può durare da due a tre ore senza che la persona intossicata perda la conoscenza. Semplicemente ubbidisce a quanto le viene chiesto. Consegna il suo portafoglio e va dove le viene richiesto di andare anche al bancomat o allo sportello della banca.

giovedì 17 maggio 2018

Omicidio della giovane donna nel Malecón: come il più delle volte succede l’assassino si fa passare per vittima



Paese che vai, usanza che trovi. Ricordo diversi anni fa che il custode di un edificio di cui seguivo la costruzione è stato ferito con un colpo di pistola da un ex-militare a seguito di una banale discussione. Ovviamente il custode era disarmato. Il giorno dopo sono andato in ospedale a trovarlo e con mia sorpresa nonostante fosse gravemente ferito aveva un braccio ammanettato allo schienale del letto e all’ingresso della sala dov’era stato ricoverato c’erano dei poliziotti a far la guardia: l’ex militare dopo il fatto si era recato immediatamente al posto di polizia più vicino e aveva presentato una querela supportata dalla scontata testimonianza a suo favore dei suoi vicini e compari. Nulla da fare per questo custode. Riuscì a salvarsi quasi per miracolo e non se ne parlò più.
Il capitano della FAD responsabile della sparatoria di domenica scorsa che ha provocato la morte di una donna  e il ferimento di un uomo non ebbe l’accortezza di presentare subito una querela. Pensava di farla franca evidentemente. Ma non tutte le ciambelle escono con il buco e a seguito di una meticolosa investigazione della polizia basata sulla ricerca balistica e sull’analisi dei filmati delle telecamere di sicurezza della zona è stata possibile la sua identificazione.
La sua versione dei fatti è che pensava di essere vittima di una rapina, sostiene inoltre che la coppia lo derideva dopo avere urtato di striscio la sua autovettura e che non sapeva che i suoi spari verso la Jeep Hyunday dopo la discussione seguita all’urto avessero colpito qualcuno.
Va a finire che bisognerà pure indennizzarlo! Nel frattempo il ministro della difesa ha richiesto la sua rimozione dalla Forza Aerea Dominicana.
Questa è la versione del superstite: una volta fuori dal Casinò si è indirizzato con la sua jeep Hiunday verso il ponte galleggiante e a un certo punto ha visto un’autovettura che lo fiancheggiava alla stessa velocità a distanza molto ravvicinata, verificandosi un urto di striscio. Il capitano della FAD ha abbassato il finestrino e mentre iniziava a discutere ha estratto una pistola e ha cercato di bloccare la strada della jeep, per cui il conducente di questa ha accelerato, mettendosi in fuga, al che hanno fatto seguito gli spari.

Delinquenza sulle strade: sono ora in auge le rapine con la “droga zombie” o “burundanga”





È da diversi giorni che se ne parla nelle prime pagine dei giornali. Si sta diffondendo una nuova modalità di rapina. Ci sono stati casi in tutto il territorio nazionale.
Il numero delle vittime è elevato. Queste vengono drogate e poi derubate di quanto possiedono, le donne vengono talvolta anche stuprate.
La sostanza utilizzata si chiama scopolamina, viene denominata anche “burundanga” o “droga zombie”. Si tratta di una droga di tipo alcaloide tropanico il cui effetto consiste nell’annullare la volontà di chi la ingerisce o assorbe, con conseguente totale sottomissione agli ordini che gli vengono impartiti.
Le denunce sono numerose.  I rapinatori sarebbero stranieri in particolare haitiani e sempre più spesso venezuelani.
Lo stratagemma è semplice, questi stranieri si rivolgono ai passanti, il più delle volte donne, chiedendo delle precisazioni su indirizzi e consegnando loro un pezzo di carta da leggere, che la vittima a tal fine avvicina agli occhi e quindi al naso e alla bocca e tanto basta perché la droga faccia effetto con perdita immediata della capacità di ragionare logicamente, il che viene sfruttato dai delinquenti per dar corso alla rapina.
Recentemente una signora ha dichiarato che salendo su un “concho” (taxi a fermate) nell’avenida 27 de febrero della capitale, una volta all’interno del veicolo si è sentita completamente annullata. Il conducente d’accordo con un’altra persona che simulava essere un passeggero ha utilizzato una sostanza che le ha provocato uno stato confusionale:  “La mano del delinquente mi ha sfiorato il braccio e mi ha portato via la borsa. Poi mi ha ordinato di scendere dal veicolo e ho ubbidito alla lettera senza dire una parola. Ho dimenticato completamente che ero salita su un concho della 27, mi girava la testa ed ero smarrita in una strada che percorro ogni giorno. Mezz’ora dopo mi sono ricordata di tutto… Non avevo più niente, né denaro, né documenti, né cellulare.”
Questo sistema di rapina non è una novità assoluta. È da tempo che si sa che per la strada non bisogna dare confidenza a nessuno. C’è sempre qualcuno che vedendo un gringo, gli porge la mano sorridente, uno sconosciuto...
Sono atteggiamenti che sembrano antipatici, ma che possono evitare delle brutte sorprese.

mercoledì 16 maggio 2018

Omicidio di una giovane donna nel Malecón: è stato arrestato un capitano della FAD (Forza aerea dominicana)






Ho fatto il servizio militare come tanti connazionali e non mi è mai sembrato che dire signorsì dalla mattina alla sera fosse il massimo. Quando sono arrivato nella Rep. Dominicana mi sono accorto che se all’interno di una caserma un militare di solito vale quanto il due di picche, all’esterno invece assume un ruolo di tutto riguardo, che gli viene in genere riconosciuto dalla società. In primo luogo c’è il rispetto che gli deriva dall’arma che porta e in secondo luogo il traffico di influenze che vanta.
Ho sempre pensato che chi possiede un’arma non per questo, date le conseguenze penali che ciò comporta, dovrebbe essere tanto propenso ad usarla alla minima provocazione. Invece ho dovuto ricredermi e questa convinzione per poco non mi porta alla tomba tanti anni fa.
Prima si perpetra l’omicidio, si arriva quindi al fatto compiuto, e poi si sistemano le cose. Nel mio caso io, disarmato, sono stato falsamente accusato di aggressione nei confronti di chi, armato, quasi mi spara, con tanto di (falsi) testimoni, quelli non mancano mai!
Nella ricostruzione della scena dell’omicidio ci sono tante possibilità: le dichiarazioni dei testimoni, la presentazione in giudizio della parte civile ecc. Insomma, c’è tanta strada da fare e con il traffico di influenze spesso si agevola il tutto.
Il capitano Narciso Sánchez Jímenez della FAD è stato arrestato nella giornata di oggi. Dopo una breve discussione per un banale incidente di transito domenica scorsa ha esploso diversi colpi con la sua pistola di ordinanza, uccidendo una donna e ferendo gravemente un uomo.
Gli è stata sequestrata una Glock con 11 capsule. Lo vediamo nella foto.
Quando si parla di questi episodi di cronaca nera, c’è sempre qualcuno che protesta e che sostiene che in Italia le cose stanno peggio. Noi però ci troviamo nella Repubblica Dominicana e dobbiamo sapere quali sono i rischi ai quali andiamo incontro quando ci aggiriamo per le strade del paese che ci ospita. Tanti per propri interessi personali oppure per capriccio non gradiscono che queste notizie vengano divulgate. Il connazionale che arriva dall’Italia non dovrebbe essere consapevole che nella RD si rischia di più che in patria. Si sostiene che in Italia gli africani stuprano le donne e i poliziotti non possono sparare ai delinquenti.
A fare un discorso per sentito dire però non si raggiungono risultati. Ci sono le statistiche ed è a queste che si deve fare riferimento. Secondo le statistiche nella Repubblica Dominicana è 30 volte più probabile finire morti ammazzati che in Italia.
Eppure nel Bel Paese c’è mafia, ndranghetta, camorra, sacra corona unita, albanesi, macedoni, africani ecc.
Se l’Italia sembra un inferno, alla luce di queste statistiche come dovremmo definire la Repubblica Dominicana?
Per quel che riguarda i poliziotti, qui sparano ai delinquenti, ma spesso sono autori loro stessi di rapine.
È infatti una notizia di domenica scorsa che in una sparatoria  nel corso di una rapina a una casa di pegno (compraventa) sono stati feriti due rapinatori incappucciati: appartenevano entrambi alla polizia…
E non è un caso isolato, sia ben chiaro!

martedì 15 maggio 2018

Cronaca nera: la morte è in agguato a ogni angolo di strada, spesso per futili motivi



Gli incidenti stradali sono spesso motivo di discussione e più di qualche volta finiscono con uno o più omicidi. La patente di guida è praticamente un optional e così pure la polizza di assicurazione. C’è inoltre un’ignoranza totale delle più elementari regole di circolazione.
È praticamente impossibile che le parti coinvolte in un incidente trovino un accordo. Uno dei due saggiamente, magari anche a torto, dovrebbe cedere e tirar fuori di tasca immediatamente i soldi per la riparazione del veicolo della controparte oppure fornirgli tutti i suoi dati personali, in modo da tranquillizzarlo . Questo quando si tratta di incidenti non gravi. La notte scorsa due macchine si sono strisciate. Ne è seguita una breve discussione. Uno dei conducenti ha estratto la pistola e ha sparato uccidendo una giovane donna 24enne e ferendo il fidanzato che era alla guida. Una violenza che sorprende, ma che non è infrequente. La vita qui non vale molto. Questo lo si legge spesso nei post pubblicati sui gruppi dei nostri connazionali. Del resto siamo in uno dei paesi con il maggiore indice di omicidi del mondo. Una cosa che non si dovrebbe mai scordare. Anche se c’è qualcuno in giro che sostiene che non c’è nulla di cui preoccuparsi, che anzi in Italia è peggio.
Un banale incidente è costato la vita a una persona. L’omicida la farà franca, di solito è così, e magari tra un po’ di tempo ucciderà qualcun altro. Basta un momento di stizza. Talvolta una discussione su un parcheggio. Quando si gira in macchina si dovrebbe essere consapevoli di questi rischi.
Questo omicidio ha avuto luogo nelle ore notturne nell’Avenida George Washington, il famoso Malecon.  La coppia era appena uscita da un casinò della zona.
Avevano trascorso la giornata in spiaggia a Boca Chica. Una domenica passata bene e finita male.
Un po’ di attenzione non guasta. Meglio rimetterci soldi che la vita. Molti la patente di guida non ce l’hanno, ma la pistola sì e non vedono l’ora di usarla…
Nello stesso giorno un uomo ha ucciso a colpi di pistola un altro a seguito di una discussione per una birra.
Non a caso dei due episodi se ne parla nello stesso articolo. Rifiutare di offrire una birra soprattutto da parte di un gringo può costare la vita, anche se chi la richiede è uno sconosciuto. Basta saperlo…