Ospedale italiano a
Caracas. Molto fumo e poco arrosto. Un ospedale in alto mare che fa parte della
costante campagna politica del MAIE.
A Caracas il 2
febbraio si è firmato soltanto l’atto costitutivo dell’ospedale italiano in
Venezuela.
Duemila persone
erano presenti per celebrare il nulla perché tra il dire e il fare c’è di mezzo
il mare. E c’è voluto l’intervento di un bambino che ha donato 20 dollari per
capire l’antifona. Se vorranno l’ospedale gli italo-venezuelani dovranno
cacciare i soldi dalle loro tasche.
Invece il sottosegretario
agli esteri on. Ricardo Merlo sostiene che: “Questo ospedale è tra le cose più
importanti che il governo ha fatto per gli italiani all’estero”…
Chiamalo ospedale!
Si tratta di due piani nell’umile clinica pediatrica Juan de Dios. In quello spazio
verranno costruite cinque sale chirurgiche. Troppo rumore per niente. La
capacità di intervento sanitario sarà molto modesta se l’opera verrà mai
realizzata.
Non esiste,
infatti, la certezza sui tempi di esecuzione. Il finanziamento delle spese di ristrutturazione,
poi, qualora venisse erogato, dovrà essere rimborsato. Le altre spese compresi
gli strumenti, l’attrezzatura, l’arredamento, le retribuzioni del personale e
gli onorari medici, i servizi urbanistici vari ecc. saranno coperte dalle
fatturazioni ai pazienti e dalle contribuzioni volontarie.
Le cure mediche non
saranno gratuite se non nei casi di pazienti bisognosi.
Dall’umile ospedale
pediatrico Juan de Dios, che l’anno scorso denunciava la mancanza
dell’erogazione di acqua potabile, si pretende un po’ troppo.
Ma per il MAIE
tutto fa brodo. Voti sono voti e le elezioni anticipate sembrano imminenti.
L’apporto degli italo-venezuelani votanti può far la differenza alle prossime
elezioni politiche vista la quasi certa riduzione dei candidati della
circoscrizione sudamericana a tre deputati e un senatore.