Sabato scorso il
presidente Luis Abinader si è rivolto alla nazione per annunciare l'abbandono
della riforma fiscale o legge di modernizzazione fiscale.
Dopo tre
settimane di intenso dibattito in cui sono stati coinvolti tutti i settori, di proteste costanti dei cittadini con ”cacerolazos”
in diverse città del Paese, il presidente ha deciso di rimangiarsi tutto, non
senza elogiare gli ottimi propositi della riforma che la popolazione non
avrebbe saputo apprezzare.
In realtà è molto
probabile che questa legge di modernizzazione non sia farina del suo sacco, ma
che sia stata dettata pari pari dal Fondo monetario Internazionale che anche se
attualmente non finanzia la Repubblica Dominicana, cerca sempre di condizionare
le scelte di politica fiscale nei vari paesi del mondo, puntando su aumenti
delle imposte sui cittadini e tagli della spesa pubblica, che si traducono in
restrizioni che provocano feroci proteste.
È sempre vivo
nella memoria del popolo quanto successo nell’aprile del 1984, quando a seguito
di un debito contratto dal presidente Salvador Jorge Blanco, l’FMI ha dettato e
fece adottare dal governo misure drastiche che portarono a una rivolta popolare
nella quale morirono oltre 200 persone.
Prontamente il
popolo ha protestato anche questa volta e il presidente ha ritirato tutto.
Abinader non ce la fa sempre a seguire gli ordini delle élite: è stato il primo
a ritirare le restrizioni pandemiche, questo per favorire il turismo; ha fatto
retromarcia sull'ideologia gender promossa da Faride Raful, ora ministro degli
interni; si è mosso ambiguamente nella questione haitiana consentendo
l'ingresso nel paese di decine di migliaia di partorienti che gravano da anni
la spesa sanitaria locale e ha ordinato la deportazione settimanale di 10.000 haitiani,
privando i settori edile, turistico e agricolo della necessaria forza lavoro.