Ancora sulla chiusura dell'ambasciata di Santo Domingo, sui
sant'edigini e sul conflitto di interessi in essere alla Farnesina.
Qualche anno fa c'è stato un cambiamento radicale nel modo
di concepire la funzione del Ministero degli Affari Esteri e la sua strategia
nel mondo sia per i rapporti diplomatici che per i servizi consolari ai
cittadini italiani residenti all'estero. All'origine di tutto ci fu un
clamoroso conflitto di interessi verificatosi quando il presidente del
consiglio Mario Monti nominò ai vertici della Farnesina la dirigenza della
Comunità di Sant'Egidio, nota anche come l'ONU di Trastevere: un doppione con
vocazione religiosa del MAE. Chi prima bussava spesso alle porte della
Farnesina per avere un'elemosina, da allora non ne avrebbe più avuto bisogno!
Che Mario Monti non sapesse che con l'insediamento di Andrea
Riccardi come Ministro della Cooperazione Internazionale insieme al suo uomo di
punta Mario Giro si instaurava un clamoroso conflitto di interessi all'interno della
Farnesina, è da escludere a priori.
Mario Monti, il super tecnico, favorì le lobby che gli
stavano a cuore, la finanza internazionale, in primis, e poi altre tra cui
quella dei sant'egidini. Monti fu il primo dei presidenti del consiglio non
eletti. Con lui iniziò la dinastia trasversale e di fatto apartitica che governa
tuttora il paese. Questi premier, Monti, Letta e Renzi, sono un esempio
eclatante di una novità assoluta che si sta diffondendo a macchia d'olio a
livello mondiale: i governi sotto "dettatura". Qualcuno "detta"
e loro eseguono! Non contano più gli interessi della nazione, conta solo la
convergenza verso obiettivi che stanno al di sopra dei governi e che vengono
sostenuti a spada tratta dai media capillarmente controllati dai
"dettatori". Il preludio di un mondo globalizzato? Probabilmente sì.
Da quando i sant'egidini comandano alla Farnesina, si parla
di consoli e vice consoli onorari, di patronati, di corrispondenti consolari e
soprattutto di volontariato. E il bello è che se ne parla seriamente! Sì, perché
di questi tempi a chi può venire in mente che qualcuno sia disposto a lavorare
gratis, sostenendo ingenti spese, per amor di patria e per far risparmiare
qualcosa a una delle maggiori potenze industriali del mondo che spende e spande
senza freni per gli stipendi dei suoi burocrati? Solo ai sant'egidini e
probabilmente ad altri ipocriti ancora che si avvalgono di una retorica
improbabile per raggiungere degli scopi molto terra terra.
Quando il 25 giugno 2014 Mario Giro l'allora sottosegretario
agli esteri presentò la richiesta di chiusura dell'ambasciata di Santo Domingo
al Consiglio dei Ministri presieduto dall'attuale premier Matteo Renzi, questa fu
approvata all'unanimità e a nessuno dei ministri venne in mente, prima di
esprimere il suo voto, di aprire la cartella e di guardare tra i documenti
quelli a supporto di un decreto che avrebbe cambiato i destini di decine di
migliaia di italiani. L'avessero fatto avrebbero constatato che non esisteva
alcun conteggio, alcun esame di fattibilità, alcun confronto con le spese di
altre sedi diplomatiche atto a giustificare la chiusura dell'ambasciata di
Santo Domingo.
Mario Giro è un "soldato" della Comunità di
Sant'Egidio, laureato in lettere, se ne intende, a giudicare da quel che dice e
fa, poco di conti. Parla di "questioni di bilancio", di
"spending review" senza coerenza e non sembra avere una chiara idea
di quello che va dicendo. Quando gli fu fatto notare che l'ambasciata da
chiudere era di dimensioni molto maggiori di quella che le sarebbe subentrata,
cadde dalle nuvole e la sua risposta fu: "Si può anche sbagliare",
aggiungendo che si trattava dell'inizio di una serie di chiusure e che la
chiusura di un'ambasciata piuttosto che un'altra non cambiava nulla.
Il Tar del Lazio ha annullato il decreto di chiusura e anche
il Consiglio di Stato farà altrettanto, questo è poco ma sicuro. I
provvedimenti amministrativi devono sempre essere motivati e non basta una
giustificazione generica. La Farnesina ha peccato con l'occasione di ignoranza,
ma in fondo il vero responsabile, oggi promosso a viceministro, non ne era al
corrente: un sant'edigino ormai avvezzo a operare nel terzo mondo cosa vuoi che
sappia di procedure amministrative e di requisiti per la loro validità? Cose
fatte alla carlona, con pressapochismo ma in buona fede! E qui ci sarebbe anche
da ridire!
Con la chiusura dell'ambasciata di Santo Domingo lo stato
italiano non ha risparmiato niente. Questo lo sappiamo per certo. Il risparmio
come obiettivo è stato solo lo specchietto per le allodole. Tra gli stati che
contano, l'Italia è quello che meno spende per gli affari esteri. Tuttavia i
nostri diplomatici sono quelli che più guadagnano. Ma allora se si chiudono le
ambasciate, si dirà, si risparmia sui diplomatici? Niente affatto! Si chiudono
certe ambasciate, ma se ne aprono delle altre in paesi dove la nostra
rappresentanza diplomatica non c'è mai stata, ad esempio recentemente in
Mongolia, o si introducono novelle funzioni diplomatiche dove non esiste più
un'ambasciata come per esempio da noi qui a Santo Domingo e mi riferisco
all'incaricato di affari, che "costa" quanto un ambasciatore. Alla
Farnesina quindi non solo non sono in grado di abbassare la remunerazione dei
diplomatici, ma non se la sentono nemmeno di lasciarli senza lavoro!
Se il risparmio non c'entra, come si spiega allora la
chiusura dell'ambasciata italiana di Santo Domingo? Le ipotesi sono diverse.
Tanto per anticipare qualcosa, qualcuno ha mai fatto una
ricerca sulla società alla quale è stata affidata l'esternalizzazione dei visti?
A parlare di scatole cinesi non si renderebbe bene l'idea. La trasparenza
lascia alquanto a desiderare, ma ne parleremo ancora...