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mercoledì 31 luglio 2019

Ermanno Filosa, un grande italiano



Quando mi trovavo al suo cospetto, lo salutavo riverente. Lo chiamavo “maestro” e guardandolo fisso negli occhi cercavo di comunicargli tutta la mia sincera ammirazione. Il mio non era però un atteggiamento per lui inconsueto. Era avvezzo a questi complimenti, come del resto anche quando gli si diceva che da giovane era stato più affascinante di Sean Connery o di Alain Delon. Nessuna novità. Guardava nel vuoto e ricordava. Un uomo baciato dalla fortuna, colto di una cultura che ormai sta scomparendo, fatta a base di studi dei classici, del latino e del greco e per di più avvenente come le star di fama mondiale. Ermanno Filosa, un personaggio che abbiamo avuto l'onore di conoscere nella Repubblica Dominicana. Aveva fatto parte della cerchia dei protagonisti della storia italiana del secolo XX. Laureato in legge e in filosofia. Un grande oratore, uno scrittore immenso. Le parole fluiscono nella sua prosa con un’armonia fonica che ricorda la poesia. La semantica è innovativa. I contenuti dei suoi testi sono profondi. Non per niente eravamo tutti in attesa del suo “pezzo”. Mi diceva Giovanni Garibaldi, il direttore del Corriere Caraibi: “Ermanno mi ha promesso un articolo”. Tanto bastava perché attendessimo in ansia questo importantissimo evento. Ed era di parola. Accondiscendeva alle richieste di Giovanni con la generosità che contraddistingue chi ha una profonda ricchezza interiore. Un suo articolo equivaleva a un dipinto con forti pennellate, a una sinfonia di suoni armoniosi, a un’esposizione di sue originali riflessioni per lo più dopo tanti anni ancora valide.
Ermanno Filosa è morto, ma la sua opera è ancora consultabile, il suo stile è piacevole e il suo pensiero è attuale. Scriveva in un suo articolo del 2007:
26.05.07- «Viviamo in un mondo ricco di contraddizioni. A volte non sappiamo chi siamo e verso dove andiamo. Ci sentiamo alla deriva; abbiamo l’impressione che i nostri valori siano incompatibili con il flusso del divenire quotidiano. Ci sentiamo senza meta. Forse smarriti. Eppure dobbiamo tirare avanti, vivere. Per noi stessi, per i nostri cari, per i nostri figli. Non possiamo perdere la fedeltà verso i nostri valori che per decenni ci siamo costruiti; e riflettiamo sulle cose che ci capita di leggere in relazione alle vicende del mondo. Ed è possibile che ci sentiamo confortati, osservando che a volte i nostri tormenti non sono proprio così “solitari “.»