Una consuetudine
inveterata. Nel 2017 c’è stato un altro caso clamoroso. È successo a Santiago a
un dirigente sindacale che organizzava le marce verdi. Casualmente il deposito
della bustina nella sua autovettura da parte di un agente della polizia è stato
ripreso da una videocamera dei dintorni. Si era voluto così colpire le proteste
che comunque sono state un po’alla volta definitivamente sedate. Con questi
metodi non poteva succedere diversamente.
La “semina”
soprattutto di bustine di droga è all’ordine del giorno. “Si tratta del nostro
pane quotidiano”, sostiene il presidente della commissione dei diritti umani
Manuel Mercedes, “non solo le rifilano ai giovani, lo fanno anche nei negozi.
Ai giovani gliele mettono in tasca o semplicemente sostengono di avergliele
trovate “. A quel punto si determina il prezzo della loro libertà che deve
essere corrisposto dai loro familiari. Altrimenti c’è il processo, la fissazione
del termine di carcere preventivo, le spese legali esose e l’immancabile
condanna.
Un vizietto quello
diffuso tra le forze dell’ordine che non si limita solo alle droghe. Abbiamo
visto come sono state trattate le evidenze del caso Walter Vulso, ad es. la
prova della paraffina, unico elemento probatorio sul quale si è basata la
sentenza di condanna del connazionale.
Tornando alla
vicenda dei parrucchieri di Villa Vazquez, si stima che oltre 1000 giovani
siano attualmente reclusi per casi del genere.
“È risaputo che qui
le droghe vengono rifilate per arrestare innocenti, estorcerli, riscuotere pedaggi.
Penso ai numerosi giovani innocenti che sono stati privati della libertà e ai
delinquenti che invece sono liberi.” Lo sostiene Carlos Pimentel, direttore
esecutivo di Participación Ciudadana.
Intanto i
parrucchieri e i clienti di Villa Vazquez hanno presentato querela. Vogliono
che si indaghi a fondo. Gli imputati, tra cui un magistrato rischiano sino a 20
anni di reclusione. Nel frattempo questi sono stati sospesi dal servizio. Sorge
il dubbio se debba no ritenersi attendibili le indagini svolte da colleghi
degli imputati. Sarà vero che “cane non mangia cane”?