Sollecitato dalla
decisione governativa di annullare le ammende ai non vaccinati, Mauro Corona
ricorda gli anni amari della pandemia, dei dpcm di Giuseppe Conte, della
dittatura sanitaria di Roberto Speranza, del «non ti vaccini, ti ammali, muoгі»
di Mario Draghi, delle intemerate dei Burioni boys, del Green pass liberticida.
Per la prima volta ha deciso di parlarne a cuore aperto: «Io mi sono trovato la
vita rovinata col vaccino, la vita rovinata fisicamente. Non sono più stato lo
stesso. Prima avevo 110 di salute, come una laurea con lode, adesso ho 90. E
prima o poi vi spiegherò anche i postumi che mi ha lasciato questo disgraziato
vaccino al quale mi hanno obbligato». E con la schiettezza dell'orso di
montagna fa carta straccia del conformismo dottrinale: «È stato giusto
annullare quelle multe, ci mancherebbe altro. Ti sottoponi a un obbligo
dittatoriale oppure paghi la multa, dicevano. Quella era una mini-dittatura
della salute». «Non è che non mi sembri una cosa giusta togliere
le multe. Mi sembrava una cosa ingiusta infliggerle a suo tempo a coloro che
non volevano farsi il vaccino. Questa era un'imposizione dittatoriale, quindi
chi ha preso la multa fa bene a non pagarla». Corona mette tutti i politici dentro la stessa
fascina: «Hanno intuito la scelleratezza che avevano
combinato. Almeno condonano le multe a coloro che erano «attinti», come dice la
polizia, da questo provvedimento». La posizione di Corona, uomo dal pensiero
svelto e non condizionato da intellettualismi di bottega, è comune a molti
italiani. E l'indignazione politica che la decisione del governo di Giorgia
Meloni ha suscitato nell'opposizione è la conferma plastica della bontà di un
atto semplice, liberale.