È rinchiuso in un
carcere a Cuba da 14 anni, ma si è sempre proclamato innocente. E ora lancia un
appello alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Sono condannato per un
omicidio, ma non ero sull’isola in quel momento e ora ho le prove». A scrivere
alla premier è Simone Pini, fiorentino 56enne detenuto dal 2010 a La Condesa,
come riporta l’edizione locale di La Nazione, condannato a 25 anni per la morte
di una ragazzina insieme ad altri due italiani, in conseguenza di un incontro a
luci rosse, ma sin dal suo arresto, avvenuto il 30 giugno del 2010, lui si è sempre
professato estraneo a quelle accuse infamanti «per un fatto accaduto in una
data in cui mi trovavo a Firenze, in Italia, con la mia famiglia natale».
In verità le
prove del suo soggiorno in Italia alla data del fatto per il quale il Pini è
stato condannato sono tante e sono state però sempre disattesi dalle autorità
cubane. Nei Caraibi può accadere. Ad esempio sul passaporto del connazionale
c'era la data di ingresso a Cuba, il visto turistico, il ticket aere, la carta
d'imbarco, la fattura di pagamento del ticket con carta personale Postepay a
tour operator italiano e il biglietto ferroviario Firenze –Roma.
Visto turistico,
timbro di entrata a Cuba il 25 maggio
e il resto dei documenti citati non sono serviti a nulla. Per le autorità
cubane era tutto falso.
Ultimo ma non per
importanza, una decina di testimoni hanno dichiarato che il connazionale si
trovava presente il 10 maggio 2010 nel luogo dove è successo il fatto.