“Un uomo in età
di leva andato all'estero mostra che non gli importa della sopravvivenza dello
Stato e crede che, mentre qualcuno combatte in prima linea e rischia la vita,
qualcun altro riceve i servizi di quello Stato, ma non è così che funziona:
essere all'estero non solleva i cittadini dai suoi doveri verso la patria”.
Così il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba nella annunciare la decisione del
congelamento dei servizi consolari e rinnovo dei passaporti per gli ucraini
residenti all'estero in età da combattimento (dai 18 ai 60 anni). Oggi, nel
terzo anno di guerra, Kiev, che deve frenare la pericolosa avanzata di Mosca
che macina chilometri di fronte, sfruttando mancanza di munizionamento e man power
degli avversari, fa ricorso a un divieto per molti controverso per far
rientrare i suoi cittadini residenti all'estero. Ne teme le conseguenze anche
la sezione Ucraina del gruppo Helsinki per i diritti umani: chi non vorrà
tornare non tornerà, ma sarà costretto a presentare domanda come rifugiato
oppure a entrare in una clandestinità di fatto per la perdita dello status
legale. Finora ci sono solo frustrazione e caos nei pressi dei servizi
consolari, poca chiarezza su come si procederà. Non è chiaro cosa accadrà a chi
non rinnoverà i documenti entro il 18 maggio, la data in cui entrerà in vigore
la nuova legge sulla mobilitazione firmata da Zelensky. Secondo una delle
ultime statistiche Eurostar, da quando è scoppiata la guerra dai 600.000 agli
850.000 ucraini sono scappati dal paese a causa dei combattimenti.