Classe 1964, avrebbe compiuto 54 anni il 30 del corrente mese. Nato a
Castellamare di Stabbia, maturità classica. Si è dedicato alla gastronomia.
È arrivato a Boca Chica nell’ottobre del 2013. Anteriormente per alcuni
anni aveva soggiornato a Itanhaém nello stato di San Paolo
(Brasile).
A Boca Chica si è affermato in poco
tempo.
Partendo da un negozio piccolissimo
di 5m2 per 2 dal nome “Gennaro Comida” si era esteso a tutta la “plaza”,
prendendo in affitto dall’unico proprietario i piccoli locali e convertendo lo sgabuzzino
iniziale nel Ristorante Agua y Sal.
Il segreto del suo successo: la
pasta fresca.
Le volte che ci sono passato ho
trovato il locale sempre pieno. Era sulla frequentatissima calle Duarte di Boca
Chica che di notte diventa pedonale. Aveva molti tavoli anche lungo la strada.
Tanta gente si fermava a bere qualcosa nel tipico bancone.
Era divorziato, aveva una figlia italiana
Terry.
Nonostante la sua attività
evidenziasse un grande volume di vendita, le cose non procedevano tanto bene
per lui dal punto di vista economico.
Da circa un anno aveva perso il
ristorante e subiva ancora le ripercussioni legali del fallimento mentre
sognava nuove opportunità.
Un suo
amico mi ha riferito che due settimana fa lo aveva contattato per trovare un
volo economico perché voleva rientrare per un periodo in Italia. Poi non aveva
saputo più nulla di lui. Un altro amico ristoratore si era imbattuto con lui
due o tre giorni fa in un supermercato. È morto all’improvviso, soffriva già di
cuore. Una trombosi lo ha stroncato.
Decisamente
la Repubblica Dominicana non porta bene ai ristoratori.
Un’attività
stressante. La morte di Gennaro Di Meo si aggiunge a tutta una serie di decessi
di ristoratori che si sono verificati da un anno a questa parte. Alcuni hanno
perso la vita a seguito di incidenti stradali, c’è stato qualche suicidio
quanto meno dubbio, qualche decesso per cause naturale e c’è anche chi è morto
in un incidente sul lavoro a conseguenza delle bruciature di terzo grado subite
nel corso della sua attività di cuoco.
Tanto sacrificio. Ci vuole passione se no non si può
fare. Molto stress e molta pressione.
L’altro giorno mi sono trovato con un connazionale
che era felice di aver abbandonato la gastronomia una decina di anni fa. Ma per
uno che molla ci sono tanti che ci vorrebbero provare. E ogni giorno che passa
lo stress aumenta e non solo perché di per sé quella del ristoratore è un’attività
stressante, ora bisogna aggiungerci anche la gestione contabile e fiscale che diventa
sempre più complessa…