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venerdì 1 giugno 2018

Non siamo immuni dalle retate di Migración. Ecco alcuni casi capitati a dei nostri connazionali



In attesa di avere delle testimonianze dirette dei respingimenti agli aeroporti per estensione dei periodi di soggiorno superiori a 60 giorni nei viaggi precedenti, raccogliamo le dichiarazioni di due connazionali che sono stati vittime di retate sul territorio.
Se ne parla spesso sui giornali dominicani e si pensa sempre ai soliti haitiani. La stampa raramente ne specifica le nazionalità dei detenuti. Possono venire in mente oltre agli haitiani, i venezuelani in particolare e ad esempio i colombiani, benché spesso si citino anche i cinesi. Nelle retate non ricordo che si sia mai parlato di italiani.
Comunque verso la fine di aprile a Villa Gonzales vicino a Santiago sono stati detenuti diversi cittadini tedeschi che avevano superato i termini di soggiorno consentiti dalla legge. Si trovavano nella RD per partecipare come volontari a istituzioni di servizi per opere di assistenza e promozione.
Cosa capita ai detenuti ce lo dice il connazionale Simone: “A me è successo lo stesso un anno fa a Cabarete. Sono stato detenuto da Migración. Abbiamo passato due giorni interminabili prima a Puerto Plata e poi buttati in una cella a Haina senza giubbotti né coperte. Un’esperienza che non auguro a nessuno: questa gente abusa del flusso turistico e dei residenti con difficoltà nell’avviare le pratiche di residenza, pensando di poterli trattare come delinquenti o animali. Vi garantisco che per quanto forte e calmo mi sia mantenuto da quel momento ho capito che la mia esperienza in Repubblica Dominicana avrebbe avuto una scadenza certa. Queste forze dell’ordine sono le peggiori che abbia mai conosciuto.” Per sapere di più sul Vacacional de Haina vedi qui.
Simone si trovava a Cabarete, una zona dove le leggi migratorie vengono applicate più rigorosamente, aveva il visto scaduto, era in possesso dei suoi documenti ed è finito a Haina, certo un bruttissimo posto.
Aurora, una giovane donna, invece era nel Distrito Nacional all’incrocio della Churchill con la 27 de febrero. Era in procinto di salire su un “concho” un tassì a fermate. Un uomo le si è avvicinato, chiedendole i documenti. Lei non gli ha voluto mostrare subito le fotocopie del suo documento che non aveva in originale, dubitava dell’autorità di chi gliele richiedeva, ma poi vedendo altri 4 uomini che le si avvicinavano e accorgendosi della presenza del camion di Migración ha cercato di esibire velocemente le fotocopie del suo passaporto, ma ormai la decisione era stata presa dal funzionario, del resto ci vuole l’originale, e il suo trasporto forzato nel camion è stato inevitabile nonostante la sua inutile resistenza.
Il camion o meglio come dicono qui la “camiona”, quando si tratta del mezzo di trasporto di haitiani in deportazione, si trovava da diverse settimane nell’area della Churchill. C’era un passaparola tra venezuelani su Whatsapp.
La ragazza italiana non poteva saperlo e non poteva nemmeno immaginare che con il suo abbigliamento e atteggiamento, oltreché per le sue caratteristiche etniche, sembrava non solo straniera, ma addirittura venezuelana (indossava un berretto di baseball), il che non poteva sfuggire al funzionario. Questi hanno l’occhio allenato, individuano subito gli stranieri. Lo dico sempre se ne accorgono non solo dal colore della pelle, ma da tantissime altre cose, in fondo si tratta del loro lavoro. In questo caso erano alla ricerca di venezuelani il che non era un segreto per nessuno e la nostra connazionale rientrava pienamente nelle caratteristiche di questi stranieri. La ragazza ha commesso diversi errori e alla fine di questa sua esperienza ha voluto dare alcuni consigli ai connazionali:
1)    Non discutere con militari e polizia (tutto inutile)
2)    Uscire sempre con un documento di identificazione valido e originale
3)    Mantenere la calma e non lasciarsi intimidire
4)    Conoscere le leggi del paese in quanto al quotidiano soprattutto
5)    Riconoscere le uniformi di agenti del governo
6)    Conservare il passaporto in un posto dove sempre una seconda persona possa accedere a prenderlo in questi casi.
Aurora è stata aiutata in tempo reale grazie allo smart phone da una sua amica che si è messa all’inseguimento della “camiona” con il suo passaporto originale e da niente meno che Diana Spedicato e suo marito Jose. Con amici così sei sempre a posto!
Dobbiamo concludere che non siamo immuni dalle retate! Occhio perché finire a Haina non è il meglio che possa capitare. Vale la pena di seguire i consigli di Aurora dei quali le siamo grati!