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sabato 26 maggio 2018

L’ex presidente panamense Ricardo Martinelli oriundo di Lucca in carcere a Miami si lamenta: “Ho sempre fatto gli interessi degli USA!”



Il pragmatismo americano non premia gli alleati. Guarda avanti pensa solo ai suoi obiettivi. Gratitudine, considerazione, rispetto? Sono banalità che ostacolano talvolta il raggiungimento di risultati. E oggi un nostro connazionale dichiara amareggiato: “Sono sempre stato dalla parte degli Stati Uniti!” Eppure si trova da mesi in carcere a Miami in attesa dell’esito di una richiesta di estradizione proveniente dal Panama. Niente di strano in America Latina. Di ex presidenti e politici ai vertici sono pieni i carceri. Comunque c’è chi “se lo merita” come Lula, che ha promosso iniziative economiche non confacenti con gli interessi degli Stati Uniti e c’è invece chi potrebbe aspirare a un altro trattamento come l’oriundo lucchese Ricardo Martinelli.
Ma per gli USA amici o nemici non fa differenza. Quando sarà il momento e con l’accusa di spionaggio politico, avrebbe intercettato delle telefonate di rivali politici senza essere autorizzato, dovrà ritornare al suo paese per testimoniare. Un motivo che non rientra nemmeno nel trattato di estradizione tra gli USA e il Panama che risale al 1905. Ma è così che il pragmatismo USA premia gli “amici”. E questo non è passato inosservato tra i leader degli altri paesi del continente americano e la dimostrazione di ciò è un graduale avvicinamento alle potenze concorrenti, in primis la Cina.
“Sono sempre stato al 100% dalla parte degli Stati Uniti. Ho sempre votato a favore di Israele, il suo principale alleato, tanto da essere dichiarato persona non grata da Hezbollah”, sostiene il connazionale e si sofferma ancora su tutto quanto ha fatto per essere sempre dalla parte degli USA ogni qualvolta gli veniva chiesto un intervento a tal fine.
Durante un pranzo a Lagley, sede della Cia, gli è stato detto che avrebbe potuto recarsi in qualsiasi momento negli USA qualora avesse avuto bisogno di proteggersi da Varela, l’attuale presidente del Panama. “Avevo l’impressione di poter fare affidamento sulle promesse dei funzionari americani. Sbagliavo!” Questa è la conclusione alla quale l’oriundo lucchese è giunto. “Ben ti sta”, sarebbe da dirgli, “perché non sei partito subito per l’Italia?”.
Comunque ormai i giochi sono fatti. Peccato che il fatto di avere un passaporto italiano che gli avrebbe consentito la massima tranquillità a Lucca e dintorni tra gente che gli vuole bene, sia invece uno dei principali motivi che lo trattengono in carcere. Esiste un evidente pericolo di fuga. Del resto il nostro connazionale possiede anche un aereo privato…