Il pragmatismo americano non premia gli alleati.
Guarda avanti pensa solo ai suoi obiettivi. Gratitudine, considerazione,
rispetto? Sono banalità che ostacolano talvolta il raggiungimento di risultati.
E oggi un nostro connazionale dichiara amareggiato: “Sono sempre stato dalla
parte degli Stati Uniti!” Eppure si trova da mesi in carcere a Miami in attesa
dell’esito di una richiesta di estradizione proveniente dal Panama. Niente di
strano in America Latina. Di ex presidenti e politici ai vertici sono pieni i
carceri. Comunque c’è chi “se lo merita” come Lula, che ha promosso iniziative
economiche non confacenti con gli interessi degli Stati Uniti e c’è invece chi
potrebbe aspirare a un altro trattamento come l’oriundo lucchese Ricardo
Martinelli.
Ma per gli USA amici o nemici non fa differenza.
Quando sarà il momento e con l’accusa di spionaggio politico, avrebbe
intercettato delle telefonate di rivali politici senza essere autorizzato,
dovrà ritornare al suo paese per testimoniare. Un motivo che non rientra
nemmeno nel trattato di estradizione tra gli USA e il Panama che risale al
1905. Ma è così che il pragmatismo USA premia gli “amici”. E questo non è
passato inosservato tra i leader degli altri paesi del continente americano e
la dimostrazione di ciò è un graduale avvicinamento alle potenze concorrenti,
in primis la Cina.
“Sono sempre stato al 100% dalla parte degli Stati
Uniti. Ho sempre votato a favore di Israele, il suo principale alleato, tanto
da essere dichiarato persona non grata da Hezbollah”, sostiene il connazionale
e si sofferma ancora su tutto quanto ha fatto per essere sempre dalla parte
degli USA ogni qualvolta gli veniva chiesto un intervento a tal fine.
Durante un pranzo a Lagley, sede della Cia, gli è
stato detto che avrebbe potuto recarsi in qualsiasi momento negli USA qualora
avesse avuto bisogno di proteggersi da Varela, l’attuale presidente del Panama.
“Avevo l’impressione di poter fare affidamento sulle promesse dei funzionari
americani. Sbagliavo!” Questa è la conclusione alla quale l’oriundo lucchese è
giunto. “Ben ti sta”, sarebbe da dirgli, “perché non sei partito subito per
l’Italia?”.
Comunque ormai i giochi sono fatti. Peccato che il
fatto di avere un passaporto italiano che gli avrebbe consentito la massima
tranquillità a Lucca e dintorni tra gente che gli vuole bene, sia invece uno
dei principali motivi che lo trattengono in carcere. Esiste un evidente
pericolo di fuga. Del resto il nostro connazionale possiede anche un aereo
privato…