Una madre vuole sapere. Suo figlio è morto in un
ospedale dominicano. Si tratta di Michele Minghelli Vaini. Era ammalato da ottobre. Siamo nel 2016. Eppure era giunto a settembre nel paese sano. Un 38enne, un giovane insomma, oggi a quell’età si è ancora dei
ragazzi. Era di Parma. Si era diplomato come cuoco in un Istituto Tecnico
Alberghiero di Parma. Conosceva bene la sua professione e il lavoro non gli
mancava. Si era preso delle meritate ferie dopo un’intensa stagione estiva in
Riviera. Un bravo ragazzo, sostiene la madre. Era già stato nella Repubblica
Dominicana quattro anni prima ed era rimasto contento. È per questo che aveva
deciso di ritornarci. È arrivato a settembre. A ottobre si è sentito male. Lo
hanno ricoverato per anemia cronica. Ha riferito alla madre che probabilmente
aveva bisogno di trasfusioni. Il 20 dicembre si è fatto sentire ancora una
volta. Quindi si deve pensare che i rapporti con sua madre fossero molto
sporadici nonostante la lontananza e la presenza di una malattia. La madre ha
registrato la telefonata. Si sente che faceva fatica a parlare. Aveva infatti
acqua nei polmoni, indossava la maschera di ossigeno. Aveva le gambe gonfie. Stentava
anche con il suo italiano ormai, dopo così poco tempo, troppo inquinato di
spagnolismi. Aveva deciso di rivolgersi all’ambasciata. Non si capisce perché.
Non aveva forse i soldi per tornare in Italia? Comunque al tempo eravamo senza
ambasciata. Dipendevamo da Panama. Probabilmente sono riusciti a mettersi in
contatto con il console onorario Dina. Qualcuno parla di Spadavecchia, ma il
diplomatico si occupava di relazioni commerciali e non di pratiche consolari.
Dina comunque non sembra che si sia messo in contatto con Michele.
Premettiamo che Michele aveva finito
la stagione estiva prima di venire a Santo Domingo. Si suppone che avesse
risparmiato qualcosa. A dicembre pensando di tornare in Italia si rivolge a
un’ambasciata che al tempo non c’era e chiede a sua madre soldi per mangiare.
La madre gli manda 200 euro. A ritirarli è una ragazza. Questo il giorno prima
del suo decesso. Quindi in poco tempo aveva speso tutti i suoi risparmi. Non
era in grado di rientrare in Italia, non si sa se per motivi di salute o per
problemi economici. Le avvisaglie della malattia e il primo ricovero risalgono
a ottobre. Ha trascorso tutto questo tempo in ospedale? La signora non ce lo
dice. Qualcuno suppone che non fosse assicurato. Eppure il rientro della salma
sembra che sia stato effettuato da un’assicurazione. La madre di Michele non è
inoltre sicura che suo figlio fosse sprovvisto di un’assicurazione sanitaria.
Del resto è difficile pensare che abbia trascorso due mesi ricoverato in un
ospedale pubblico.
La signora parla genericamente di Santo Domingo. Non
ha un indirizzo, un nome di una persona a cui fare riferimento. Eppure ha
inviato dei soldi. E quindi nella ricevuta dell’invio questi dati ci dovrebbero
essere. Nell’intervallo di tempo tra il suo primo ricovero e il suo decesso a
quanto pare non ci sono stati contatti tra la madre e il suo unico figlio.
Di anemia si è parlato nel primo ricovero. Gli è
stata riscontrata setticimia in sede di autopsia nella Repubblica Dominicana. Il
che significa che aveva una grave malattia in grado di provocare anche delle
emorragie interne. Nell’autopsia che gli è stata fatta in Italia si parla di
insufficienza cardiaca.
La signora si lamenta che il cadavere del figlio è
stato imbottito di giornali e che gli organi sono arrivati in un sacchetto di
plastica. Comunque poteva andare peggio. In fondo è riuscita a far fare
un’autopsia sulla salma anche in Italia e almeno non risulta che il figlio sia stato
avvelenato. Invece altri connazionali sono stati meno fortunati. Hanno ricevuto
la salma del loro congiunto imbalsamata. Niente da fare quindi per gli anatomopatologi
italiani.
Da come parla l’italiano Michele dopo qualche mese
di soggiorno qui non si direbbe che abbia frequentato tanti connazionali.
Viveva immerso tra dominicani. Purtroppo ne sappiamo poco. Si trovava a Santo
Domingo? Dove? In che ospedale è stato ricoverato? Chi lo ha ospitato? In che
ospedale è morto? Il suo referto autoptico è sottoscritto da Sarita Valdez?
Troppo poco ci dice la signora. Se con questo vuole sfogare il suo dolore
soltanto, allora ha tutta la nostra solidarietà, ma per lei non possiamo fare
altro.
Per le cose che appartenevano a suo figlio, compresi
i documenti, bisogna rivolgersi a chi lo ospitava. E un buon inizio per
arrivare a queste persone sarebbe proprio quella ragazza che ha ricevuto i 200
euro.
Quando la madre di Michele ci fornirà degli elementi
più concreti forse saremo in grado di aiutarla come comunità o come ambasciata,
ora ce l’abbiamo ed è abbastanza efficiente. Fino a quel momento le saremo vicini nel dolore e basta.