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sabato 19 maggio 2018

L’omicidio di Vittorio Giuzzi torna alla ribalta della cronaca bresciana: si presume un omicidio su commissione




Nella cronaca di Brescia de Il Giorno è stato pubblicato ieri un articolo sulla vicenda Giuzzi, il bresciano ucciso verso la fine di gennaio di quest’anno a Batista nei pressi di El Cercado, prov. di San Juan de la Maguana. La fonte delle informazioni a cui si dà molto credito è una conversazione telefonica con un non meno precisato giudice del posto attraverso un amico interprete. Il titolo dell’articolo recita testualmente: “Pensionato bresciano ucciso a Santo Domingo, una congiura per l’eredità. Cinque arresti, tra i sospettati anche la seconda moglie
E già qui ci sono delle evidenti contraddizioni. Innanzitutto, chi sono i legittimi eredi di Vittorio Giuzzi? Aveva tre figli, due dei quali sono venuti qui e si sono portati via le ceneri del padre. Sicuramente all’ex moglie non spetta niente a titolo di eredità, semmai potrebbe sostenere che il fondo è stato acquistato quando era vigente il matrimonio e che quindi la metà le appartiene. Poi ci sono i figli di lei di cui non si parla in quanto abitano in Italia e a quanto pare sono diventati cittadini italiani. Se sono stati riconosciuti dal Giuzzi, come si dice in giro, avrebbero anche loro diritto all’eredità come i suoi veri figli. Quindi l’ex moglie non potrebbe essere la mandante dell’omicidio del Giuzzi per motivi ereditari.
Altro discorso che non quadra è che si sostiene che la moglie e una sua nipote siano state incarcerate e che ora si trovino ai domiciliari. Da queste parti l’arresto domiciliare non esiste. Sicuramente l’ex moglie è stata sentita, non arrestata, e può anche darsi, visto che lei abita in Italia, che le sia stato imposto un divieto di espatrio, il famoso “Impedimento de salida”.
L’ex moglie però è arrivata nella Repubblica Dominicana quasi contemporaneamente ai figli del Giuzzi due giorni dopo la sua morte. Ricordo che i fratelli Giuzzi mi hanno interpellato e mi hanno riferito dell’arrivo di questa signora. Ho consigliato loro di recarsi eventualmente a Batista insieme a lei perché da soli sarebbe stato secondo me troppo rischioso. Non mi hanno risposto e ho capito che tra di loro non correva buon sangue. Li ho comunque messi in contatto con il presidente del Comites Paolo Dussich che come al suo solito gentilmente ha seguito la vicenda e li ha presentati in ambasciata. Grazie alla Cancelleria consolare i Giuzzi sono stati accompagnati a Batista dalla polizia di San Juan.
L’ex moglie quindi era in Italia quando Vittorio Giuzzi è stato ucciso, difficilmente può essere ritenuta complice di questo omicidio in quanto era all’estero. Avrebbe mandato dei soldi al balordo che lo ha ucciso? Molto improbabile. L’avrebbero saputo tutti.
Vivendo in Italia non poteva certamente ambire di essere proprietaria di un fondo situato ai limiti del mondo civile sprovvisto di titolo catastale in un posto dove vige ancora una mentalità precolombiana. Ma allora la signora è venuta a Santo Domingo per seguire da vicino i suoi interessi patrimoniali? A chi non conosce bene il Paese è la prima cosa che gli verrebbe in mente. In realtà è molto più probabile che sia rientrata per partecipare ai funerali del suo ex-marito, un dovere a cui i sanjuaneros non si sottraggono mai.
Abbiamo saputo della morte di Vittorio Giuzzi attraverso una sua nipote le cui dichiarazioni sono state pubblicate su un giornale locale: “Non è possibile che la vita non abbia più valore. Non si può morire di botte per un furto, per invidia, per cattiveria.” Ho chiesto alla signora spiegazioni al riguardo e la risposta è stata la seguente: “Lui era invidiato dalla gente del posto che lo credeva ricco, ma lui è sempre stato semplicemente un gran lavoratore che se li è sudati i suoi campi, dissodandoli con buoi ed aratro i primi anni in cui si era trasferito. Proprio come aveva fatto un tempo da ragazzo nella sua cascina di famiglia. Ed ha anche cercato di insegnare loro a lavorare la terra, ma loro lo prendevano in giro per poi invidiare i frutti del suo sudato lavoro.”
In realtà in queste parole della nipote di Vittorio Giuzzi è racchiusa tutta la storia dell’omicidio del pensionato bresciano compreso anche il movente. Alla base di tutto c’è lo scontro tra due culture completamente diverse. Da una parte la nostra, la cultura del lavoro, della tutela della proprietà privata e dall’altra la cultura precolombiana secondo la quale se tu hai qualcosa, non importa come te la sei procurata, questa appartiene a tutti.
Le prime informazioni rilasciate dalla polizia locale riferivano di un furto di avocado scoperto in flagranti dal Giuzzi. Ne è seguita la reazione del ladro che lo ha barbaramente ucciso. L’omicida è stato arrestato e ha anche confessato.
Da quel momento si sono complicate le cose.
È stata arrestata un’altra persona, è stata implicata l’ex-moglie. Cosa c’è sotto? Beh, non si sa. Comunque teniamo presente che in tutta questa vicenda, tra gli accusati l’unica che ha delle risorse economiche è l’ex-moglie del Giuzzi. Gli altri sono balordi nullatenenti.
Intanto sembrerebbe dal tenore dell’articolo che la polizia si stia dando da fare e che segua una pista ben precisa. E su questo si potrebbero fare delle obiezioni. A tal fine basterebbe guardare la foto del commissariato di Batista, con un solo poliziotto in forza, che quando piove si rifugia nella casa di qualche compaesano, oppure quella non dissimile del commissariato poco distante di la Descubierta.
Il processo non ha avuto ancora inizio. La gente del posto sostiene che le persone che risultano incarcerate, anche il reo confesso, verranno presto messe a piede libero perché manca una parte civile e quindi un avvocato che segua gli interessi della famiglia della vittima. Inoltre la gente di Batista conferma anche che Vittorio Giuzzi aveva un atteggiamento molto protettivo della sua proprietà ed era intollerante ad ogni violazione della stessa e cioè in particolare all’ingresso nel suo fondo di animali delle aziende agricole confinanti, una cosa più che normale da queste parti, e al furto dei frutti delle sue piante. Un sacrosanto diritto, ma bisogna vedere anche dove lo si vuole far valere e da parte di chi.
L’omicidio ha tutta l’aria di avere un movente non premeditato, una reazione violenta a un atteggiamento ritenuto odioso dell’anziano proprietario.
Non dimentichiamo che i fondi sono stati dissodati dal Giuzzi e coltivati senza particolari mezzi meccanici, e senza l’aiuto di nessuno. Viveva da solo nella sua casetta di legno insieme al suo cane. Si dice che esportasse i suoi fagioli. Niente di più probabile a pochi chilometri dalla frontiera. Non aveva un’autovettura. Viveva in povertà secondo un’ottica europea. Amava la sua terra e il suo lavoro. Quella ricchezza del pensionato bresciano a cui si fa riferimento nell’articolo non si vede proprio. Neanche con la più fervida immaginazione si può presumere che si sia in presenza di un omicidio su commissione.
Voleva vendere il suo fondo? Nessuno gliel’avrebbe comprato. Gli isolani sono attendisti. Qualcuno aveva sicuramente posto gli occhi su quella terra. Con i suoi 76 anni il Giuzzi prima o poi sarebbe morto o avrebbe fatto ritorno in Italia. Tutto calcolato. Un fondo privo di titolo catastale in mano a una persona anziana non può avere un grande valore…