Nella cronaca di Brescia de Il Giorno è stato
pubblicato ieri un articolo sulla vicenda Giuzzi, il bresciano ucciso verso la
fine di gennaio di quest’anno a Batista nei pressi di El Cercado, prov. di San
Juan de la Maguana. La fonte delle informazioni a cui si dà molto credito è una
conversazione telefonica con un non meno precisato giudice del posto attraverso
un amico interprete. Il titolo dell’articolo recita testualmente: “Pensionato bresciano ucciso a Santo
Domingo, una congiura per l’eredità. Cinque arresti, tra i sospettati anche la
seconda moglie”
E già qui ci sono delle evidenti contraddizioni.
Innanzitutto, chi sono i legittimi eredi di Vittorio Giuzzi? Aveva tre figli,
due dei quali sono venuti qui e si sono portati via le ceneri del padre.
Sicuramente all’ex moglie non spetta niente a titolo di eredità, semmai potrebbe
sostenere che il fondo è stato acquistato quando era vigente il matrimonio e
che quindi la metà le appartiene. Poi ci sono i figli di lei di cui non si
parla in quanto abitano in Italia e a quanto pare sono diventati cittadini
italiani. Se sono stati riconosciuti dal Giuzzi, come si dice in giro,
avrebbero anche loro diritto all’eredità come i suoi veri figli. Quindi l’ex
moglie non potrebbe essere la mandante dell’omicidio del Giuzzi per motivi
ereditari.
Altro discorso che non quadra è che si sostiene che
la moglie e una sua nipote siano state incarcerate e che ora si trovino ai
domiciliari. Da queste parti l’arresto domiciliare non esiste. Sicuramente l’ex
moglie è stata sentita, non arrestata, e può anche darsi, visto che lei abita
in Italia, che le sia stato imposto un divieto di espatrio, il famoso
“Impedimento de salida”.
L’ex moglie però è arrivata nella Repubblica
Dominicana quasi contemporaneamente ai figli del Giuzzi due giorni dopo la sua
morte. Ricordo che i fratelli Giuzzi mi hanno interpellato e mi hanno riferito
dell’arrivo di questa signora. Ho consigliato loro di recarsi eventualmente a
Batista insieme a lei perché da soli sarebbe stato secondo me troppo rischioso.
Non mi hanno risposto e ho capito che tra di loro non correva buon sangue. Li
ho comunque messi in contatto con il presidente del Comites Paolo Dussich che come
al suo solito gentilmente ha seguito la vicenda e li ha presentati in
ambasciata. Grazie alla Cancelleria consolare i Giuzzi sono stati accompagnati
a Batista dalla polizia di San Juan.
L’ex moglie quindi era in Italia quando Vittorio Giuzzi
è stato ucciso, difficilmente può essere ritenuta complice di questo omicidio
in quanto era all’estero. Avrebbe mandato dei soldi al balordo che lo ha
ucciso? Molto improbabile. L’avrebbero saputo tutti.
Vivendo in Italia non poteva certamente ambire di
essere proprietaria di un fondo situato ai limiti del mondo civile sprovvisto
di titolo catastale in un posto dove vige ancora una mentalità precolombiana.
Ma allora la signora è venuta a Santo Domingo per seguire da vicino i suoi
interessi patrimoniali? A chi non conosce bene il Paese è la prima cosa che gli
verrebbe in mente. In realtà è molto più probabile che sia rientrata per
partecipare ai funerali del suo ex-marito, un dovere a cui i sanjuaneros non si
sottraggono mai.
Abbiamo saputo della morte di Vittorio Giuzzi
attraverso una sua nipote le cui dichiarazioni sono state pubblicate su un
giornale locale: “Non è possibile che la vita non abbia più valore. Non si può
morire di botte per un furto, per invidia, per cattiveria.” Ho chiesto alla
signora spiegazioni al riguardo e la risposta è stata la seguente: “Lui era
invidiato dalla gente del posto che lo credeva ricco, ma lui è sempre stato
semplicemente un gran lavoratore che se li è sudati i suoi campi, dissodandoli
con buoi ed aratro i primi anni in cui si era trasferito. Proprio come aveva
fatto un tempo da ragazzo nella sua cascina di famiglia. Ed ha anche cercato di
insegnare loro a lavorare la terra, ma loro lo prendevano in giro per poi
invidiare i frutti del suo sudato lavoro.”
In realtà in queste parole della nipote di Vittorio Giuzzi è racchiusa tutta la storia dell’omicidio del pensionato bresciano compreso
anche il movente. Alla base di tutto c’è lo scontro tra due culture
completamente diverse. Da una parte la nostra, la cultura del lavoro, della tutela
della proprietà privata e dall’altra la cultura precolombiana secondo la quale
se tu hai qualcosa, non importa come te la sei procurata, questa appartiene a
tutti.
Le prime informazioni rilasciate dalla polizia
locale riferivano di un furto di avocado scoperto in flagranti dal Giuzzi. Ne è
seguita la reazione del ladro che lo ha barbaramente ucciso. L’omicida è stato
arrestato e ha anche confessato.
Da quel momento si sono complicate le cose.
È stata arrestata un’altra persona, è stata
implicata l’ex-moglie. Cosa c’è sotto? Beh, non si sa. Comunque teniamo
presente che in tutta questa vicenda, tra gli accusati l’unica che ha delle risorse
economiche è l’ex-moglie del Giuzzi. Gli altri sono balordi nullatenenti.
Intanto sembrerebbe dal tenore dell’articolo che la
polizia si stia dando da fare e che segua una pista ben precisa. E su questo si
potrebbero fare delle obiezioni. A tal fine basterebbe guardare la foto del
commissariato di Batista, con un solo poliziotto in forza, che quando piove si
rifugia nella casa di qualche compaesano, oppure quella non dissimile del commissariato poco
distante di la Descubierta.
Il processo non ha avuto ancora inizio. La gente del
posto sostiene che le persone che risultano incarcerate, anche il reo confesso,
verranno presto messe a piede libero perché manca una parte civile e quindi un
avvocato che segua gli interessi della famiglia della vittima. Inoltre la gente
di Batista conferma anche che Vittorio Giuzzi aveva un atteggiamento molto
protettivo della sua proprietà ed era intollerante ad ogni violazione della
stessa e cioè in particolare all’ingresso nel suo fondo di animali delle
aziende agricole confinanti, una cosa più che normale da queste parti, e al
furto dei frutti delle sue piante. Un sacrosanto diritto, ma bisogna vedere
anche dove lo si vuole far valere e da parte di chi.
L’omicidio ha tutta l’aria di avere un movente non
premeditato, una reazione violenta a un atteggiamento ritenuto odioso
dell’anziano proprietario.
Non dimentichiamo che i fondi sono stati dissodati
dal Giuzzi e coltivati senza particolari mezzi meccanici, e senza l’aiuto di
nessuno. Viveva da solo nella sua casetta di legno insieme al suo cane. Si dice
che esportasse i suoi fagioli. Niente di più probabile a pochi chilometri dalla
frontiera. Non aveva un’autovettura. Viveva in povertà secondo un’ottica
europea. Amava la sua terra e il suo lavoro. Quella ricchezza del pensionato
bresciano a cui si fa riferimento nell’articolo non si vede proprio. Neanche
con la più fervida immaginazione si può presumere che si sia in presenza di un
omicidio su commissione.
Voleva vendere il suo fondo? Nessuno gliel’avrebbe
comprato. Gli isolani sono attendisti. Qualcuno aveva sicuramente posto gli
occhi su quella terra. Con i suoi 76 anni il Giuzzi prima o poi sarebbe morto o
avrebbe fatto ritorno in Italia. Tutto calcolato. Un fondo privo di titolo catastale
in mano a una persona anziana non può avere un grande valore…