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domenica 24 marzo 2019

È stato ucciso a Sosúa, nella località La Mulata, un cittadino italo-canadese





Il suo corpo è stato rinvenuto crivellato di pallottole nella mattinata di oggi all’interno della sua atutovettura. Nove colpi di pistola a bruciapelo. Mike Di Battista, 43enne nato a Montreal. Italo-canadese in possesso di entrambi i passaporti, quello italiano e quello canadese. Il movente non è stato sicuramente il furto perché non gli è stato sottratto niente.
Abitava nel residenziale Camino del Sol 1 di Sosúa.
In relazione a questo caso sulle reti sociali è stato evidenziato un articolo di un giornale canadese in cui Di Battista viene vincolato a una vicenda di traffico internazionale di cocaina del febbraio del 2015 che ha portato al tempo a 15 arresti. Il Di Battista risultava allora profugo.
Nel suo passaporto canadese, l’unico che è stato pubblicato, risulta come data di emissione il mese di aprile del 2017. Si deve ritenere quindi che i problemi di carattere penale in essere nel 2015, nel 2017 fossero già stati risolti.

Sempre nel 2015 dopo dieci mesi di latitanza, il Di Battista si è consegnato spontaneamente alla polizia dominicana. Si trovava anche allora nella cittadina di Sosúa nelle vicinanze di Puerto Plata.
Era accusato di appartenere a un’organizzazione responsabile di aver importato in Canada grandi quantitativi di cocaina con una tecnica insolita e sofisticata.
La droga veniva mescolata all’asfalto
I trafficanti avevano incorporato la droga a della polvere di asfalto.
Uno degli accusati, l’esperto chimico del gruppo, estraeva successivamente la cocaina dall’altra sostanza.
Questa organizzazione avrebbe tentato di sostituire la mafia italiana di cui diversi membri erano stati incarcerati a seguito di una operazione del 2006.
L’organizzazione aspirava quindi a controllare il traffico di stupefacenti nella regione di Montreal e del litorale del Quebec.
Al momento del suo arresto a Sosúa i giornali dominicani hanno parlato di un mandato di cattura internazionale a livello di allerta rossa.
La polizia nazionale lo consegnò alle autorità canadesi nell’aeroporto El Catey di Samaná e queste lo trasferirono in un volo commerciale in Canada.
Tre anni dopo Mike Di Battisti ricompare sulla scena con due passaporti validi, uno italiano e uno canadese, di cui uno emesso nel 2017 e lo fa nella stessa cittadina di Sosúa dalla quale era stato prelevato tre anni prima.
Si diceva al tempo che rischiava una condanna all'ergastolo. Invece eccolo qui di nuovo.
Questi sono dei misteri che fanno pensare che non ce la raccontano giusta.
Come ha fatto il connazionale a superare con quei precedenti i controlli al suo ingresso nella Repubblica Dominicana?
Il tutto fa pensare che più che un narcotrafficante Mike Di Battista fosse in realtà un infiltrato della polizia canadese. Con quel curriculum l’avrebbe capito chiunque, anche coloro che lo hanno crivellato di pallottole.

Cittadina spagnola 49enne trovata uccisa nel suo appartamento



Un grattacielo, la “torre” Pedro Henríquez Ureña, situato nell’esclusivo quartiere La Esperilla. Controlli all’ingresso, videocamere dappertutto. Un posto in cui la massima sicurezza è garantita a ogni ora del giorno. Eppure Cristina García, 49enne, cittadina spagnola è stata trovata a casa sua giacente sul pavimento in mezzo al suo sangue sgorgato dalle ferite di arma bianca che le hanno provocato la morte. Trenta pugnalate circa!
Grande meraviglia tra gli altri abitanti dell’edificio. Questi non riuscivano a capire come qualcuno avesse potuto introdursi in un appartamento del condominio con tutte le misure di sicurezza in essere.

Il caso comunque è stato risolto subito dalla polizia. Ad uccidere la signora García è stata la sua colf, la 3enne Fatín Leonarda Falcón Alvino. Il movente: il furto di 500.000 pesos in contanti e di due orologi rolex.
Tanti controlli che se si assume personale domestico non adeguatamente controllato non servono a niente. Si rischiano comunque sorprese anche tragiche come questa. Cristina aveva una grande fiducia nella sua colf e non riteneva elevata la quantità di denaro che evidentemente era alla vista o quasi della donna di servizio quando questa faceva le pulizie. Nemmeno i due rolex significavano granché per lei.
Secondo l’ottica della colf però si trattava di cifre da capogiro e oggetti di grande valore per i quali valeva la pena di tentare un furto.

Era venerdì, Fatín si accingeva a fare il suo ritorno settimanale a casa, nella località Don Gregorio del comune di Nizao nella provincia Peravia (Bani) a circa una cinquantina di chilometri da Santo Domingo. Aveva pianificato tutto insieme al suo partner il 24enne Juan Gabriel Germán Cabrera. Questi avrebbe dovuto fare finta di essere un messaggero e avrebbe dovuto prelevare il pacco contenente il denaro e gli orologi e nessuno se ne sarebbe accorto.

Germán Cabrera non riuscì a superare i controlli all’ingresso dell’edificio. Cristina García notò questo pacco all’esterno della porta di casa e si mise in contatto con suo marito per avvertirlo che stava succedendo qualcosa di strano. La colf la interruppe mentre telefonava, aggredendola con un coltello. Si originò quindi una colluttazione che si concluse con la morte della cittadina spagnola.
La Falcón Alvino ebbe allora la freddezza di raccogliere il pacco e di uscire dall’edificio come se nulla fosse accaduto.
Venne arrestata due ore dopo il suo arrivo a Don Gregorio. Ammise di aver commesso l’omicidio e sostenne di aver consegnato il malloppo al suo partner in una piazza vicino all’edificio in cui lavorava.

Brutta storia! Può capitare a tutti, ma principalmente ai cittadini stranieri che conoscono solo superficialmente la mentalità della gente del posto. Una quantità di soldi che può sembrare esigua per taluni, può invece essere il movente di un omicidio. Il servizio domestico va controllato molto accuratamente nel momento dell’assunzione e anche in seguito.

sabato 23 marzo 2019

Rikardo Nikolic alias "Boca Chica" un tedesco "chapeado" che vive felice a Berlino




Lo spennamento, il “chapeo”, è un’arte tutta femminile e non conosce frontiere. C’è da dire che in questo campo sta facendo incursione sempre di più anche il sesso forte.
Ogni anno a Berlino si svolge un’importante fiera turistica alla quale partecipa immancabilmente come ospite d’onore la Repubblica Dominicana. E nel corso della durata dell’evento un luogo di ritrovo obbligato per la comitiva caraibica è un piccolo negozio di vendita di insaccati gestito dal cittadino tedesco Rikardo Nicolic, meglio noto come “Boca Chica”. La sua specialità è la vera salsiccia tedesca, in particolare quella denominata “Frankfurt”.
Qual è la sua storia e il motivo dell’alias?
Semplicemente come è facile immaginare il Nikolic è vissuto a Boca Chica. Era 49enne nel 2013 quando si prese una di quelle super cotte tipiche dell’andropausa e si buttò a capofitto in una relazione d’amore secondo lui a prova di ogni logoramento. L’amata Paula, un angelo. Tante emozioni che ancora a distanza di anni gli tornano in mente e tanti sentimenti e pazzie a non finire della prima senilità.
Rikardo, di maniche larghe, in poco tempo riuscì a migliorare notevolmente le condizioni economiche di Paula e della sua famiglia. Aprì anche a Boca Chica un ristorante di successo con vendite in costante aumento i cui introiti finivano nel conto corrente di Paula.
Ma Rikardo era accecato da un grandissimo amore.
Ci vollero due anni e tre mesi per fargli capire che ormai si erano esauriti i suoi risparmi e che non c’erano più prospettive per il suo futuro ai tropici.
E per di più la sua amata “le sacó los pies”, lo mandò via. Non serviva più, dava solo fastidio e di baci e abbracci e intimità varie con uno spiantato non era nemmeno il caso di parlare.
Dopo tre anni dal suo rientro in Germania, ormai 55enne, lo si può vedere nella foto mentre lavora con le sue salsicce DOC nel suo piccolo locale sito nella capitale tedesca.
Sembra felice. In fondo l’ha anche scampata bella. Altri spennati o “chapeados” come lui sono stati meno fortunati: sono rientrati in patria trasformati in ceneri all’interno di un’urna sistemata nella valigia di qualche loro congiunto.

domenica 17 marzo 2019

PRESENZA ITALIANA NELLA REPUBBLICA DOMINICANA







Il numero di dominicani discendenti da italiani si aggira sui 300.000 che si aggiungono all'esistenza di una colonia italiana di 50.000 persone, il che rende la comunità italo-dominicana la più numerosa dei Caraibi. Molti dei membri di questa comunità svolgono ruoli di grande importanza per l'economia del paese in quasi tutti i settori.
Queste sono alcune delle imprese create da italiani e/o dai loro discendenti e che attualmente sono molto importanti per l'economia del paese:



Grupo Bona: azienda di proprietà dei Bonarelli, una famiglia con una lunga tradizione gastronomica nel paese. Sono parte dell'azienda le succursali Pizzarelli, 3 Mariachis, Paninoteca y Mustard’s, tutte catene di ristoranti specializzati nella cucina italiana, messicana e/o americana.



Gruppo Vicini: di proprietà della famiglia che porta lo stesso cognome. È uno dei gruppi societari più importanti del paese. Ha interessi in diversi settori come l'industria agricola, le finanze, il turismo, l'energia, i beni immobili, le comunicazioni, ecc.


Grupo Pellerano Nadal: azienda di grande importanza nel settore automobilistico dominicano. Fanno parte del gruppo Autogermánica, Autobritánica e Autogermana sono le distributrici esclusive dei marchi BMW, LandRover, Rover, MG e Mini sia nella Repubblica Dominicana che in Porto Rico.


Grupo Omnimedia: di proprietà dei Pellerano, è una delle principali imprese di comunicazione del paese. I suoi prodotti mediatici includono Diario Libre, Diario Libre Metro, Plaza Libre e Plaza Libre Norte nel segmento stampa; Mujer Única, Habitat, Estilos, Novias, La Casa y Única a tus 15 nel segmento riviste; diariolibre.com y plazalibre.com in Internet; OnTV, Diario Libre a.m., Informativos Diario Libre, y comerciales por Telecable in televisione


Grupo Puntacana: impresa della quale i Rainieri sono soci fondatori, è tra le più importanti, ammirate e riconosciute del settore turistico dominicano. Oltre al fatto che ha avuto un ruolo pionieristico nello sviluppo del rinomato polo turistico di Punta Cana. Fanno parte del gruppo Puntacana Resort & Club, Tortuga Bay, Aeropuerto Internacional de Punta Cana, e la Fundación Ecológica de Puntacana.



Grupo Mercasid: uno dei conglomerati agroindustriali più grandi e importanti della Repubblica Dominicana. I Bonetti sono soci molto importanti dello stesso. Cítricos Tropicales, Agua Crystal, Flordom, Agrocítricos, Induspalma Dominicana e Induveca sono società collegate al Mercasid. Sono anche i distributori esclusivi dei prodotti Kimberly-Clark, Kellogg’s, Clorox, Solae, Unilever, Pillsbury, Danone, Dos Pinos, Hershey’s, Carbonell y Häagen-Dazs.


Grupo Ambar: impresa leader nel settore automobilistico dominicano, portoricano, venezuelano, di Saint Martin, Isole Vergini Britanniche e Isole Vergini Statunitensi. È di proprietà della famiglia Barletta. Nel mercato dominicano sono i distributori esclusivi dei marchi Chevrolet, Cadillac, Nissan, Suzuki, Yamaha e Blue Bird nel loro concessionario di Santo Domingo Motors.


Menicucci: impresa appartenente alla famiglia con lo stesso nome, radicata a Santiago de los Caballeros e dedicata alla produzione e alla vendita di selci, mosaici, articoli di porcellana, sanitari, tegole, terrazzi, marmo e granito naturale.


sabato 16 marzo 2019

Ma cosa hai messo nel caffè?



Ricordo sempre una signora che abitava nel mio stesso isolato. Una vicina sessantenne, proprietaria di una casa e appartenente alla categoria dei “dominican york”, vale a dire i dominicani con residenza negli Stati Uniti. Si chiamava Josefina ed era una nota avvelenatrice di cani randagi e di gatti che bazzicavano nell’area. Ed è per questo che era invisa ai più. Soprattutto per i gatti i cui spostamenti sono difficilmente controllabili ma che sono sempre amati nelle famiglie che li tengono.
E questa sua abilità nel provocare la morte degli animali faceva pensare che si servisse di un veleno più potente di quello in vendita nei negozi. Corre voce infatti che in entrambi i paesi dell’isola Hispaniola esistano una trentina di veleni che non solo sono potenti, ma di cui dopo 24 ore non restano tracce. Eredità delle culture taine e africane vudù. Questo ovviamente in caso di un’eventuale autopsia, la quale peraltro veniva eseguita al tempo molto raramente e anche oggi non è che si faccia sempre.
Ma Josefina era rimasta vedova due volte e si diceva che i defunti coniugi erano già sul piede di partenza, di chiudere la relazione con lei, quando sono morti, entrambi per infarto, almeno questo era stato il referto del medico legale.
Qualcuno diceva vista la sua passione per i veleni che quei poveracci erano stati le sue vittime.
E fin qui niente di particolare.
Josefina vendette la sua casa e si trasferì in un appartamento a qualche chilometro di distanza. Essendo amica di mia moglie, un giorno su insistenza di questa andammo a trovarla. Ci sedemmo sul terrazzo e a un certo punto Josefina ci chiese se volevamo un caffè. Io accettai e mia moglie rifiutò. Quando Josefina arrivò con il vassoio e con la tazzina sopra, non so cosa mi passò per la testa, ma dissi di non aver più voglia di caffè, che mi dispiaceva di rifiutarlo ma che non lo volevo. Allora mia moglie prese la tazzina dal vassoio e se la portò alle labbra forse desiderosa che la sua amica non si sentisse a disagio. E qui ricorderò sempre il gesto veloce con il quale Josefina le afferrò il braccio e le tolse la tazzina impedendole di bere il primo sorso.
Evidentemente quel caffè era destinato solo a me. Ho sempre pensato che se sono ancora vivo lo devo anche a tutta una serie di circostanze fortuite come ad esempio questa.

venerdì 15 marzo 2019

Dossier italiani in Repubblica Dominicana. Scheda n. 6: Maurizio Diplotti deceduto a Esperanza il 15 settembre del 2007






Una storia triste. Ce ne sono tante. Maurizio Diplotti, classe 1964 nato a Baldasseria una frazione di Udine, morto a Esperanza il 15 settembre del 2007. Si era radicato nella Repubblica Dominicana 10 anni prima, orfano di padre e madre aveva trasferito tutto il suo patrimonio qui e lo aveva investito nella sua attività di allevamento alla quale si dedicava. Aveva un magazzino di proprietà, una jeep, un camion, aziende, case, progetti turistici e ranch per l’agricoltura. Un bel po’ di roba, un uomo solo con un matrimonio fallito alle spalle, una concubina… Soldi che fanno gola in una provincia del nord nella profonda campagna dove la gente spesso si fa idee strane quando ha a che fare con gringos. E la concubina ha un amante e insieme pianificano l’omicidio perfetto.
Maurizio viene avvelenato con una sostanza tossica, cianuro di potassio, un banale tres pasitos che si trova qui dappertutto, inserito in un bicchiere di latte con avena. Ma non è finita lì. È stato trascinato ancora vivo e percosso brutalmente, talché aveva subito anche delle fratture agli arti, per abbandonarlo sul retro della sua automobile pick up in una comunità agricola di canna da zucchero a Esperanza in provincia Valverde Mao.
Nel mese di marzo del 2009 è stata emessa la sentenza di condanna nei confronti della coppia di amanti assassini da parte del Tribunale di primo grado di Santiago. Jesús María López e Xiomara Mora Peña sono stati condannati a 30 anni di reclusione.
Si è stabilito nel corso del processo che la Mora Peña era concubina del connazionale e al contempo conviveva con il López con il quale si è messa d’accordo per ucciderlo e All’udienza in cui è stata letta la sentenza nel palazzo di giustizia di Mao era presente il viceconsole onorario di Santiago Mauro Sgarzini in rappresentanza dell’ambasciata d’Italia.
Era presente anche l’avv. Norberto J. Fadul, in qualità legale della parte civile in rappresentanza degli zii del connazionale.
Ma c’è ancora qualcosa da dire su questa triste vicenda. Il corpo di Maurizio Diplotti è rimasto nella cella frigorifera dell’obitorio per circa un mese. Solo a seguito dell’arrivo di una sua cugina si sono potute sbrigare le non facili pratiche burocratiche. La salma del Diplotti è stata tolta dalla cella frigorifera ed è stata cremata. Le ceneri sono state portate in Friuli e depositate nella tomba dei suoi genitori.
Bruno Tulissio il connazionale residente a Puerto Plata ha dichiarato al tempo a un giornale friulano che se l’arrivo della cugina si fosse attardato ancora di due o tre giorni il povero Maurizio sarebbe finito in una fossa comune. E questo nonostante le suppliche di potergli dare un’adeguata sepoltura. Nessuno aveva titolo per farlo. Ci voleva un legame di parentela. E a proposito di questo dall’ambasciata è rimbalzata la notizia che la moglie dalla quale il Diplotti risultava divorziato, Concepción Hernández Fermín, aveva impugnato la sentenza di divorzio pronunciata in sua assenza. Sarebbe toccata a lei l’eredità delle proprietà del friulano. Insomma una storia che non si sa bene ancora come sia finita. Soprattutto per quel che riguarda il patrimonio conteso…

giovedì 14 marzo 2019

Urs Hinterbeger, cittadino svizzero trattenuto sotto sequestro per oltre due anni da moglie e figliastro a Dajabón



Un’altra storia dove l’avidità supera ogni limite tranne quello dell’omicidio questa volta semplicemente perché non conviene.
Lo svizzero tedesco Urs Hinterberger 55enne proveniente da Altstätten nel cantone di San Gallo si trovava segregato da oltre due anni privo di ogni contatto esterno e praticamente sotto sequestro in una stanza senza finestre nella località di Cañongo in provincia di Dajabón a 20 km dalla frontiera con Haiti e a 40 km circa rispettivamente dalla città di Dajabón a sud e dall’Oceano Atlantico a nord.
A costringerlo in questa situazione durante tutto questo tempo è stato Yovanny Martínez Rodríguez figlio della sua consorte dominicana Kenia Navarro Rodríguez. Madre e figlio si trovano ora in stato di detenzione presso il commissariato di polizia di Dajabón per essere sottoposti alla giustizia. Sono accusati di maltrattamento fisico e psicologico, di sequestro e di appropriazione indebita.
Si è presentato sul posto il procuratore fiscale del distretto giudiziario accompagnato di membri del Departamento de Investigaciones Criminales (DICRIM) che ha ricevuto la denuncia da parte del Hinterberger una volta all’interno della casa dove questo si trovava rinchiuso.

Si deve ritenere che l’iniziativa della visita del procuratore sia della stessa ambasciata su richiesta dei familiari del cittadino svizzero.
Durante oltre due anni è stato infatti impedito al Hinterberger di mettersi in comunicazione con la sua famiglia.
Lo svizzero ha denunciato maltrattamenti costanti e disumani da parte del figliastro Yovanny. In un’occasione è stato addirittura accoltellato al ventre e in un’altra a seguito di selvagge percosse gli è stato fratturato un femore, lesione per la quale è stato ricoverato in un ospedale dove non gli è stato consentito di parlare con nessuno.
Il Hinterberger riferisce inoltre che gli è stato sottratto il passaporto e altri documenti personali nonché un’agenda telefonica in modo che non potesse comunicare con i suoi familiari. Nel frattempo il passaporto è ricomparso e una sua copia è stata pubblicata in rete. Risulta scaduto dal 16 settembre 2016.

Il denaro della sua pensione veniva incassato da sua moglie Kenia che lo consegnava a suo figlio Yovanny senza che lo svizzero toccasse un solo centesimo.
Il Hinterberger è stato prelevato da casa sua in una barella e trasportato per il ricovero nell’ospedale Ramón Matías Mella di Dajabón. Nella giornata di oggi verrà trasferito a Santo Domingo e ricoverato nell’ospedale Ney Arias Lora dove ci saranno funzionari dell’ambasciata svizzera ad attenderlo.
In una dichiarazione ai giornalisti il procuratore fiscale ha riferito quanto segue: “Siamo entrati nella casa dove si trovava questo signore per constatare le condizioni in cui viveva e queste erano miserrime, rinchiuso in una stanza senza finestre, praticamente sotto sequestro. La signora riceve il denaro e questo rappresenta la fonte di sostentamento suo e di suo figlio. Ho stilato un documento attestando la situazione e sulla base di questo l’ambasciata svizzera ha richiesto che il sig. Hinterberger venga ricoverato in un ospedale e trasferito poi a Santo Domingo.

Nelle sue dichiarazioni fatte mentre veniva introdotto con una barella all’interno dell’ambulanza del 911 il Hinterberger sostiene che: “Lei mi ha tolto tutto. I soldi che mi ha mandato la mia famiglia li spendeva comprando macchine, mucche e terreni per suo figlio. Mi davano da mangiare per mantenermi vivo. Quando Yovanny mi ha rotto la gamba gli ho chiesto perché non mi avesse ucciso e sa cosa mi ha risposto? “Perché vali di più da vivo che da morto”. Questo è quello che mi ha risposto. Chiedevo sempre che mi lasciassero chiamare la mia famiglia o l’ambasciata ma non c’era verso.
Il personale dell’ambasciata svizzera nel paese sta svolgendo le pratiche necessarie per il suo rimpatrio.
Secondo informazioni di ultima ora, il Hinterberger ha chiesto che la moglie venisse messa in libertà perché secondo lui è un’altra vittima del suo stesso figlio Yovanny. Riferisce infatti lo svizzero che anche la donna veniva percossa dal figlio e che in uno dei suoi seni è in vista un ematoma a seguito di botte subite di recente.
Si sta così contraddicendo perché è innegabile che sua moglie è complice. Comunque l’amore è cieco e in tutta questa vicenda non è possibile non intravvedere tanto masochismo da parte del cittadino elvetico. E poi magari oltre a dargli da mangiare per mantenerlo in vita la moglie gli dava anche qualcos’altro e in abbondanza tanto per rendergli la prigionia meno gravosa…
Di fatto nella foto del passaporto risalente al 2006 si vede una faccia smunta, ben diversa da quella rosea e paffuta che ostenta mentre viene trasportato in barella.