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mercoledì 10 gennaio 2018

La politica e i voltagabbana (quaquaraquà) vanno bene se servono!


La politica è una scienza e lo è da quando Niccolò Machiavelli pubblicò la sua opera più importante, il Principe. C’è da dire che le considerazioni del Machiavelli non sono farina del suo sacco. Il fiorentino di cui probabilmente più si parla, dopo Matteo Renzi, ha fatto un lavoro di ricerca degli avvenimenti del suo tempo e delle misure adottate dai governanti. Ne è risultato quasi un vademecum di cui si dice che più di qualche governante non si separi mai.
La politica e l’etica sono agli antipodi nell’opera del Machiavelli, tant’è che qualcuno deduce da “Il Principe” che “Il fine giustifica i mezzi”. Il fine è il benessere dei più, i mezzi… non importa quali! Questa dovrebbe essere la politica prima della nascita della democrazia.
La democrazia impone ai governanti delle elezioni e delle durate medie di permanenza al potere. Al contempo spesso e volentieri il fine non è più il benessere della maggioranza ma quello di chi fa la politica.
Gli avvelenamenti e gli omicidi di stato ai quali il duca Valentino, protagonista dell’opera, ricorreva frequentemente sono caduti in disuso, ma non sono scomparsi del tutto. Il fatto che queste cose si facciano per il bene della maggioranza dei cittadini di una nazione non è però ora tanto scontato.
Attualmente conta soprattutto l’opinione della gente perché è con il voto dei cittadini che si raggiunge il potere. La proprietà dei giornali e dei media in generale è stata sempre un buon trampolino di lancio. Ma tutto a un tratto le cose cambiano anche qui ed ecco che in Italia dal nulla c’è chi crea in pochi anni un partito politico che vanta oltre 10 milioni di elettori. La ricetta: comunicazione intelligente del leader e social network di facile accesso ai più.
Ormai le campagne elettorali si svolgono in gran parte sui social network. Questi sono come delle piazze transitate dalla gente e ognuno può salire su uno sgabello virtuale e fare un suo comizio a qualunque ora del giorno. Tanti passano oltre, tanti si fermano ad ascoltare. Spuntano allora gli opinion maker, che creano opinione, che si mettono ai vertici di gruppi di amici sui quali si impongono, diventando un punto di riferimento o meglio di accumulazione di sostegni. Commentano, discutono con chi la pensa diversamente, propongono, intervengono sempre e soprattutto sono assiduamente seguiti. Si tratta di manipolatori moderni, importantissimi all’ora in cui iniziano le campagne elettorali. La gente, diventata passiva con l’esposizione costante alle idee degli altri, ha bisogno di essere guidata. Si apre quindi ufficialmente una porta alla manipolazione e al ricorso ai manipolatori.
Così come le squadre di calcio si procurano i rinforzi nelle pause dei campionati anche i partiti politici vanno alla ricerca di opinion maker e di testimonial. Il voltafaccia o tradimento è all’ordine del giorno perché in fondo il professionista va dove lo pagano meglio o dove le sue prospettive sono migliori.
C’è il voltafaccia durante la campagna: il leader abbandona a sé stesso il suo gruppo e anzi lo invita a sostenere l’avversario politico. C’è anche chi il voltafaccia lo fa dopo le elezioni. Viene eletto in un partito e passa a un altro. E sono cose per le quali tanti gridano allo scandalo, ma solo quando riguardano gli altri!
Secondo me la propensione al tradimento delle persone va comunque tenuta in grande considerazione. Così come certe banderuole politiche vengono messe da parte all’ora in cui si deve votare, anche i voltagabbana dell’ultima ora vanno presi per quello che sono e cioè dei quaquaraquà.