Secondo quanto emerge dal 57° rapporto Censis pubblicato
venerdì primo dicembre: «Il nostro Paese continua a essere un Paese di
emigrazione (sono più di 5,9 milioni gli italiani attualmente residenti
all’estero) più che di immigrazione (sono 5 milioni gli stranieri residenti nel
nostro Paese). I 5.933.418 italiani residenti all’estero (pari al 10,1% dei
residenti in Italia) hanno registrato un incremento del 36,7% negli ultimi
dieci anni (ovvero quasi 1,6 milioni in più).»
La definizione di emigrante nel vocabolario è la seguente:
“Chi emigra; in particolare, chi espatria, temporaneamente o definitivamente, a
scopo di lavoro.”
Di quei 5.933.418 italiani cui si riferisce il Censis
solo una piccolissima percentuale può considerarsi emigrante. La stragrande
maggioranza, infatti, è nata all’estero e non ha mai risieduto in Italia per cui
non si dovrebbe considerare emigrante. Il fatto che per una legislazione
peculiare e unica al mondo, l’Italia riconosca come cittadino italiano (per
nascita) chiunque dimostri di avere un antenato in linea paterna nato in Italia
e deceduto dopo il 17 marzo 1861 non modifica la natura di non emigrante di chi
è nato e vissuto sempre all’estero, per cui non ha mai preso la valigia per
recarsi partendo dall’Italia a lavorare altrove.
Il rapporto del Censis è ridicolo e dovrebbe indurre a
riflessione. Stiamo diventando nuovamente un Paese di emigranti, sì, ma non per
i discendenti di terza o quarta generazione da un emigrato italiano. Il nostro
Paese non offre opportunità di lavoro ai giovani e questi sono costretti a
emigrare. Tali sono i veri emigranti!
Nell’ultimo anno le iscrizioni all’Aire per espatrio sono
state 82.014. Le mete predilette rimangono il Regno Unito (il 16,4% delle
partenze dell’ultimo anno), poi la Germania (13,8%), la Francia (10,4%) e la Svizzera
(9,1%).