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domenica 3 dicembre 2023

La definizione di emigrante del Censis va rivista perché quella attuale non regge più

 



Secondo quanto emerge dal 57° rapporto Censis pubblicato venerdì primo dicembre: «Il nostro Paese continua a essere un Paese di emigrazione (sono più di 5,9 milioni gli italiani attualmente residenti all’estero) più che di immigrazione (sono 5 milioni gli stranieri residenti nel nostro Paese). I 5.933.418 italiani residenti all’estero (pari al 10,1% dei residenti in Italia) hanno registrato un incremento del 36,7% negli ultimi dieci anni (ovvero quasi 1,6 milioni in più).»

La definizione di emigrante nel vocabolario è la seguente: “Chi emigra; in particolare, chi espatria, temporaneamente o definitivamente, a scopo di lavoro.”

Di quei 5.933.418 italiani cui si riferisce il Censis solo una piccolissima percentuale può considerarsi emigrante. La stragrande maggioranza, infatti, è nata all’estero e non ha mai risieduto in Italia per cui non si dovrebbe considerare emigrante. Il fatto che per una legislazione peculiare e unica al mondo, l’Italia riconosca come cittadino italiano (per nascita) chiunque dimostri di avere un antenato in linea paterna nato in Italia e deceduto dopo il 17 marzo 1861 non modifica la natura di non emigrante di chi è nato e vissuto sempre all’estero, per cui non ha mai preso la valigia per recarsi partendo dall’Italia a lavorare altrove.

Il rapporto del Censis è ridicolo e dovrebbe indurre a riflessione. Stiamo diventando nuovamente un Paese di emigranti, sì, ma non per i discendenti di terza o quarta generazione da un emigrato italiano. Il nostro Paese non offre opportunità di lavoro ai giovani e questi sono costretti a emigrare. Tali sono i veri emigranti!

Nell’ultimo anno le iscrizioni all’Aire per espatrio sono state 82.014. Le mete predilette rimangono il Regno Unito (il 16,4% delle partenze dell’ultimo anno), poi la Germania (13,8%), la Francia (10,4%) e la Svizzera (9,1%).