È successo
sabato scorso a Port au Prince. Suor Luisa Dell’Orto avrebbe compiuto oggi 65
anni di età. Originaria di Lomagna, nella Brianza lecchese, è stata assassinata
nel quartiere che da vent’anni era diventato la sua casa. Una baraccopoli dove
la chiamavano l’angelo dei bambini. «Sembra non sia stata una rapina e nemmeno
un tentativo di rapimento, ma uno dei tanti casi di violenza assurda, che la
proliferazione delle armi permette. Luisa non aveva nemici», spiega padre Elder
Maurice Hyppolite, sacerdote salesiano, docente nell’isola caraibica. «Era cosciente
che qualcosa sarebbe potuto capitare, ma ci teneva a restare, a dare
testimonianza», racconta la sorella Maria Adele.
Suor Dell’Orto
aveva due lauree e aveva dedicato la sua vita ad aiutare i meno abbienti. Era
stata in Camerun e nel Madagascar. Aveva vissuto anche per tre anni in una
capanna di fango nella foresta dei pigmei.
Il giorno del
suo compleanno, oggi, 27 giugno avrebbe compiuto 65 anni e avrebbe festeggiato
circondata dai suoi bambini, i piccoli delle famiglie più disagiate della
provincia inviati in città nell’illusione di un possibile riscatto. Trasformati
invece in baby schiavi. «Restavèk», come vengono chiamati in creolo ad Haiti, a
cui suor Luisa ha dedicato la sua vita. È morta a pochi passi da loro, dal
centro dedicato a Charles de Foucauld nel cuore di Port-au-Prince, dove si era
appena recata per incontrare i piccoli e rassettare i locali. Tamponata da
un’auto con a bordo tre banditi armati, uccisa con quattro colpi di pistola e
abbandonata in fin di vita all’interno della vettura. Senza che nulla le fosse
stato rubato.