Il presidente della
Repubblica Dominicana Luis Abinader insiste nel richiedere all’ONU l’intervento
internazionale in Haiti. Sono in tanti, non solo Abinader, a volere la stessa
cosa. Il Paese caraibico, infatti, si trovi alle prese con una situazione in
cui le sue forze dell’ordine e il suo esercito non riescono ad affrontare con
successo e a smantellare le bande armate che controllano in buona parte il suo
territorio. E fin qui il suo discorso e la sua proposta sono giustificati. Il
problema è che approfondendo il tema non si può fare a meno di chiedersi come
sia possibile che delle bande di delinquenti siano in grado di sopraffare le
forze di sicurezza di uno stato sovrano. La risposta a tale domanda non è
difficile da trovare. Ormai in questi anni le vicende internazionali si sono
precipitate in tal modo che in tanti abbiamo dovuto aprire gli occhi. Haiti è
stato vittima di una manovra destabilizzante che ha culminato con l’uccisione
del presidente… Le armi sofisticate e moderne in possesso delle bande
provengono direttamente dagli Stati Uniti. La situazione così com’è attualmente
è una diretta conseguenza di questo. Quando ero militare di leva, durante il
periodo di addestramento reclute, noto come CAR, un tenente ci ha rivolto la parola
dicendo che non esistono forze militari di pace perché i militari sono in grado
solo di fare la guerra. L’intervento che si augura Abinader è, quindi, un
intervento di guerra contro le bande locali che sono tra l’altro necessariamente
collegate alle forze politiche, militari e di polizia haitiane. Non potrebbe
essere diversamente. Ne consegue che chi manda lì i suoi soldati in quella
bolgia infernale li manda in gran parte a morire.
Il problema haitiano
delle bande va affrontato principalmente da chi lo ha originato e cioè dagli
Stati Uniti e non con l’invio di soldati ma piuttosto chiudendo il rubinetto
delle forniture di armi e di fondi ai delinquenti e aumentando il supporto alle
forze dell’ordine e all’esercito haitiani.