C’è un legge nella Repubblica Dominicana che stabilisce
che “chiunque lodi o esalti i Trujillo o il loro regime tirannico, ad alta
voce, o attraverso grida, discorsi, scritti pubblici o epistolari, disegni,
stampe, incisioni, dipinti o emblemi sarà considerato e giudicato come autore
del crimine contro la pace e la sicurezza pubblica e sarà punito con la
reclusione da dieci giorni a un anno o con la multa da dieci a cinquecento
pesos oro o con entrambe le pene contemporaneamente.”
Evidentemente più di qualcuno continua a invocarlo. Un
suo nipote, il 53enne Luis José Ramfis Rafael Domínguez Trujillo, nato a New
York nel 1970, aspira da tempo alla presidenza della Repubblica. La Junta
Central Electoral (JCE) gli ha negato il diritto di partecipare alle elezioni
presidenziali perché essendo nato negli Stati Uniti non ha documentato la sua
rinuncia alla cittadinanza statunitense almeno da dieci anni e non ha
dimostrato che risiede nella Repubblica Dominicana da 10 anni.
Per quel che riguarda la cittadinanza statunitense è poco
probabile che gli ultimi presidenti non l’abbiano avuta e che vi abbiano
rinunciato, ma non essendo nati in quel Paese potevano anche non rivelare il
possesso di quella cittadinanza.
Probabilmente questo nipote del dittatore Rafael Leonidas
Trujillo non riuscirà mai a presentarsi alle elezioni presidenziali. Difficilmente
comunque riuscirebbe a ottenere una grande quantità di voti. La democrazia,
infatti, ormai si è imposta in questo Paese, nel senso che ci sono tanti che in
un modo o nell’altro ne traggono beneficio e la corruzione è dilagante.