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lunedì 13 novembre 2017

Posti ambulanti di vendita di alimenti: yaniqueques, fritos, chicharrones, fritura…Ci sono delle severe regole amministrative e sanitarie da osservare



I posti ambulanti di vendita di alimenti sono molto diffusi nella Repubblica Dominicana. Sembrerebbe quasi che chiunque possa aprirne uno se ha la disponibilità di uno spazio libero da qualche parte e dell’attrezzatura necessaria. Il tutto senza licenze o quant’altro, diversamente dall’Italia dove un’autorizzazione allo spaccio ambulante di alimenti sarebbe un’impresa di non poco conto.
Eppure anche qui ci sono delle disposizioni di carattere amministrativo e sanitario molto severe. Certo, come al solito vengono applicate sporadicamente, ma la tendenza a esigerne l’osservanza aumenta di giorno in giorno. Ogni tanto il personale dell’”ayuntamiento” ad esempio fa un giro di perlustrazione e tutte le baracchette  che trova le carica su e se le porta via e così piano piano chi non è in regola scompare. Qui le regole nuove vanno applicate così, un pochino alla volta, in modo che non ci siano delle violente resistenze. Lo abbiamo visto di recente anche a Las Terrenas e se stiamo attenti con degli intervalli regolari di pausa lo vedremo un po’ dappertutto.
I nuovi arrivi di stranieri, soprattutto dal Venezuela hanno messo alla prova le leggi migratorie la cui applicazione si è irrigidita in particolare per quel che riguarda i respingimenti agli aeroporti che iniziano a riguardare anche i cittadini europei amanti del turismo squattrinato e quindi avventuroso.  I venezuelani sono anche quelli che hanno occupato subito abusivamente dei posti di fast food latinoamericano, in particolare delle loro specialità nazionali e le vendono in baracchini fissi che circolando per le strade.
Per esercitare l’attività di spaccio di alimenti in posti fissi o ambulanti è necessario un permesso obbligatorio di vendita che viene rilasciato dalle autorità municipali e dalle autorità sanitaria e che ha la validità di un anno. Per l’ottenimento di questa autorizzazione deve essere presentata una  richiesta corredata da un certificato di salute rilasciato dal ministero della sanità nonché  un permesso  dell’amministrazione municipale e un diploma che attesti che è stato superato un corso di manipolazione di alimenti rilasciato dall’autorità competente. Il certificato di salute viene concesso a seguito di un esame clinico generale e di uno studio di carattere parassitario.  La legge contempla anche la possibilità che tale certificato possa essere revocato in caso di tosse oppure dell’esistenza di qualche malattia infettiva  che possa essere trasmessa attraverso gli alimenti. Inoltre il regolamento stabilisce che il venditore di alimenti debba indossare sempre un grembiule che copra il suo abbigliamento abituale preferibilmente bianco o di colore chiaro e che sia pulito e in buono stato.  Deve anche avere i capelli corti o raccolti. La sua testa deve essere coperta con un berretto o con una reticella, le unghie devono essere corte e senza smalto, non deve indossare anelli,  braccialetti oppure l’orologio. Deve mantenere le mani sempre pulite e gli uomini non devono avere la barba.  Chi è addetto alla manipolazione di alimenti deve lavarsi le mani prima, durante e dopo la loro elaborazione,  non deve  tossire o starnutire sugli alimenti,  non deve fumare durante il processo,  non deve manipolare alimenti quando sono presenti ferite, infezioni o malattie cutanee o malattie infettive come ad esempio l’influenza e la diarrea acuta. La legge ordina inoltre ai venditori di eseguire permanentemente dei controlli su mosche, scarafaggi e ratti mediante una frequente fumigazione.
E proprio per la presenza di numerosi scarafaggi sono stati chiusi in questi giorni ben tre ristoranti di cui uno cinese specializzato nei frutti di mare.