Recentemente si è parlato in uno dei nostri gruppi di
Facebook di una cena di riconciliazione post elettorale. E l’iniziativa ha
suscitato l’interesse di diversi nostri connazionali. Lanci di frasi ad
effetto, tipo “metteremo da parte le magliette nere e le magliette rosse”. Un
momento di incontro che dovrebbe favorire la nascita di una comunità italiana
più coesa. Qualcuno parafrasando Garibaldi ha anche lanciato lo slogan “o si fa
la comunità o si muore”.
Eppure la comunità italiana è più coesa di quanto di
primo acchito possa sembrare. E si raccoglie intorno a pochissime figure, che
sono quelle che si dedicano al servizio. Tutti sanno a chi rivolgersi quando c’è
un italiano indigente, tutti sanno chi visita i malati se ci sono e i
carcerati, tutti sanno chi promuove la cultura italiana, chi ha speso soldi di
tasca sua per presentare il ricorso al TAR del Lazio contro la chiusura della
nostra ambasciata. Non occorre fare i nomi di queste persone. Le conosciamo
benissimo. Eppure nonostante ci sia tra questi uno che si candida come
deputato, ci mettiamo a parlare di destra e di sinistra. Perché quando avrai
bisogno di aiuto ti orienterai secondo il colore delle idee o piuttosto secondo
la disponibilità ad aiutarti? E allora c’è chi sostiene candidati ignoti, di
cui non si sa niente e che una volta in parlamento si adegueranno alla linea
dei loro partiti, ignorando gli elettori della circoscrizione estero. Succede
spesso. Taceranno come hanno sempre taciuto e se diranno qualcosa verranno
zittiti.
Ci hanno chiuso l’ambasciata e una delle attuali
candidate non si è vista, nemmeno con un “mi dispiace”. Ora si fa avanti e a
ogni passo sospinto dimostra tutta la sua superficialità e ignoranza sui temi
che ci interessano. E anche gli altri: dei tre parlamentari eletti nella nostra
circoscrizione nessuno ha mosso un dito per noi, una comunità numerosa che per
tre anni è rimasta abbandonata e la cui riaperta ambasciata stenta a distanza
di quasi un anno a erogare servizi consolari in tempi ragionevoli.
Vogliamoci bene! Tanto le elezioni non sono una cosa
seria, sembrano dire gli organizzatori della cena. Non sarebbe quindi una cosa
seria la possibilità che si prospetta di avere un candidato nostro, uno che ha
la vocazione al servizio, uno che è circondato da persone esperte e desiderose
di essere di aiuto alla comunità.
I “servitori” polarizzano gente attorno a sé e
creano comunità.
Quando nel 2008 si è verificato un incidente
stradale che ha coinvolto molti connazionali, uno di questi servitori ha messo
insieme all’istante una squadra di volontari che si è recata sul posto per
prestare assistenza agli incidentati, per affiancarli negli ospedali e per
mantenere informate le famiglie.
E quando ci saranno le calamità tipiche dei Caraibi,
gli uragani, che hanno messo in ginocchio le isole vicine a chi ci rivolgeremo?
Vogliamo votare per ignoti o per noti che non hanno
mai mosso un dito per noi e che non conoscono i nostri problemi?
A ognuno la sua scelta, tanto si sa, questi
servitori ci sono e ci saranno sempre e all’occorrenza sapremo a chi rivolgerci,
ma una cena di riconciliazione non serve.
Le elezioni non sono uno scherzo sul quale ci si può
ridere sopra e una comunità non si fa durante una cena.