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martedì 21 agosto 2018

Le rimesse dall’estero verso la Repubblica Dominicana aumentano del 10,6% nel primo semestre grazie al maggior livello di occupazione negli USA



Le rimesse inviate dai dominicani residenti all'estero sono aumentate del 10,6% tra gennaio e giugno di quest'anno, secondo gli ultimi dati relativi a questo settore pubblicati dal Banco Central della Repubblica Dominicana.
Nel primo semestre dell'anno sono pervenuti 3.215 milioni di dollari a titolo di rimesse, ovvero 307,4 milioni di dollari in più rispetto allo stesso periodo del 2017, secondo le informazioni pubblicate sul sito web della banca di emissione.
L’incremento del flusso di valuta estera a titolo di rimesse "è ampiamente spiegato dalle attuali condizioni di piena occupazione nel mercato del lavoro degli Stati Uniti d'America, il nostro principale partner commerciale", lo sostiene il portavoce del Banco Central.
Precisamente, il 77,13% delle rimesse totali è stato inviato dagli Stati Uniti, dove si concentra la maggior parte dei dominicani residenti all'estero, mentre il 10,75% proviene dalla Spagna che conta una grande presenza di dominicani.
Il 66% delle rimesse si è concentrato sull’area di Santo Domingo e delle province di Santiago e La Vega (nord) e Duarte (nord-est).
Secondo i dati pubblicati lo scorso anno dal National Institute of Migration (INM), oltre due milioni di dominicani vivono all'estero, soprattutto negli Stati Uniti.
A quanto pare la politica di Trump volta a promuovere l’occupazione è alla base di questo aumento delle rimesse.
Un aspetto positivo quindi della gestione del presidente americano che attualmente si trova nell’occhio del ciclone, attaccato frontalmente dai media, dalle organizzazioni progressiste e un po’ da tutti coloro che vorrebbero le frontiere aperte all’immigrazione clandestina.
Più immigrati illegali, più manodopera a buon prezzo e quindi meno lavoro per coloro che sono residenti e che pagano le tasse.
È così che la pensa Donald Trump.
Il suo obiettivo è aumentare l’attività imprenditoriale nazionale, l’occupazione e il consumo e quindi tagliare i ponti per quanto possibile con l’estero e soprattutto farla finita con l’ingresso costante di latinoamericani attraverso la frontiera con il Messico.
E il muro? Non se ne parla più…