In un Paese dove
tutti vogliono emigrare negli Stati Uniti, sorprende che qualcuno rinunci alla
cittadinanza statunitense. In questo caso il motivo è aspirare alla presidenza
della Repubblica Dominicana, il che vale un Perù. Infatti, è la via più sicura
per arricchirsi a dovere. La politica da queste parti è una miniera d’oro e non
c’è attività aziendale che regga il confronto.
Ramfis Domínguez
Trujillo è il nipote del dittatore Rafael Leonidas Trujillo che governò la
Repubblica Dominicana dal 1930 al 1961, imponendo una repressione feroce e
sanguinaria. Vuole candidarsi alla presidenza alle prossime elezioni di maggio.
A tal fine ha rinunciato alla cittadinanza statunitense, Paese dove è nato,
adempiendo così alle disposizioni della costituzione dominicana che non
consentono che il candidato alla presidenza abbia un'altra nazionalità. Resta
da vedere se la giunta centrale elettorale convaliderà la sua candidatura.
Tanti dominicani
pensano che un ritorno del trujillismo sarebbe la soluzione ideale per il Paese:
mano dura contro la delinquenza, ordine, la fine della corruzione, sovranità in
primo piano in relazione alla questione haitiana ma non solo.
A Trujillo sopravvive
questo nipote statunitense di nascita e con il 25 per cento del sangue del
dittatore. Tanto basta per far pensare che con Ramfis ci sarà un ritorno al
passato. È evidente che questo non è possibile ma vaglielo a spiegare a questi
illusi.
Comunque in un Paese
dove milioni di persone votano per avere una carica o un posto statale o una
porzione di pollo fritto e una birra il giorno delle elezioni, non c'è spazio per
gli outsider.