Il tema degli immobili della sede diplomatica di Santo
Domingo torna di attualità. Se ne è parlato molto e si sono fatte delle
illazioni. In fondo se il traffico visti non si riusciva a dimostrare da
qualunque punto di vista lo si prendesse in considerazione e se non c’è stato
alcun risparmio nella chiusura della nostra ambasciata, l’attenzione di chi
cercava delle risposte non poteva non soffermarsi sugli immobili della sede
diplomatica di proprietà demaniale che sono tre, uno adibito a sede consolare,
l’altro a residenza dell’ambasciatore e infine un terreno edificabile destinato
presumibilmente alla costruzione della Casa d’Italia. Valore stimato
complessivo 15 milioni di euro.
Ecco allora che il disegno del risparmio appariva al
tempo più chiaro: non si trattava di un taglio delle spese, ma di un realizzo
di beni immobili che avrebbe dato una forte spinta al budget di risparmio che
si erano preposti il sottosegretario Mario Giro e la ministro ex-radicale Emma
Bonino. Una vendita impossibile perché a suo tempo circa 115 anni fa il
connazionale donatore, che conosceva evidentemente i suoi polli, saggiamente
sottopose la donazione a delle condizioni d’uso. Qualora questi immobili non
fossero stati più adibiti a sede diplomatica, la proprietà sarebbe ritornata
agli eredi del donatore. Una clausola che ha funzionato ed è per questo che
oggi gli immobili sono ancora di proprietà del demanio italiano.
Mario Giro a quanto pare se ne risentì e tanto per
dimostrare che degli immobili non gliene è mai importato nulla ha dichiarato
nell’ottobre del 2016 nell’incontro presso la Casa de Italia che si augurava una
sede più dignitosa per la nostra ambasciata. E da questa sua affermazione nasce
questo progetto di nuovi e più decorosi locali di cui si è fatto promotore il
dott. Andrea Canepari. Ma entriamo nel dettaglio di quanto accaduto negli
ultimi tre anni.
Con avvisi pubblici emessi il 21 e il 24 novembre
2014 l’incaricato d’affari Olindo D’Agostino ha reso nota la cessione a titolo
gratuito di alcuni beni e la vendita di altri beni mobili della cancelleria e
della Residenza dell’ambasciatore.
Si presume quindi che al primo gennaio 2015 i locali
fossero completamente vuoti. Una parte dei beni mobili è stata regalata e
l’altra è stata venduta. Era infatti in progetto la cessione anche degli
immobili. E l’allora sottosegretario agli esteri Mario Giro aveva avuto modo di
dichiarare che i beni immobili e mobili dell’ambasciata di Santo Domingo
sarebbero stati ceduti o affittati seguendo procedure pubbliche. Questo invece non
era possibile legalmente per le condizioni apposte dal donante alle quali
accennavo prima. La chiusura dell’ambasciata avrebbe potuto far sorgere
controversie legali tra gli eredi del donante da una parte e il governo italiano
dall’altro con il rischio di dover restituire a loro quegli immobili.
Comunque il Ministero ha istituito a Santo Domingo la
sezione distaccata dell’ambasciata di Panama diventata operativa dal 9 febbraio
2015 ed ha designato il consigliere di legazione Mauro Livio Spadavecchia come
funzionario diplomatico incaricato di dirigerla. Questi ha raggiunto la sede
poco dopo. I compiti che gli erano stati assegnati sempre con l’accordo e la
supervisione dell’ambasciatore a Panama riguardavano il mantenimento delle
relazioni politiche ed economiche con il governo dominicano.
Il dott. Mauro Livio Spadavecchia e il personale a
sua disposizione avrebbero trovato sistemazione all’interno della Delegazione
dell’Unione Europea. La cessione degli immobili dell’ambasciata era ormai
ritenuta cosa fatta.
Al riguardo sostiene il Di Gesù nel suo libro: “…sotto
l’aspetto del prestigio e della logica come fa uno stato a possedere ampi
locali per gli uffici e una bella residenza per il suo rappresentante ufficiale
e non occuparli, bensì venderli o affittarli e lasciare invece che il suo
rappresentante lavori in un ufficio dell’Unione Europea e abiti in qualche
dimora presa in affitto? “
La Commissione Europea in ultima analisi ha
rifiutato di autorizzare la sua Delegazione a Santo Domingo ad ospitare nei
propri locali l’ufficio del capo della sezione diplomatica italiana. E sostiene
ancora il Di Gesù: “Anche da ciò si desume la leggerezza e il pressapochismo
con cui è stata condotta l’intera operazione da parte del Ministero italiano
degli Affari Esteri.”
La sezione diplomatica italiana veniva quindi ospitata
in un immobile demaniale italiano ed era tenuta a esporre non la bandiera
italiana ma quella europea.
La sede di via Objío è rimasta in realtà abbandonata
per poco tempo perché dopo nemmeno due mesi dalla chiusura dell’ambasciata era
già di nuovo funzionante anche se in altra veste.
C’è stato anche tutto il tempo a partire dal decreto
di riapertura e fino al 26 giugno 2017, data del ripristino della piena operatività
dell’ambasciata, per eseguire eventuali ammodernamenti e riparazioni.
Se ciò non è stato fatto è semplicemente per la
totale mancanza di volontà di farlo in modo da venire incontro al “capriccio” a
cui ho prima accennato di Mario Giro.
L’ambasciatore Canepari ha snobbato anche la “lussuosa
residenza” che da sempre i suoi predecessori sono stati fieri di occupare.
Evidentemente i suoi gusti sono molto raffinati e
non intende rinunciare a niente.
Quando tra poco verranno destinati i fondi per le varie sedi diplomatiche per l’anno 2018 non ci sarà nemmeno da
sognarsi per la sede di Santo Domingo una situazione diversa da quella attuale
a livello di “risorse” volte al disbrigo dell’attività consolare. Queste semmai
copriranno le spese per la “funzionalità e il decoro” degli immobili della cancelleria
e della residenza dell’ambasciatore.
In proposito sostiene l’ex diplomatico Calogero Di
Gesù nel suo libro “Dietro le quinte della Farnesina”:
“È ovvio rioccupare in permanenza ufficialmente le
sedi della cancelleria e della Residenza che sono di proprietà dello Stato
italiano e ciò per vari motivi: per non rischiare di dover restituire i due
immobili agli eredi del donatore, perché per le stesse ragioni ora dette
potrebbe essere giuridicamente problematico venderli o affittarli, e infine
perché la loro manutenzione potrebbe essere più conveniente rispetto
all’affitto di due nuovi immobili adeguati a fungere da cancelleria e da
residenza…”