Ad Andrea Canepari piace usare delle metafore. Ha
infatti l'aria del maestrino. E poi siccome noi siamo un po’ duri di
comprendonio ci va anche bene che ci chiarisca le cose con delle figure
retoriche. Ad esempio sul perché l’ambasciata dopo sette mesi dalla sua
apertura ufficiale invece di migliorare l'erogazione dei servizi ha peggiorato,
risponde che in realtà chi apre un “ristorante” non può sperare di ricevere i clienti
il giorno dopo. Bisogna organizzarsi. Assumere cuochi, camerieri. Ci vuole del
tempo. E a qualcuno può anche venire in mente che forse ha anche ragione.
Invece su una cosa sbaglia Andrea Canepari, ed è in
particolare sulla data del progetto “ristorante”, ottobre 2016, decreto di
apertura dell'ambasciata, e sulla data di inizio lavori per approntare il “ristorante”
a ricevere il pubblico, 1 febbraio 2017.
Tutto procedeva a gonfie vele, il 26 giugno 2017 l'ambasciata
ha iniziato a ricevere il pubblico. Nei suoi incontri con gli italiani il capo
missione si dimostrava ottimista. Presto gli arretrati sarebbero stati smaltiti.
Invece con l'imminenza dell'arrivo del nuovo ambasciatore si è verificato un
blocco totale del percorso avviato positivamente. L’ambasciata si chiudeva a
riccio. Lasciava come unico canale di comunicazione con la comunità il servizio
Prenota.
Eravamo abituati a un rapporto diretto con
l'incaricato d'affari Mauro Livio Spadavecchia, che non ha mai sentito né il
bisogno né la necessità di nascondersi, di rifugiarsi tra le quattro mura
dell'ambasciata. Aveva avviato professionalmente un processo di ripristino dei
servizi consolari entro tempi tecnici brevi, e lo stava attuando con successo. Il
“ristorante” ai tempi dell'arrivo del nuovo ambasciatore sarebbe stato già funzionante,
se non fosse perché... Perché? La risposta è semplice.
Oggi Canepari sostiene che in due mesi non è riuscito
a rendere operativo il “ristorante” perché gli è mancato il tempo materiale.
Invece io direi che la responsabilità della mancata apertura di questo
"ristorante” è esclusivamente sua.
Non si parla più come prima di carenza di risorse.
Non sarebbe opportuno, perché chi va in giro con una valigetta piena di
progetti della Collaborazione Internazionale non può dire di non avere risorse.
Oggi si parla invece di ritrosia all’iscrizione all’AIRE. Un’assurdità, perché non
gli si chiede di tener conto di coloro che non sono iscritti. Basta e avanza
con quelli che ci sono per avere un personale in dotazione molto maggiore a
quello che abbiamo.
Tutte le ambasciate hanno un personale locale quanto
meno due volte superiore a quello di ruolo. La nostra non ne ha attualmente nessuno.
In modo confuso l’ambasciatore ha parlato di sette impiegati locali, procedure
concorsuali, un impiegato che sarà presto in forza, sempre con riferimento ai
locali. Ha sostenuto che si deve trattare di gente capace. E uno tenderebbe
anche a credergli. Ma, c’è sempre un ma, come si fa ad assumere un impiegato
valido che conosca perfettamente l’italiano e che se la cavi anche con lo
spagnolo con un contratto di solo sei mesi? Misteri della logica della Farnesina.
Stavamo percorrendo la strada giusta. L’arrivo dell’ambasciatore
ci ha bloccati. Altre sono le priorità. Nuova sede, nuova residenza progetti
della Collaborazione internazionale…
Attenzione però perché è vero che con quattro o sei
impiegati di ruolo e due diplomatici non riusciremo mai a smaltire gli
arretrati e a erogare i servizi, sulla carta però il costo del personale sarà elevatissimo,
molto superiore a quello che ci basterebbe per avere un’erogazione di servizi
normali. Non abbiamo personale, ma ne abbiamo troppo... il paradosso per colpa del quale non ci dovremo
attendere dei miglioramenti.