Tra gli eroi caduti nella guerra di aprile del 1965, una
guerra civile nella quale sono intervenuti 20.000 marines americani, ci fu
anche un italiano morto il 19 maggio del 1965 in un assalto temerario al
palazzo della Presidenza, il colonnello Illio Capocci, sommozzatore della
Seconda Guerra Mondiale che si distinse in diverse imprese belliche tra cui
anche l’affondamento di una flotta inglese nel porto di Gibilterra. Finita la
guerra si dedicò all’attività di istruttore militare. Arrivò nella Repubblica
Dominicana nel 1956 dopo essere stato diversi anni in Algeria. Venne ingaggiato
per la fondazione del corpo dei sommozzatori o uomini rana. Non fu l’unico
italiano che partecipò in questo progetto. Altri esperti militari furono:
Vittorio Tudesco, Benito Panebianco, Enzo Lobasto ed Elio Bolpi (nomi e cognomi
dal valore meramente orientativo). Questi italiani e altri esperti militari
stranieri riuscirono a formare un corpo di sommozzatori dominicano. Un’elite di
107 uomini che in grande maggioranza combattè durante la guerra di aprile a
favore dei ribelli costituzionalisti contro l’esercito americano e il grosso
dell’esercito dominicano, destando l’ammirazione dello stesso comandante
dell’esercito americano, Bruce Palmer, e di Fidel Castro. Il colonnello Capocci
si trovava nella Repubblica Dominicana da diversi anni. Prima di partire per l’assalto
che gli costò la vita nei giardini del palazzo della presidenza, dove fu falciato
da una raffica di mitra, si levò l’orologio e lo lasciò al suo comandante,
dicendogli che sarebbe ritornato solo vittorioso. Una raffica di mitra, un
cecchino… non si sa bene, come del resto non si sa nemmeno di dove fosse,
quanti anni avesse e come si chiamasse di preciso, Illio, Ilio, Elio… Capocci,
Cappocci, Cappozzi… Prima dell’assalto finale si riunì con gli altri istruttori
stranieri e parlò alcuni minuti, e fu l’unico fra tutti, in italiano con l’ambasciatore.
Al tempo si vede che era possibile telefonare in ambasciata! Successivamente
attaccò il telefono e si diresse ai presenti con queste parole: “L’uomo non sa
quando né dove nasce, ma può decidere quando e perché morire. Io rimango.” Il
giorno dopo il suo corpo che giaceva nel giardino del palazzo presidenziale
venne recuperato con il consenso degli americani da un gruppo di religiose. Ricevette
sepoltura nel cimitero di Ciudad Nueva dove si trova ancora la sua tomba,
lontano però dal posto riservato ai caduti della guerra di aprile. Uno
straniero in fondo è pur sempre uno straniero, anche quando è un eroe. Del
resto il suo nome si avvicina di più a un nome di fantasia che a un vero e
proprio nome. Chissà se un giorno sapremo come si chiamava veramente, dove e
quando era nato. Altrimenti tra lui e un milite ignoto non ci sarà mai quella
grande differenza. Una strada della città presto dovrebbe prendere il suo nome.
Forse con l’occasione faranno anche qualche altra ricerca.
Il suo orologio è stato consegnato a sua moglie Rita, non si
sa altro. Si dice che una giornalista dominicana dal cognome Capozzi fosse sua
figlia. Comunque Illio Capocci o come si chiamasse ci ha fatto onore e come
italiani dobbiamo sentirci fieri di lui. Sicuramente chi dubita del coraggio
degli italiani ha un altro motivo ancora per ricredersi.