Ramfis Domínguez Trujillo, il nipote di Leonidas
Trujillo il famoso dittatore dominicano che ha governato tirannicamente la
Repubblica Dominicana dal 1930 al 1961. Si presenta come candidato alle elezioni
presidenziali del 2020. Apparentemente gode dell’appoggio di buona parte dell’elettorato.
Su cosa si basa questo supporto e quali sono le sue reali possibilità come
outsider di imporsi sugli altri partiti politici?
Ramfis Domínguez è nato a Manhattan, New York, nel
1970. È vissuto sempre negli Stati Uniti. Non è un dominicano nativo. Ha un
ottimo carisma comunque. Buon oratore, conosce bene la storia e la geografia
della Rep. Dominicana. Promette ordine a tutti i livelli, eliminazione
definitiva della corruzione e della delinquenza.
Quali sono le sue possibilità di vittoria? Nessuna!
Ramfis Domínguez fonda le sue aspirazioni presidenziali soltanto sul 25% del patrimonio
genetico ereditato dal nonno dittatore.
Il governo di Leonidas Trujillo non si basava sulle
capacità sue personali o sulla sua intelligenza ma sul controllo dell’esercito
e delle forze di polizia e sull’appoggio incondizionato degli Stati Uniti che
chiudeva un occhio o tutti e due davanti alle peggiori atrocità. Con queste
premesse Trujillo è riuscito a imporre un sistema di governo spietato e
sanguinario che farebbe oggi impallidire addirittura lo stesso presidente della
Corea del nord.
Il 25% del patrimonio genetico di Trujillo di cui
dispone Ramfis è troppo poco anzi niente per consentire che il suo progetto di
governo possa realizzarsi. Serve tutto il resto: forze di polizia, esercito, uno
staff adeguato di amministratori e l’accettazione nel mondo occidentale di
tutte le violazioni possibili e immaginabili dei diritti umani. Improbabile
solo vedendo il tutto da quest’ottica.
Ma un outsider che possibilità ha nella Repubblica
Dominicana di diventare presidente? Esiste qui un margine per il populismo? Può
avere successo un voto di protesta?
Le elezioni in America Latina e nella Repubblica
Dominicana c’entrano solo marginalmente con le ideologie. La politica qui è
innanzitutto un grande business.
Quanti sono i posti di lavoro che verranno spazzati
via in caso di sconfitta del partito si governo? Oltre 700.000. E a questi
vanno aggiunte le relative famiglie. Altrettanti sono coloro che aspirano a uno
di questi posti. Anzi quando a maggio vince le elezioni il partito dell’opposizione,
i suoi membri incominciano già ad aggirarsi presso le amministrazioni pubbliche
per individuare un posto quanto più “adeguato” possibile e cosa si intenda per
tale lo lascio all’immaginazione del lettore.
Ci sono inoltre i beneficiari della “tarjeta
solidaridad” e cioè di coloro che ricevono sussidi da parte dello stato. Questi
ammontano a oltre 2.000.000. Si tratta di persone che usufruiscono di queste
forme di aiuto a prescindere dal partito politico di appartenenza. Tanti di
loro potrebbero anche temere di perdere tale vantaggio economico. A questi
vanno aggiunte le famiglie.
Ci sono poi coloro che vogliono la stabilità
economica, coloro che invece desiderano una svalutazione del peso perché vivono
delle rimesse che ricevono dall’estero.
Ci sono poi i seguaci di un candidato. Lo zoccolo
duro di fedelissimi che certi personaggi si portano dietro. In particolare
Leonel Fernández ma anche Hipólito Mejía.
Tenendo conto di tutto questo mi pare che non ci sia
spazio alle prossime elezioni per una vittoria di Ramfis Domínguez Trujillo o
di qualunque altro outsider.