L’Associazione di familiari detenuti e scomparsi
AFAMIDESA e l’Associazione a difesa dei diritti umani dei migranti DEDEDIN
hanno lanciato di recente un appello alle autorità dominicane, addirittura allo
stesso presidente della Repubblica, per segnalare la scomparsa in Italia di due
sorelle di San Cristobal, Yulisa ed Evelin Aguasviva, recluse in un carcere ignoto
e in stato di isolamento.
Queste informazioni erano state fornite alle associazioni
dal padre delle donne che ha anche precisato che le sue due figlie appartenevano
alla chiesa evangelica e che si erano sempre dedicate a predicare il Vangelo.
I familiari sapevano invece dove e perché le donne
erano recluse. Dei parenti provenienti dalla Francia le avevano visitate in
carcere.
Con questa denuncia si è voluto promuovere una
campagna mediatica a favore delle donne che avrebbero assunto così il ruolo di
vittime di una delle tante cause di affidamento di minore di coppie di diverse
nazionalità.
C’è voluto un po’ di tempo per venire a capo della
vicenda. Nei gruppi di Facebook di dominicani residenti in Italia qualcuno
parlava di aggressione a carabinieri in una caserma. Qualcosa si sapeva già.
Attraverso una ricerca meticolosa sugli account di Facebook delle sorelle
Aguasviva e conoscendo il nome dell’italiano coinvolto, Mimmo Di Noia, sono
riuscito a risalire al padre di Mimmo, Salvatore, che nel suo account di
Facebook pubblico consente di accedere alle sue pubblicazioni. È stato
possibile così ricavare diverse informazioni sul rapporto tra le donne e il
figlio Mimmo.
Sono riuscito inoltre a contattare personalmente Salvatore
e sono venuto a conoscenza che le donne erano recluse nel carcere di Potenza.
L’8.6.2018 sono state arrestate e rinchiuse nel carcere di Taranto, da
dove, presumibilmente per cattiva condotta, sono state spostate al carcere di
Potenza verso la fine di agosto.
L’8.6.2018 le due sorelle si sono presentate alla Caserma dei Carabinieri
di San Giorgio Jonico armate ognuna di un coltello e hanno ferito quattro
carabinieri e rotto un computer e un mobile.
Le giovani di San Cristobal sottoposte
a processo penale hanno optato per il rito abbreviato e sono state condannate a
due anni. Non avendo fissa dimora in Italia sono rimaste in carcere dove si
trovano tuttora.
Il nonno della bambina non le ha volute ospitare più nella sua
seconda casa occupata dal figlio, padre della bambina, ex marito di Yulisa e
attuale marito di Evelin.
Le Aguasviva, sostiene, hanno provocato danni alla casa e lo hanno minacciato
più volte. Inoltre avevano riempito la casa di altarini vudù, altro che
predicatrici del Vangelo…
Le autorità italiane stanno cercando di fare in modo che le
sorelle possano espiare la loro pena presso qualche associazione o casa di
accoglienza dove dovrebbero fare dei lavori sociali. Si spera che ciò sia
possibile.
Ci si chiede che tipo di persone sono le sorelle Aguasviva. Come mai si
sono rese protagoniste di un’aggressione a mano armata a una caserma dei
carabinieri?
Innanzitutto bisogna precisare che nella Repubblica Dominicana a nessuno
verrebbe in mente di compiere un gesto del genere. E nemmeno il fatto della
bambina contesa le giustifica perché questa si trovava e si trova in ottime
mani e non esistevano motivi di urgenza per strapparla ai nonni.
Alla base del gesto c’è quindi violenza pura e squilibrio mentale. Sono
donne con problemi. Per una conferma di questo ci vuole poco, basta recarsi ad
Hatillo, magari soltanto al “destacamento” o commissariato di polizia locale prima
e se si vuole, successivamente, intervistare qualche persona del posto.
Le sorelle Aguasviva sono conosciute. Il ricorso alle armi bianche non è
una novità. Evelin è stata già denunciata per tentato omicidio.
Mimmo Di Noia è rimasto quanto più possibile accanto alla sua bambina in
provincia di San Cristobal per fare in modo che non le mancasse l’essenziale.
Ha anche comprato un terreno dove Yulisa ed Evelin hanno costruito la loro
casetta rustica, ma non viveva insieme a loro. Non glielo consentivano.
È stato costretto a divorziare da Yulisa per sposare Evelin. Lo ha preteso
Yulisa la madre di Miriam. L’alternativa era non vedere mai più la bambina.
Una storia di minacce e di violenze a non finire, dove la vittima è un
italiano.
Mimmo e Yulisa si sono conosciuti per internet e
dopo un anno di chat Mimmo si è recato a Santo Domingo per sposarla e sono
convolati a nozze il 23.08.2012. La
coppia è arrivata in Italia verso la fine di settembre dello stesso anno.
Yulisa il 13 dicembre 2013 ha partorito una bambina, Miriam.
Yulisa ci è rimasta però ancora poco in Italia, dopo
cinque mesi, il 28.05.2014 ha fatto ritorno insieme alla figlia a Santo Domingo
e dopo tre anni e sette mesi ambiva di nuovo di ritrasferirsi in Italia insieme
alla sorella. I soliti tentennamenti di chi non è mai contento.
Mimmo non è un vecchio, ha 41 anni, e non è un ruffiano. Ha fatto l’impossibile
per accontentare Yulisa. L’ha mantenuta per diversi anni. Ha consentito inoltre
alle sorelle di fare un viaggio in Italia dove entrambe hanno trovato un
alloggio decente presso una casa del padre di Mimmo.
La situazione quindi è completamente diversa da come prospettata dalle
associazioni che hanno lanciato l’allarme. Qui non c’è spazio per il
vittimismo.
Le donne si meritano la condanna che è stata loro inflitta. Difficilmente
troveranno chi le accolga al di fuori del carcere vista la loro natura
violenta.
Si spera che nel corso del periodo di carcerazione abbiano modo di
ravvedersi.