Cerca nel blog

venerdì 22 settembre 2017

Maria è andata. Siamo in attesa che vada via anche la "coda". Possiamo ritenerci fortunati, una cosa è la coda, un'altra la testa…





Chi non si è mai incontrato faccia a faccia con un uragano, intendo con la sua massima potenza ovvero con il suo occhio, non può immaginare nemmeno vagamente di cosa si tratti.
Ho sperimentato il ciclone George nel 1998 un giorno come oggi, il 22 settembre. Il bilancio del suo passaggio: 223 morti solo nella Repubblica Dominicana e c'è chi sostiene che siano stati addirittura molti di più.
Posso dire a titolo di esempio che nel lungomare dell'Avenida España nei pressi del mio domicilio il 90 percento delle palme era stato divelto. Praticamente non c'era una palma in piedi e sulle strade si erano accumulati ingombri di ogni tipo che impedivano la circolazione dei veicoli, le case con tetti in lamiera erano state tutte scoperchiate e le lastre di zinco svolazzavano come foglie nella furia del vento e si abbattevano su case e muri che venivano spesso demoliti dall'impatto delle improvvisate "munizioni" con cui erano bombardati: alberi, lastre di zinco e quant'altro.
Non era possibile spostarsi all'aria aperta perché la forza del vento non consentiva di fare nemmeno un passo avanti. Semmai qualcuno si fosse avventurato poi sarebbe andato incontro a morte sicura per gli oggetti che lo avrebbero colpito.
Una volta che l'occhio si allontana, chi si azzarda ad uscire rischia comunque. La momentanea calma dura poco, al seguito degli uragani c'è un esercito di tormente subalterne, di accoliti perversi, piogge torrenziali e raffiche improvvise di vento che si occupano della rifinitura del lavoro di devastazione già iniziato. Appunto la coda… che può rimanere sul posto anche per giorni. Come conseguenza si verificano straripamenti di fiumi, crolli di ponti, smottamenti e quindi case allagate o sotterrate.
Ma c'è gente che continua a stabilirsi sulla riva del mare o dei fiumi. Un esempio che può valere per tutti sono le case costruite sulla spiaggia di Nagua. Eppure se c'è un posto dove assolutamente non si dovrebbe costruire una casa è proprio lì. Una zona famosa per uno tsunami che ha provocato migliaia di morti, dove il mare spesso e volentieri si fa una capatina in città con le sue acque alte. E alla minima burrasca i proprietari di queste case sono sempre sulla prima pagina dei giornali come danneggiati. L'indomani ci ritornano però per non perdersi quel ruolo di eterni danneggiati che si tramandano da padri in figli. Lo stesso capita a chi abita sulle rive dei fiumi. Il governo ha provato a donare delle case perché abbandonassero quei pericolosi insediamenti. Lo fanno sì, dopo un po' vendono tutto per qualche soldo e ritornano nelle catapecchie dove abitavano prima.
Si sapeva già quali sarebbero stati i maggiori danni di Maria anche se non avesse toccato terra, come infatti è accaduto: le piogge, gli smottamenti, gli straripamenti dei fiumi e il crollo dei ponti. Il suolo saturo da piogge non solo recenti non avrebbe potuto assorbire più nemmeno una goccia d'acqua.
Non serve un ciclone forza tre per mettere in ginocchio la RD e far spostare migliaia di sfollati. Bastano un paio di tormente. È già accaduto.
Purtroppo il dominicano non è stato ancora sufficientemente colpito dagli uragani, ciò che invece è già successo abbondantemente a cubani e portoricani, da capire come deve comportarsi per affrontarli con il minor numero di vittime possibili.
Peccato perché da quel che si può arguire, le cose stanno cambiando e gli uragani saranno nel prossimo futuro sicuramente più frequenti e più potenti.