Chi non si è mai incontrato faccia a faccia con un
uragano, intendo con la sua massima potenza ovvero con il suo occhio, non può
immaginare nemmeno vagamente di cosa si tratti.
Ho sperimentato il ciclone George nel 1998 un giorno
come oggi, il 22 settembre. Il bilancio del suo passaggio: 223 morti solo nella
Repubblica Dominicana e c'è chi sostiene che siano stati addirittura molti di
più.
Posso dire a titolo di esempio che nel lungomare
dell'Avenida España nei pressi del mio domicilio il 90 percento delle palme era
stato divelto. Praticamente non c'era una palma in piedi e sulle strade si
erano accumulati ingombri di ogni tipo che impedivano la circolazione dei
veicoli, le case con tetti in lamiera erano state tutte scoperchiate e le
lastre di zinco svolazzavano come foglie nella furia del vento e si abbattevano
su case e muri che venivano spesso demoliti dall'impatto delle improvvisate
"munizioni" con cui erano bombardati: alberi, lastre di zinco e
quant'altro.
Non era possibile spostarsi all'aria aperta perché
la forza del vento non consentiva di fare nemmeno un passo avanti. Semmai qualcuno
si fosse avventurato poi sarebbe andato incontro a morte sicura per gli oggetti
che lo avrebbero colpito.
Una volta che l'occhio si allontana, chi si azzarda
ad uscire rischia comunque. La momentanea calma dura poco, al seguito degli
uragani c'è un esercito di tormente subalterne, di accoliti perversi, piogge
torrenziali e raffiche improvvise di vento che si occupano della rifinitura del
lavoro di devastazione già iniziato. Appunto la coda… che può rimanere
sul posto anche per giorni. Come conseguenza si verificano straripamenti di
fiumi, crolli di ponti, smottamenti e quindi case allagate o sotterrate.
Ma c'è gente che continua a stabilirsi sulla riva
del mare o dei fiumi. Un esempio che può valere per tutti sono le case
costruite sulla spiaggia di Nagua. Eppure se c'è un posto dove assolutamente
non si dovrebbe costruire una casa è proprio lì. Una zona famosa per uno
tsunami che ha provocato migliaia di morti, dove il mare spesso e volentieri si
fa una capatina in città con le sue acque alte. E alla minima burrasca i
proprietari di queste case sono sempre sulla prima pagina dei giornali come
danneggiati. L'indomani ci ritornano però per non perdersi quel ruolo di eterni
danneggiati che si tramandano da padri in figli. Lo stesso capita a chi abita
sulle rive dei fiumi. Il governo ha provato a donare delle case perché
abbandonassero quei pericolosi insediamenti. Lo fanno sì, dopo un po' vendono tutto
per qualche soldo e ritornano nelle catapecchie dove abitavano prima.
Si sapeva già quali sarebbero stati i maggiori danni
di Maria anche se non avesse toccato terra, come infatti è accaduto: le piogge,
gli smottamenti, gli straripamenti dei fiumi e il crollo dei ponti. Il suolo
saturo da piogge non solo recenti non avrebbe potuto assorbire più nemmeno una
goccia d'acqua.
Non serve un ciclone forza tre per mettere in
ginocchio la RD e far spostare migliaia di sfollati. Bastano un paio di
tormente. È già accaduto.
Purtroppo il dominicano non è stato ancora
sufficientemente colpito dagli uragani, ciò che invece è già successo abbondantemente
a cubani e portoricani, da capire come deve comportarsi per affrontarli con il
minor numero di vittime possibili.
Peccato perché da quel che si può arguire, le cose stanno
cambiando e gli uragani saranno nel prossimo futuro sicuramente più frequenti e
più potenti.