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domenica 25 marzo 2018

Respingimenti agli aeroporti: ecco la prima testimonianza diretta



Quando si dibatteva sui respingimenti nei giorni scorsi, ci sono state delle rimostranze da parte di più di qualche lettore. Il tema però non può essere ignorato. Questi provvedimenti si stanno verificando sempre più spesso.
C’è un comunicato diramato dalla stessa ambasciata francese, c’è un articolo scritto in francese e pubblicato su un giornale online di Las Terrenas da me riepilogato e tradotto e successivamente preso pari pari da un consolato dominicano del Canada.
Dal primo gennaio del 2018 la musica è cambiata, si sostiene: ora sì che la legge 285 04 in vigore da 14 anni verrà finalmente applicata alla lettera con deportazioni in massa e respingimenti senza eccezione di chi nel soggiorno precedente ha superato i 30 giorni previsti dalla carta turistica. La legge ne prevede 60 e la carta turistica ne prevede 30 e allora? La legge dice da una parte una cosa e dall’altra un'altra e si applica anche in modo diverso o non si applica affatto.
Ma se non si applica correttamente cosa si fa? Ti rivolgi al funzionario che ti rimanda indietro o che ti reclude nel “Vacacional di Haina” in attesa di deportazione e gli dici che sta sbagliando? Magari gli fai leggere anche l’articolo della legge?
Sicuramente il funzionario fa quello che gli pare. Se sbaglia si può sempre fare ricorso e impugnare il provvedimento. A chi? E come?
Diciamo che per le questioni di carattere amministrativo, quando la persona che subisce un torto è uno straniero, che tra l’altro viene deportato o rinviato al suo paese di provenienza, le possibilità di impugnare il provvedimento che lo riguarda sono pochissime, tenendo anche conto dei costi e non solo della difficoltà logistica.
Il caso concreto
Mentre dibattevamo sul tema dei respingimenti all’aeroporto, nei giorni scorsi è intervenuto il Cav. Paolo Dussich, presidente del Comites, annunciando ai lettori che in quei momenti era in corso un caso di rimpatrio ormai rinviato al giorno successivo e il cui esito era ancora incerto.
Evidentemente il presidente del Comites era stato informato della vicenda e con ogni probabilità, l’Ambasciata italiana è intervenuta.
Precisiamo subito che i motivi della non ammissione del connazionale non sono stati mai rivelati. Gli è stato riferito soltanto che aveva delle pendenze con la giustizia e gli sono state chieste delle delucidazioni in merito.
Secondo i funzionari, quindi, esistevano dei problemi di giustizia non meglio specificati. La comunicazione che interessava Stefano Zambon a quanto pare era molto succinta. Ma il connazionale non era al corrente di niente.
È rimasto comunque tutta la notte senza cibo e senza acqua in attesa del giorno successivo quando sarebbe stato imbarcato nel volo di ritorno.
Il mattino dopo è cambiato il personale ed ecco quanto riferisce al riguardo il connazionale friulano: “La nuova signora in divisa gestisce con piglio severo tutti i casi. Sono molti i venezuelani che non passano e che vengono rimpatriati. Mi rivolgo alla nuova reggente più volte. Alla fine dopo aver spiegato le mie ragioni e fatto riferimento alla legge, la reggente con fermezza mi ha detto che rientra nella loro discrezionalità fare quello che credono.” La funzionaria comunque a seguito di questo colloquio, ha ricontrollato il passaporto e si è accorta che c’era uno scambio di persona. Ha trasferito quindi il tutto al comandante che al momento non era presente.
Dopo diverse ore verso le 16:00 il connazionale è stato rilasciato e invitato a recarsi in un determinato ufficio in città per evitare in futuro di incorrere nello stesso problema. Passaporto biometrico, impronte digitali ecc. A cosa servono?
Bisogna precisare comunque che Stefano Zambon non è uno qualunque. Dalla sua storia apprendiamo tante cose viste dall’interno dell’aeroporto. Una testimonianza diretta di come si effettuano i controlli e cioè in modo abbastanza approssimativo e arrogante.
Del resto se Stefano Zambon non è partito subito per l’Italia, è solo perché non è stato possibile imbarcarlo su un volo di Iberia. Si doveva per forza attendere fino al giorno successivo.
E se fosse stato rispedito in Italia, cosa sarebbe successo? Niente! Assolutamente niente!

Stefano Zambon è il presidente di una ONLUS che ha in atto un progetto solidale a Las Galeras di Samaná. Questa Onlus si chiama “Hermanos” e la sua sede è a Maniago in provincia di Pordenone. Opera in diversi paesi e attualmente nella Repubblica Dominicana l’associazione è impegnata in un progetto di aiuto ai bambini e agli adolescenti nella zona dell’America insulare caraibica, in particolare nella Repubblica Dominicana.
Che questa sua attività abbia influito in qualche modo in questo caso di respingimento quasi riuscito?
Basta poco per rendere qualcuno “persona non grata” in un determinato paese. E che si facciano opere di bene conta fino a un certo punto.
In fondo nella Repubblica Dominicana esistono delle tematiche spinose che vengono monitorate con attenzione da parte delle autorità e dei servizi di sicurezza.
Una di queste ad esempio è l’impossibilità di acquisire la cittadinanza da parte degli haitiani i cui genitori non sono legalmente residenti.
Recentemente si è pronunciata al riguardo la nuova ambasciatrice statunitense designata ma non ancora in carica. E si è sollevato un vero e proprio polverone con più interventi anche decisi da parte dello stesso ministro degli affari esteri Miguel Vargas.
Una vicenda quindi a lieto fine quella del maniaghese Stefano Zambon che ci insegna qualcosa di nuovo e che ci fa un po’ pensare…