Quando si dibatteva sui respingimenti nei giorni
scorsi, ci sono state delle rimostranze da parte di più di qualche lettore. Il
tema però non può essere ignorato. Questi provvedimenti si stanno verificando
sempre più spesso.
C’è un comunicato diramato dalla stessa ambasciata
francese, c’è un articolo scritto in francese e pubblicato su un giornale online
di Las Terrenas da me riepilogato e tradotto e successivamente preso pari pari
da un consolato dominicano del Canada.
Dal primo gennaio del 2018 la musica è cambiata, si
sostiene: ora sì che la legge 285 04 in vigore da 14 anni verrà finalmente
applicata alla lettera con deportazioni in massa e respingimenti senza
eccezione di chi nel soggiorno precedente ha superato i 30 giorni previsti
dalla carta turistica. La legge ne prevede 60 e la carta turistica ne prevede
30 e allora? La legge dice da una parte una cosa e dall’altra un'altra e si
applica anche in modo diverso o non si applica affatto.
Ma se non si applica correttamente cosa si fa? Ti
rivolgi al funzionario che ti rimanda indietro o che ti reclude nel “Vacacional
di Haina” in attesa di deportazione e gli dici che sta sbagliando? Magari gli
fai leggere anche l’articolo della legge?
Sicuramente il funzionario fa quello che gli pare. Se
sbaglia si può sempre fare ricorso e impugnare il provvedimento. A chi? E come?
Diciamo che per le questioni di carattere amministrativo,
quando la persona che subisce un torto è uno straniero, che tra l’altro viene
deportato o rinviato al suo paese di provenienza, le possibilità di impugnare
il provvedimento che lo riguarda sono pochissime, tenendo anche conto dei costi
e non solo della difficoltà logistica.
Il
caso concreto
Mentre dibattevamo sul tema dei respingimenti all’aeroporto,
nei giorni scorsi è intervenuto il Cav. Paolo Dussich, presidente del Comites, annunciando
ai lettori che in quei momenti era in corso un caso di rimpatrio ormai rinviato
al giorno successivo e il cui esito era ancora incerto.
Evidentemente il presidente del Comites era stato
informato della vicenda e con ogni probabilità, l’Ambasciata italiana è
intervenuta.
Precisiamo subito che i motivi della non ammissione
del connazionale non sono stati mai rivelati. Gli è stato riferito soltanto che
aveva delle pendenze con la giustizia e gli sono state chieste delle
delucidazioni in merito.
Secondo i funzionari, quindi, esistevano dei
problemi di giustizia non meglio specificati. La comunicazione che interessava
Stefano Zambon a quanto pare era molto succinta. Ma il connazionale non era al
corrente di niente.
È rimasto comunque tutta la notte senza cibo e senza
acqua in attesa del giorno successivo quando sarebbe stato imbarcato nel volo
di ritorno.
Il mattino dopo è cambiato il personale ed ecco quanto
riferisce al riguardo il connazionale friulano: “La nuova signora in divisa gestisce
con piglio severo tutti i casi. Sono molti i venezuelani che non passano e che vengono
rimpatriati. Mi rivolgo alla nuova reggente più volte. Alla fine dopo aver spiegato
le mie ragioni e fatto riferimento alla legge, la reggente con fermezza mi ha
detto che rientra nella loro discrezionalità fare quello che credono.” La
funzionaria comunque a seguito di questo colloquio, ha ricontrollato il
passaporto e si è accorta che c’era uno scambio di persona. Ha trasferito
quindi il tutto al comandante che al momento non era presente.
Dopo diverse ore verso le 16:00 il connazionale è
stato rilasciato e invitato a recarsi in un determinato ufficio in città per
evitare in futuro di incorrere nello stesso problema. Passaporto biometrico,
impronte digitali ecc. A cosa servono?
Bisogna precisare comunque che Stefano Zambon non è
uno qualunque. Dalla sua storia apprendiamo tante cose viste dall’interno dell’aeroporto.
Una testimonianza diretta di come si effettuano i controlli e cioè in modo
abbastanza approssimativo e arrogante.
Del resto se Stefano Zambon non è partito subito per
l’Italia, è solo perché non è stato possibile imbarcarlo su un volo di Iberia. Si
doveva per forza attendere fino al giorno successivo.
E se fosse stato rispedito in Italia, cosa sarebbe
successo? Niente! Assolutamente niente!
Stefano Zambon è il presidente di una ONLUS che ha in
atto un progetto solidale a Las Galeras di Samaná. Questa Onlus si chiama “Hermanos”
e la sua sede è a Maniago in provincia di Pordenone. Opera in diversi paesi e
attualmente nella Repubblica Dominicana l’associazione è impegnata in un
progetto di aiuto ai bambini e agli adolescenti nella zona dell’America
insulare caraibica, in particolare nella Repubblica Dominicana.
Che questa sua attività abbia influito in qualche
modo in questo caso di respingimento quasi riuscito?
Basta poco per rendere qualcuno “persona non grata”
in un determinato paese. E che si facciano opere di bene conta fino a un certo
punto.
In fondo nella Repubblica Dominicana esistono delle tematiche
spinose che vengono monitorate con attenzione da parte delle autorità e dei
servizi di sicurezza.
Una di queste ad esempio è l’impossibilità di
acquisire la cittadinanza da parte degli haitiani i cui genitori non sono
legalmente residenti.
Recentemente si è pronunciata al riguardo la nuova
ambasciatrice statunitense designata ma non ancora in carica. E si è sollevato
un vero e proprio polverone con più interventi anche decisi da parte dello
stesso ministro degli affari esteri Miguel Vargas.
Una vicenda quindi a lieto fine quella del
maniaghese Stefano Zambon che ci insegna qualcosa di nuovo e che ci fa un po’
pensare…