Per lo stato
italiano, sono considerati tutti emigranti i circa 6 milioni di connazionali
residenti all’estero. Non è così e non ci vuole molto per dimostrarlo, ma non
lo si può nemmeno dire: qualcuno si potrebbe anche offendere.
Solo una piccola
percentuale della cifra anteriormente menzionata relativa agli italiani della
diaspora ha lasciato la penisola per recarsi a lavorare all’estero. Gli altri
sono discendenti anche da diverse generazione da “veri” emigranti e possiedono,
oltre a quella italiana, la cittadinanza del Paese dove sono nati.
Le nuove
disposizioni sancite il 30 dicembre scorso equivalgono a un fulmine a ciel
sereno soprattutto per i giovani che sono emigrati in altri Paesi dell’UE e in
Svizzera, che sono a un tiro di schioppo dall’Italia. E se le sanzioni per la
mancata iscrizione sono previste in misura annuale e per un massimo di cinque
anni tra i 200 e i 1000 euro all’anno sono da ritenere elevate per questa
povera gente, l’aspetto preoccupante è che l’accertamento dell’omissione
spetterà ai comuni di provenienza che incamereranno anche gli importi delle
sanzioni. E questo è un incentivo che garantisce il successo dei futuri
controllo. Alla “caccia” dei renitenti parteciperà anche l’Agenzia delle Entrate.
Dalla padella nella brace! Chi dimostra di essere residente in Italia pur
lavorando all’estero saltuariamente dovrà pagare le imposte sul reddito
percepito insieme alle relative esose sanzioni pecuniarie previste dalla legge.
Si può dire che i
“veri” emigranti italiani sono in trappola e quello che risulta più paradossale
è che la maggior parte di loro non ne sa niente, ma la legge non ammette
ignoranza…
Da una parte,
l’interesse del comune ad incamerare le sanzioni e dall’altra l’inefficienza
cronica delle sedi consolari nell’erogazione dei servizi anagrafici. Ultimo ma
non per importanza, la perdita del diritto all’Assistenza Sanitaria Italiana.
La legge no è
retroattiva, per cui si parte da zero il 1/1/2024.
Ecco il testo
dell’art. 11 della Legge 1128, 24 dicembre 1954, approvato lo scorso 30
dicembre 2023 (sostituito dall’art. 50, comma 6 della legge di bilancio 2024):
“Salvo che il
fatto costituisca reato, l’omissione della dichiarazione di trasferimento di
residenza […] all’estero entro il termine previsto dall’articolo 6, commi 1 e
4, della legge 27 ottobre 1988, n. 470 è soggetta alla sanzione amministrativa
pecuniaria da 200 euro a 1000 euro per ciascun anno in cui perdura l’omissione.
La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e
comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali
l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza, ad un decimo del
minimo di quella prevista se la dichiarazione è presentata con ritardo non
superiore a novanta giorni. […]. L’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni
sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui l’obbligo anagrafico non risulta adempiuto o la
dichiarazione risulta omessa. […] I proventi delle sanzioni di cui al presente
articolo sono acquisiti al bilancio del comune che ha irrogato la sanzione.“