Come disse il filosofo napoletano
Giambattista Vico la storia si ripete, esistono ciò che lui definiva i corsi e
ricorsi storici. Diciamo che la citazione del pensiero dell'illustre filosofo
potrebbe essere ritenuta fuori luogo relativamente a queste due vicende che a
distanza di 80 anni circa presentano delle analogie. Comunque la sostanza non
cambia granché: in entrambi i casi abbiamo come protagonisti due cittadini
italiani con delle patrimonialmente rilevanti attività nel territorio del paese
ospitante e in entrambi i casi, esiste una volontà prepotente, quindi avulsa
dal sistema delle garanzie giuridiche dovute a tutti i cittadini anche a quelli
stranieri regolarmente residenti.
La vicenda Barletta accadde quando Amedeo
Barletta era console onorario d'Italia. Il sopruso da lui subito, meglio
descritto di seguito, avviene in un'epoca in cui in Italia c'era un governo
forte disposto a difendere l'immagine dell'Italia. La vicenda Casciati si
verifica invece in un momento in cui gli interessi dell'Italia e degli italiani
non godevano di alcuna tutela per l'inesistenza di una rappresentanza
diplomatica sul posto.
Comunque ci si chiede, come faccia uno
stato che toglie lo status di residente e deporta uno straniero senza
concedergli il diritto di difendersi, a promuovere l'ingresso di capitali e di
investitori esteri nel suo territorio?
"Nel 1935 Trujillo si confronta
addirittura con Benito Mussolini, dopo l'arresto nell'isola del console
onorario italiano. La famiglia italiana Barletta, originaria della Calabria, emigrata
in America Latina fin dalla fine del XIX secolo, farà un'immensa fortuna e i
suoi discendenti si dissemineranno in tutti i Caraibi, diventando spesso plurimilionarii.
Nel 1920, Amedeo, uno dei figli del capostipite, arriva a Santo Domingo, dove
conosce un rapido e solido successo in una serie di attività commerciali,
soprattutto nel settore del tabacco. Qui però cominciano i problemi. Amedeo col
suo eccezionale spirito imprenditoriale rischia di infrangere il monopolio
commerciale del Presidente che comincia quindi ad agitarsi. Intanto gli affari
del nostro connazionale si sviluppano ulteriormente, la sua posizione sociale
si rinforza e viene anche nominato da Roma console onorario di Italia nella
Repubblica Dominicana. Troppo successo agli occhi di Trujillo. Malgrado il suo
status, nel 1935 Barletta viene arrestato su ordine diretto del Presidente e
tutti i suoi beni vengono confiscati con la ridicola accusa di cospirazione ai
danni del capo dello Stato. Violenta e rapida arriva la protesta di Mussolini
per l'arresto del suo console, del quale chiede l'immediata liberazione e la
restituzione dei beni illegittimamente confiscati. Di fronte alle
tergiversazioni giuridico politiche del grande "Benefattore", Mussolini
adotta il pugno di ferro e minaccia l'invio di un incrociatore sulle coste dominicane
se non viene soddisfatto nelle sue richieste. Trujillo di fronte a tanta
determinazione è scosso. Chiede allora consiglio agli amici americani, i quali
gli fanno capire che Mussolini effettivamente non bleffa, e certamente è deciso
a difendere il prestigio dell'Italia e del fascismo. Il dittatore allora cede.
Barletta viene liberato con tante scuse e riceve un ragionevole indennizzo per
i danni subiti ammontante al tempo a US$200.000. Attualmente la famiglia
Barletta rientrata dopo la caduta del dittatore e proprietaria del gruppo Ambar
al quale appartiene anche la Santo Domingo Motors."