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sabato 27 maggio 2017

Le società off-shore, la Repubblica Dominicana e la Farnesina. Terzo mondo?




La Repubblica Dominicana, un Paese del terzo mondo? La risposta immediata sarebbe affermativa. Ripensandoci ci si rende conto che non è una domanda alla quale si può rispondere con un Sì o con un NO. Dipende da tante cose, per certi aspetti forse è terzomondista e per certi altri sicuramente non lo è.
Ad esempio quando mi tocca rinnovare la patente di guida, mi sorprende sempre la celerità dell’esame. In dieci minuti ti intervistano, ti ritirano il documento scaduto, ti fanno l’esame della vista e della capacità uditiva, ti prendono le impronte digitali, ti scattano la foto e ti consegnano il documento nuovo di zecca, semplicemente cambiando poltrona in uno stesso sportello con più impiegati. Il tutto in un locale moderno, con personale gentile, simpatico e disponibile e con un’attesa in fila di pochi minuti che si trascorre seduti su comode poltrone.
Invece il rinnovo della residenza permanente presenta un aspetto terzomondista e uno all’avanguardia. Mi spiego: se la residenza è permanente per quale ragione va rinnovata ogni quattro anni con il pagamento di una tassa pari a circa 250 euro? Questo è l’aspetto poco convincente che ricorda un legame ad antiche e complesse burocrazie tramandate dalle amministrazioni spagnole. Il processo invece di rinnovo lo si fa interamente online. Quando i documenti necessari sono pronti, questi devono essere scannerizzati e caricati nella pagina ad hoc del rinnovo, dopodiché si riceve il nulla osta alla presentazione negli uffici di “Migración”.
Un altro aspetto dove si è assolutamente all’avanguardia nella Repubblica Dominicana è nei rapporti interbancari internazionali, soprattutto con le società off-shore, cioè quelle che hanno sede nei paradisi fiscali. Di questo si parla sempre sui giornali e si è anche consapevoli che tali società comportino una grande perdita di prodotto interno lordo perché consentono agli esportatori e agli importatori di abbassare i volumi delle vendite o di elevarli rispettivamente attraverso la loro intermediazione. Una situazione questa più terzomondista che da paese industrializzato come del resto lo sono anche i limiti dell’uso di contanti che sono talmente elevati, nonostante le ultime restrizioni, che non si può non ritenere questo Paese un paradiso dei contanti e del lavaggio di denaro. Questi sono aspetti che aprono una porta grandissima alla corruzione politica e alla proliferazione di attività delittive, in particolare il narcotraffico, l’usura ecc.
Recentemente è salita alla ribalta delle cronache dei giornali un’intervista dell’ex ministro dei trasporti dominicano Diandino Peña che candidamente in tale occasione ha ammesso di possedere una rete di 29 società delle quali 15 con sede in paradisi fiscali. Queste società off-shore di cassetto sono tutt’altro che inattive. Una di loro ha finanziato la costruzione di uno dei più grandi grattacieli della capitale dominicana, il Diandy XX, adibito a hotel con oltre 1000 camere. L’importo una quisquilia: 82 milioni di dollari!
Se questa permissività nei confronti di operazioni che favoriscono la corruzione politica in generale, l’evasione fiscale e l’attività delittiva fanno scendere la Repubblica Dominicana di qualche gradino verso il terzomondismo, la reazione della gente è sicuramente all’avanguardia. Davanti alle dichiarazioni dell’ex ministro ci sono state forti reazioni della stampa e dell’opinione pubblica: il ministro è stato destituito.
E fin qui mi sono soffermato sulla Repubblica Dominicana. Certo noi in Italia abbiamo delle leggi ben precise che vietano o penalizzano i rapporti di intermediazione, i pagamenti a e gli incassi da società off-shore. I limiti dei pagamenti in contanti sono addirittura assurdi per quanto sono bassi. E fin qui qualche punto a nostro favore.
Il problema è l’apatia dell’opinione pubblica che è sorprendente. Ad esempio, la nostra comunità ha subito un trattamento estremamente ingiusto da parte del ministero degli affari esteri. La nostra sede diplomatica è stata rimossa per motivi di risparmio, mentre questa si autofinanziava ed era funzionante in strutture di proprietà demaniale. Prima ancora, nel giugno del 2013, sono state sospese le erogazioni di visti da parte del nostro consolato perché sussisteva il sospetto che esistesse un traffico degli stessi. Questo traffico non è mai stato dimostrato. Eppure in una situazione di problemi economici e di necessità di risparmio del nostro Paese, i funzionari della Farnesina hanno rinunciato senza battere ciglio a qualcosa di più di un miliardo di euro di incassi a titolo di tariffe per i visti da giugno 2013 alla fine di dicembre del 2014.
Ma arriviamo al punto: l’esternalizzazione dei visti è stata affidata per tutto questo tempo a una società avente sede in un paradiso fiscale, una società off-shore della quale nulla si sa né sull’assetto societario né sui ricavi né tanto meno sui pagamenti. Esiste il lecito sospetto che i funzionari della Farnesina abbiano tratto vantaggio da questa esternalizzazione.
Invece, la reazione dei nostri connazionali a questa situazione scandalosa è stata così abulica e indifferente che da questo punto di vista sì che possiamo ritenerci terzomondisti!