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lunedì 12 giugno 2017

Gli italiani all'estero coprono in parte le spese delle sedi diplomatiche e queste promuovono l'espansione delle imprese all'estero



Lo scomparso dittatore libico Muammar Gheddafi soleva dire che gli imprenditori sono dei moderni guerrieri. Hanno i loro piccoli o grandi eserciti organizzati e attrezzati, le imprese, producono beni e servizi e poi si lanciano sui novelli campi di battaglia alla conquista di segmenti di mercato. Come in ogni guerra che si rispetti per poter inoltrarsi nei territori da conquistare servono degli avamposti e degli alleati. I primi sono le sedi diplomatiche e i secondi, gli italiani residenti all'estero.
Lo smantellamento della  rete diplomatica italiana non è dovuto a motivi di risparmio come ci vogliono dare a bere i burocrati della Farnesina. Tant'è vero che le sedi diplomatiche, essendo in realtà degli avamposti dello Stato italiano volti a favorire l'inserimento nei mercati esteri degli imprenditori italiani oppure l'eventuale mantenimento e ampliamento delle fette di mercato acquisite, non hanno come finalità principale l'espletamento delle pratiche anagrafiche che interessano i connazionali oriundi o emigrati. Anzi, queste pratiche nonché il rilascio dei visti di ingresso Schengen ai cittadini stranieri consentono attraverso il pagamento delle relative tariffe di coprire in parte e talvolta del tutto le spese in cui le sedi diplomatiche incorrono. Tanto meglio allora: queste vengono sostenute economicamente attraverso le tariffe dei servizi, che diventano così delle vere e proprie esportazioni. Queste sedi diplomatiche promuovono di fatto la produzione di reddito all'estero da parte delle nostre imprese, viene aumentata l'occupazione in patria e all'estero e nel contempo vengono forniti servizi consolari a milioni di italiani emigrati e oriundi che non gravitano a titolo di spesa sullo Stato Italiano perché nulla chiedono e nulla costano allo Stato italiano.
Questi italiani all'estero inoltre hanno la funzione di punti di riferimento nella generazione di affari. Spesso, vista la laboriosità che l'italiano si tramanda da padre in figlio, essi hanno raggiunto nei paesi dove sono emigrati delle posizioni di tutto riguardo. Per di più le famiglie di questi connazionali sono consumatrici del made in Italy nel settore alimentare, della moda, tecnologico e culturale.
Quando l'Italia ha approvato la modifica costituzionale che ha concesso agli italiani all'estero il diritto di voto, le idee dei legislatori erano molto chiare: venivano allargati i confini dell'Italia a tutto il mondo. Si creava un fermento a livello politico, un interessamento degli oriundi e degli emigrati di prima generazione alla politica italiana che andava al di là del possesso di un passaporto e di una cittadinanza.
Se è vero che gli imprenditori sono dei moderni guerrieri, che le loro imprese sono i loro eserciti, che le sedi diplomatiche sono degli avamposti per la conquista dei mercati esteri, se tutto questo è vero, è vero anche che l'Italia con la concessione del voto agli italiani residenti all'estero si è avviata verso la giusta strada per ridiventare un novello "impero".
L'Italia come potenza industriale aveva fatto un passo avanti che non è rimasto inosservato. Circa cinque milioni di italiani popolano la circoscrizione estero. Tante sedi diplomatiche sparse per il mondo il cui mantenimento economico è agevolato dal fatto che gran parte dei loro costi vengono coperti dalle tariffe consolari. Troppa grazia! Una volta che i neoliberali esecutori della strategia globalizzante di Wall Street sono arrivati al potere e mi riferisco a Mario Monti, all'interno della Farnesina sono stati piazzati dei soggetti che farebbero impallidire la banda Bassotti e che sono tuttora in carica. Il loro obiettivo era ed è smantellare la rete diplomatica italiana a livello mondiale, privatizzare i servizi consolari, scoraggiare il ricorso alla cittadinanza italiana da parte di chi ne ha diritto, rendere il rilascio dei passaporti da parte dei consolati un'impresa quasi impossibile, distruggere tutto quanto c'è di italiano a livello mondiale, riducendo il numero di cittadini, bloccando di fatto la diffusione della lingua e di altri aspetti culturali.
Vogliamo parlare di guerra? Aveva ragione Gheddafi. Purtroppo abbiamo trovato anche dei nemici potenti. E ora ci tocca reagire! Dobbiamo essere consapevoli che l'anno prossimo si andrà di nuovo al voto e si dovrà votare per degli "ambasciatori" di ritorno: chi si recherà a Roma a rappresentarci dovrà sapere lottare a tutto campo con la penna e con la parola, protestare, evidenziare costantemente la prepotenza e la mancanza di legalità dell'operato dei burocrati smantellatori.
La circoscrizione estera sta crescendo in consapevolezza, dappertutto anche nei posti più sperduti del Sudamerica si diffonde il fermento della partecipazione politica da parte di oriundi e di emigrati di prima generazione. Si coagulano minoranze italiane vere e proprie che prima non esistevano e che sono in grado di far valere i loro interessi anche nei confronti dei Paesi esteri nei quali vivono.
Deve essere smantellata non la rete diplomatica, ma la Farnesina che va rinnovata di sana pianta. Lo staff attualmente in essere non deve rimanere lì qualunque sia il risultato delle prossime elezioni. Perché il problema non sono i politici, il problema sono i burocrati. Quelli sono i nostri nemici giurati. Certo, niente di personale da parte loro, in fondo in guerra il soldato esegue ordini mica pensa!