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domenica 11 giugno 2017

Morte del giovane savonese Alessandro Grandis: le indagini sono arenate. La famiglia non ci sta. Sono stati ingaggiati due avvocati in italia e due nella Repubblica Dominicana.



Le indagini sul giovane farmacista Alessandro Grandis deceduto il 27 aprile scorso nel residenziale di lusso "La Joya" nella località "El Cocotal" di Bavaro si sono arenate. Suicidio, incidente, omicidio? Il tempo dirà, ovvero prima o poi tutto cadrà nel dimenticatoio e per qualcuno è meglio così. Chi glielo fa fare agli inquirenti di lavorare intorno a una vicenda complessa? Gli stipendi sono bassi e le noie tante... Questo sembra essere il pensiero dominante degli inquirenti e dei medici forensi.
La famiglia del giovane farmacista savonese non ci sta, vuole chiarezza. A tal fine ha rivolto un appello pubblicato in uno spazio a pagamento sul giornale Diario Libre e indirizzato alla nostra sede diplomatica, al procuratore generale e al capo della polizia nazionale.
Il problema è che non esiste di fatto la volontà da parte della Farnesina di andare fino in fondo nella difesa dell'incolumità dei cittadini italiani residenti all'estero, pretendendo indagini serie e professionali per accertare le vere cause dei decessi e per esigere la punizione dei colpevoli se l'ipotesi dell'omicidio fosse evidente. Un'accusa questa che si basa in primo luogo sulla certezza che le autorità dominicane, bollando di suicidio certi decessi senza procedere oltre nelle indagini stiano offendendo la nostra intelligenza, un legato che noi italiani riceviamo dalla nostra cultura plurimillenaria che, come diceva un connazionale recentemente e tragicamente scomparso, "ci accompagna dovunque noi andiamo come una valigia e si rispecchia spesso nelle cose che facciamo". Non siamo mai né troppo ignoranti né troppo imbecilli da berci tutto quello che ci vogliono propinare per vero.
La morte di Alessandro non poteva essere bollata come suicidio. Gli elementi che c'erano contro questa versione erano tantissimi e a fare gli accertamenti non c'era una squadretta di boy scouts, ma di poliziotti addestrati esperti o almeno così si suppone. Perché due sono le ipotesi: o non possono fare di meglio perché sono dei mentecatti ignoranti o non vogliono fare di meglio perché non hanno voglia di lavorare. In entrambi i casi i ringraziamenti profusi il 2 giugno dal Dott. Spadavecchia sono da ritenersi eccessivi e fuori luogo e li trascrivo testualmente di seguito, tradotti perché il discorso dell'incaricato d'affari è stato tenuto in spagnolo: "Voglio ringraziare le istituzioni dominicane per la disponibilità a trasmettere ogni tipo di informazione, anche sulle procedure, con trasparenza e condividendo tutto quanto accaduto con l'ambasciata e con le famiglie": Non c'è niente di cui essere grati ed è ora di farsi rispettare.
Ormai è un dato di fatto che l'omicidio come tipologia criminale viene inscenato sempre di più come suicidio. Si instaura così una sorta di complicità tra gli assassini e le autorità inquirenti compresi i medici forensi. La ricerca della verità non conviene a nessuna delle parti: i primi evitano di rispondere del loro reato e i secondi si risparmiano delle noie che ritengono magari non giustificate dai bassi stipendi percepiti.
Comunque la famiglia di Alessandro Grandis ha dichiarato guerra a tutta questa situazione paradossale: ha ingaggiato due avvocati in Italia e due nella Repubblica Dominicana, ha mandato una lettera aperta pubblicata sul giornale Diario Libre alla sede diplomatica, al procuratore generale e al direttore della polizia nazionale. È stata interessata del caso la Procura della Repubblica di Roma.
Questo è il modo giusto di procedere. Bisogna mettere in ridicolo chi offende l'intelligenza altrui. Le indagini in questo caso come in tanti altri sono state svolte in modo dilettantistico. Che non si trattasse di suicidio o di incidente lo si poteva capire subito. L'unica opzione che rimane, quella dell'omicidio, non ha dato luogo a indagini serie. Anzi la decisione di chiudere il caso come suicidio è stata motivata dalle dichiarazioni rilasciate dall'ospitante venticinquenne polacca che insieme al suo connazionale quarantenne sono le persone che sull'omicidio dovrebbero saperne di più o perché l'hanno commesso o perché sanno chi l'ha commesso.