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domenica 18 giugno 2017

Nuove forme di protesta degli italiani residenti all'estero contro lo smantellamento della rete diplomatica e la negazione dei servizi consolari.





I parolai della Farnesina non vengono più ascoltati. Ne hanno dette tante in questi anni che a trascriverle tutte, impaginandole ne verrebbe fuori un voluminoso assurdario. Un cumulo di menzogne sfacciate quelle che hanno raccontato in giro per il mondo. Facce di bronzo! Hanno smantellato una rete diplomatica che era già all'osso, che spendeva una frazione di quanto spende qualunque altra potenza industriale, ma con un numero di italiani residenti all'estero di 5 milioni. E hanno continuato a smantellare spudoratamente e a lasciare la gente senza documenti. Hanno iniziato a rilasciare i passaporti in tempi geologici e le richieste di cittadinanza sono diventate ormai dei miraggi irraggiungibili.
Siamo arrivati a un livello in cui il rapporto con la Farnesina può essere solo conflittivo. Non c'è più posto per i colloqui. Il primo sentore lo abbiamo avuto il 7 aprile. Si sono radunate delle folle di connazionali davanti alla maggior parte delle sedi consolari del continente americano. Anche da noi qui a Santo Domingo. E questa è stata una manifestazione di forza, la prima in assoluto, degli italiani all'estero: sono usciti dalle loro case, hanno cantato l'inno nazionale, hanno sentito i motivi della protesta. Siamo in presenza di un cambiamento epocale. Un evento con presenza fisica degli italiani è già rarissimo in Italia, figuriamoci all'estero! Una manifestazione reale di protesta innovativa che ha lasciato il segno nella storia dei rapporti tra la Farnesina e gli italiani residenti all'estero.
Comunque questo maggior dinamismo dell'italiano all'estero, questa sua trasformazione è da far risalire al diritto di voto che possono esercitare e che lo sta portando a una maturazione graduale, a una maggiore consapevolezza di essere italiano. Era la prima occasione in cui gli italiani abbandonavano le loro tastiere e uscivano per la strada. Non è facile rinunciare alla comodità delle quattro mura di casa propria.
Ma non è finita lì perché ora si è verificato di recente un attacco informatico all'ambasciata italiana di Brasilia. L'ambasciata il 7 giugno scorso è stata costretta a chiudere la pagina Facebook in quanto inondata da una coordinata serie di proteste durata diversi giorni.
Si dichiara da parte dell'ambasciata quanto segue: "Siamo coscienti dei tempi lunghi con cui alcuni servizi consolari, quali in particolare il riconoscimento della cittadinanza per ascendenza. Cuesto coinvolge solo in Brasile una comunità potenziale di più di 30 milioni di persone". Continua parlando dei problemi di scarsità di personale e dell'impegno profuso per poter fare quanto di meglio. La pagina Facebook chiusa è stata riaperta ieri.
Siamo in presenza anche qui di una nuova forma di lotta che viene denominata mailbombing (letteralmente bombardamento postale). È una forma di attacco informatico in cui grandi quantitativi di e-mail vengono inviati a un unico destinatario, provocandone l'intasamento della casella di posta ad esempio tramite appositi programmi spesso inviati da singole persone. Una novità come protesta. Le conseguenze possono essere l'impossibilità di usare la connessione Internet per altri scopi e il rallentamento o anche i crash dei server impegnati nella scansione. Un attacco che blocca l'operatività interna del computer al quale è destinato.
E ora si sta già pensando ad alzare il tiro. Il prossimo obiettivo si dice sarà la Farnesina!
Se il colloquio non produce alcun risultato perché la controparte sa solo mentire e fare false promesse, la protesta diventa inevitabile. Una protesta non violenta, ma sicuramente fastidiosa.