La vita frenetica, la molteplicità dei lavori o la loro mancanza portano alla perdita di antiche tradizioni e al loro posto ne arrivano altre che le sostituiscono. Prima si faceva colazione con formaggio o uova accompagnati da tè, latte o caffè.
Al giorno d’oggi, le persone si muovono come se vivessero al limite, escono di casa per andare puntuali al lavoro, lasciando i figli a scuola.
La vendita di cibo da strada è normale in ogni angolo dei quartieri del Paese. Tuttavia, sono pochi i venditori che hanno ricevuto formazione sulla manipolazione degli alimenti.
Le attività informali di vendita di prodotti alimentari soddisfano una domanda che si è normalizzata nella vita quotidiana dei cittadini.
Ogni lunedì, dalle prime ore del mattino fino a mezzanotte passata, in qualunque zona potete trovare una baracca dove fermarvi e servirvi un piatto di spaghetti ben conditi (e ben scotti), con fritture e un paio di fette di salame. Questo piatto a volte può essere accompagnato da avocado.
Altri optano per pasti più pratici, ad esempio “empanada” ripiene di uova, formaggio e pollo, verdure e prosciutto abbinati al formaggio, o qualsiasi altro ingrediente richiesto dal cliente.
C’è chi preferisce un’alternativa “più leggera” e consuma frutta intinta nel miele. C’è chi mangia un hot dog, una “yaroa”, una “picalonga” o semplicemente un “chimichurri” nelle bancarelle della strada.
I commensali, attratti e annebbiati dalla fame e dalla sete, pensano solo a soddisfare i propri bisogni. Molti di questi alimenti, però, possono diventare un veleno silenzioso che racchiude nei loro gustosi ingredienti un nemico che poco a poco mina la salute del consumatore, portandolo in alcuni casi a correre il rischio di finire in ospedale o al cimitero a causa di alimenti elaborati male.
Di fatto, chiunque può avviare un’attività alimentare senza previa preparazione o autorizzazione.